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Non è che mi manchi

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Non è che mi manchi.
È solo che se tu non ci sei,
io ci sono un po' di meno.
-Albertosorge



🦂










Tre mesi. Il calendario segnava tre mesi che se n'era andato. Tre mesi in cui tutto era cambiato, nonostante fosse sempre lo stesso, ma non era più illuminato dalla luce di quegli occhi. Sospirai con la testa poggiata contro la distesa di carta. Ormai non mi veniva nemmeno più da piangere, nonostante facesse ancora male.
Avevo sentito dire che l'astinenza fosse un brutto periodo, me non immaginavo quanto.

I brividi mi ricoprono il corpo e il cuore mi si strinse come non mi era mai successo. -Vai avanti!- mi incoraggiai, -non essere debole, non esiste solo lui-. Avevo aperto la guerra e se a tutti mi mostravo forte e radiosa, io sapevo che stavo crollando piano piano, perché era una bugia. Per me esisteva solo Harry. Sarebbe esistito sempre e solo lui.

Respirai a fondo e mi avvicinai all'armadio per scegliere cosa indossare. Con cura spostai molte grucce e infine, tirai fuori una felpa azzurra, che non avevo mai visto. La stampa ritraeva gli Avengers e inevitabilmente sorrisi, Harry non l'aveva mai indossata prima, eppure eri lì, nel suo armadio.

Ormai avevo scoperto tutti i suoi vestiti, anche quelli che non gli avevo mai visto e quello mi faceva capire quanto il mio comportamento non fosse normale. Passavo intere serate fuori, tra party e festini di persone che nemmeno conoscevo, poi tornavo a casa e il mio primo pensiero era entrare in quella stanza.

Mi guardai intorno. Quella camera era una fitta al cuore e alla mente. Nonostante stessi attenta a non spostare nulla, potevo notare le tracce del mio passaggio e non quelle di Harry. Nel cercare di allontanare i miei pensieri, mi voltai e i miei occhi furono attratti dalla distesa argentea difronte a me. Nello specchio vidi il riflesso dell'oro brillante del ciondolo che avevo al collo e, mio malgrado, mi ricordai che era lì che me l'aveva regalato.

Cazzo.

Mi mordicchiai il labbro inferiore. Forse qualche lacrima da spendere ce l'avevo ancora. Cercai di asciugarla senza rovinare il make-up che avevo preso a fare tutte le mattina da quando ero continuamente seguita dai paparazzi, che volevano intervistarmi per qualche bravata che avevo fatto la sera prima. E in questi tre mesi ne avevo fatte davvero tante.

Indossai la felpa e il suo profumo tornò a tormentare la mia totale apatia, facendomi quasi male.

Tentai di sbloccarmi dalla situazione in cui mi trovavo ma finii di nuovo difronte allo specchio e mi fu inevitabilmente non constatare quanto il mio riflesso fosse strano. Nonostante avessi preso a curarmi molto di più, i miei occhi a mandorla sembravano senza vita, le labbra di solito molto voluminose, erano screziate da venature di sangue e la pelle aveva perso il suo colorito. Battei le palpebre tra loro un paio di volte, perché non riuscivo più a riconoscermi? Ero dimagrita, si, ma a che pro? Sembravo una morta! Perché non ero riuscita a vedermi prima? Ma gli altri se ne erano accorti? Sbuffai.

Farmakon (Φάρμακον)Where stories live. Discover now