16. Patto

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                          VICTORIA
Dopo qualche minuto, che a me sembra un'eternità, Dick si stacca dall'abbraccio e mi spinge delicatamente da sé, quel poco che basta per guardarmi in viso.
Mi posa una mano sulla guancia, come per tranquillizzarmi. I miei occhi ritornano ad incrociare i suoi.
«Tranquilla, sarà stata un'allucinazione» dice abbassando il tono della voce.
«Andiamo a fare colazione, che ne dici?» mi bacia la testa e finisce di prepararsi. Mi guardo e mi accorgo che sono ancora in asciugamano, così decido di andare in bagno per mettermi l'intimo che ho lasciato lì per essere pronta dopo la doccia.

Mi asciugo e inizio ad infilarmi le mutande, sempre con l'asciugamano addosso. Sento uno sguardo che mi brucia sulla sulla schiena, decido di girarmi verso la porta, che, per sbaglio, ho lasciato socchiusa, e vedo Dick che mi sta guardando con le labbra socchiuse. Mi rigiro e continuo a vestirmi. Mi metto il reggiseno e faccio cadere a terra l'asciugamano poi mi piego per prenderlo e per andarlo a stendere, ma sento una mano prendermi da dietro e mi ritrovo con le spalle al muro. Dick si sporge al mio orecchio, quasi come se non volesse farsi sentire nemmeno da sé stesso.
«Non mi provocare signorina, quante volte te lo devo dire?» si sta controllando, lo sento da come stringe i miei fianchi.
«Mi stavo solo vestendo, signorino. Se poi fai pensiero sconci non è sicuramente colpa mia, non credi Dick?» quanto mi piace prenderlo in giro.
«Davvero vuoi prendermi in giro... Proprio adesso?» si avvicina sempre di più a me ed io non riesco a trattenere un sorrisetto divertito.
Annuisco sicura di me.
«Bene, niente più coccole» mi sorride compiaciuto per poi staccarsi da me.

Lo guardo contrariata.
«Dai Dick, non puoi mettermi in punizione. Non sono una bambina!» protesto io seguendolo. Poi mi ricordo dell'asciugamano per terra in bagno, e decido di andarlo a raccogliere.
Mi piego, ma appena lo faccio, sento i miei glutei andarmi a fuoco dopo una manata su quest'ultimi.
«DICK!» esclamo rimettendomi dritta, e con la faccia a dir poco stupita dal gesto appena compiuto dal ragazzo di fronte a me.
«E dopo sarei io quella che provoca eh?» chiedo ironicamente, sapendo già la risposta del castano.
«Esatto» mi fa l'occhiolino.
«Però, al contrario tuo, io lo faccio ingenuamente» alzo un sopracciglio e incrocio le braccia al petto, guardandolo con sfida.
«Vabbene, allora facciamo un patto»
«Un...patto?»lo guardo confusa. Perché mai Dick dovrebbe fare un patto?
«Esatto, un patto. Visto che ci piace stuzzicarci, facciamo che chi vede prima alle tentazioni dell'altro, la persona che ha provocato meglio vince» spiega anche lui incrociando le braccia, e i miei occhi cadono sui suoi muscoli e sulle vene delle mani. Non posso perdere.
«Ci sto» rispondo, e lui fa comparire un sorriso compiaciuto sul suo volto.
«Moore, non ti vedo molto convinta... puoi ancora tiranti indietro sai?»
«Oh, mio caro Grayson, se stai cercando di dissuadermi dall'idea di dimostrarti che posso farti cedere in qualunque circostanza, ti stai sbagliando di grosso» ed eccoci di nuovo a stuzzicarci. Devo ammetterlo, mi piace questo patto.

