6. Ethan

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La traduzione delle frasi la trovate a fine capitolo. (Come nell'altro.)
Buona lettura<3





Picchiettavo le dita sul volante della mia Aston Martin DB11, mentre nella mano sinistra reggevo la solita Pall Mall. Fissavo la fila infinita di macchine del traffico di Seattle mentre attendevo che l'auto davanti alla mia riprendesse a camminare.

Odiavo guidare in quelle occasioni, specialmente di mattina. Ero diretto alla mia seconda riunione di lavoro, che sarebbe dovuta durare meno della prima. Avevo iniziato da qualche mese a lavorare nella Banca di Searfist, guadagnandomi il posto di direttore finanziario grazie al mio lungo percorso di studi universitari.

Quella mattina, però, la mia mente era completamente altrove. Non potevo evitare di pensare alla risposta che mi avrebbe confessato, fra meno di cinque giorni, la bella islandese.

Da quando avevo visto quella frase tatuata sulla sua clavicola sinistra, non riuscivo più a togliermela dalla testa. Quei capelli morbidi e chiari avrei voluto averli nel pugno della mia mano destra, mentre la sua bocca gonfia e rosea ansimava solo per me. Mi sarebbe piaciuto fotterla a carponi, stringerle quei fianchi modellati perfettamente, premerle tutta la mia erezione all’interno della sua intimità e godere della sua sottomissione.

Tutto me stesso desiderava che quella ragazzina accettasse ogni quesito trascritto nel contratto perché era da un pó che le mie fantasie sessuali volevano essere soddisfatte, ma io me ne privavo sempre, un po' a causa del lavoro, un po' perché non trovavo mai la donna adatta per saziare ogni mia perversione. 

So che non ero un uomo facile da accontentare e so anche che ció che chiedevo a letto era troppo complicato e perverso da riuscire ad essere esaudito, ma nonostante tutto non mi dispiaceva divertirmi ad usare il corpo della ragazza, una volta diventata mia sottomessa.

“Che piacere rivederti, Moore” Una voce familiare femminile mi riscosse dai pensieri e mi accorsi che ero giunto a destinazione.

Scesi dalla macchina e mi assicurai di averla chiusa bene, poi guardai la donna dinanzi a me.

Lei era Diane, la mia segretaria.
Ci eravamo conosciuti all'incirca verso i quattordici anni; lei però, a quei tempi ne aveva tredici.

Avevamo avuto anche una piccola relazione.. Sapete, le solite storielle adolescenziali che iniziano bene e finiscono con uno dei due che soffre per l’altro, in questo caso, lei era rimasta male per me.

“Piacere mio rivederti, Evans.” Risposi deponendo le chiavi della mia auto nella tasca del pantalone nero elegante.

Mi piaceva vestirmi in modo pulito ed adeguato perché mi faceva sentire piú autoritario e dovevo farlo specialmente se mi trovavo sul posto di lavoro o in altre occasioni in cui bisognava presentarsi in maniera ingegnosa.

Anche Diane sembrava essere della mia stessa opinione perché quella mattina indossava un abito beige chameau molto raffinato, ai piedi calzava delle decollete alte bianche, in una mano reggeva una pochette del medesimo colore e nell'altra dei documenti.
Aveva i capelli raccolti in uno chignon basso morbido e una ciocca a boccolo le cadeva delicata sul viso.

Inutile negare l’evidente bellezza di Diane, aveva un viso molto delicato e la carnagione chiara, i suoi occhi erano colorati di un grigio perla, molto fine come i lineamenti delle sue guance.
Le labbra, invece, non erano molto gonfie ne tanto sottili ed erano dipinte da una tinta rosea.

“Pronto per la riunione?” La sentii avvicinarsi a me mentre io camminavo, con la mia solita indifferenza, verso l’edificio.
“Abbastanza.” Risposi solo e giunsi davanti all’ingresso della banca. Diane mi raggiunse subito dopo.

Pleasure and painWhere stories live. Discover now