«Oh, io non sto cercando di dissuaderti, ti sto dicendo che puoi ritirarti perché, ammettiamolo, non mi resisti» fa un passo verso di me, probabilmente con la speranza di farmi indietreggiare, ma non mi muovo di un millimetro.
«Grayson, tu non mi resisti. Guarda ti sei anche avvicinato di più a me ma la verità- faccio, questa volta, io un passo verso di lui- è che ti attraggo come una calamita» sussurro l'ultima frase davanti al suo viso. Siamo pericolosamente vicini, per essere precisi, un palmo di distanza mancherebbe per azzerare la distanza fra le nostre labbra, ma non cederò.

Faccio sfiorare le mie labbra con le sue, sento il suo respiro farsi affannoso, ma non glie la do vinta; mi scanso prima che lui possa annullare definitivamente quella distanza che ci separa. Gli passo di fianco, ma, prima di sorpassarlo definitivamente, decido di avvicinare le mie labbra al suo orecchio.
«Visto Dick? Non sai resistermi» gli sussurro, per poi uscire dalla stanza con il mio asciugamano tra le mani, così da poterlo stendere di fuori.
«Giorno, Vic» mi ferma una voce alle mie spalle. Mi giro verso la figura.
«Giorno Rachel, come va?» senza che me ne accorga, mi ritrovo tra le braccia della ragazza. Non ci penso due volte e le avvolgo la vita anche io.
«Questa domanda dovrei farla io a te» dice accarezzandomi la schiena, ed io, in quel gesto, sento tutto l'affetto che non ricevo da quando avevo undici anni. I miei occhi diventano lucidi.

«Ora sto bene, Rachel. Ora sto bene» è la verità. Ora, tra le braccia di questa ragazza, io mi sento...felice. Emozione che non provavo da quando ero piccola e andavo a fare le escursioni con i miei genitori per salvare dei poveri cerbiatti.
«Anche io Vic. Mi sei mancata amica mia» una lacrima mi riga il viso. Amica. Io ho un'amica. Anzi, più di una, e non sono solo amici, sono casa, sono famiglia.
«Abbraccio di gruppo» sentiamo prima questa affermazione, e poi due braccia che abbracciano sia me che Rachel.
«Gar!» lo richiama la ragazza ridendo, ed io e il ragazzo ci uniamo.
Sentiamo altre braccia.
«Che fate, c'è una riunione segreta?» chiede Rose con tono vagamente offeso, ma che fa intendere che è felice che sia tornata.
«No, solo un ritorno» risponde Gar, causando una risata di gruppo.
Sentiamo altre braccia avvolgersi, e io e Rachel ci stringiamo ancora di più.
«Che avete da ridere?»Chiede Jason.
«Già, fare ridere anche noi, no?» prende parola, questa volta, Donna, per poi scoppiare a ridere mentre vede come siamo ridotte io e Rachel, che stiamo ridendo sotto i baffi per la faccia di Jason che è avvolta dalle braccia potenti di Hank.

«Ragazzi, noi non respiriamo più. Anche io sono contenta di essere tornata viva a casa, ma non è che mi dovete uccidere voi» scherzo io, facendo ridere tutte le persone intorno a noi.
Solo che, qualcuno si unisce, facendo quasi cadere Rose su Rachel, che, di conseguenza sarebbe caduta su di me.
«Peccato, era il nostro piano. Eh vabbè ragazzi, sarà per la prossima volta» un'altra risata.
«Grayson, sei proprio stronzo, fattelo dire» rido ancora più forte.
«Ragazzi, io avrei fame» prende parola Gar, facendo finire il nostro abbraccio.
«Ma dai, non è possibile. Ma pensi sempre a mangiare?» lo rimprovera Down, dandogli un piccolo schiavetto sul braccio con fare scherzoso.

«Be' un patto è un patto...no?» mi dice Dick, e, prima di andare, mi preme l'indice destro della sua mano contro la punta del mio naso.
Questo ragazzo mi farà impazzire, penso tra me e me mentre raggiungo gli altri ragazzi in cucina per fare colazione.

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