20. L'ANELLO & IL DONO

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"Ho estirpato il cuore e non mi fa più male nulla. Tramutarsi in fantasma è una soluzione che vi raccomando freddamente."

- Nina Cassian

Leo's pov:

Mi sono sempre sentito diverso.

Rimanere nascosto per tutta la vita e accettare che sei nato e cresciuto in questo modo. Non capivo che il bello o il dolore era restare così come sono e che cambiare era totalmente inutile. Nessuno ce l'avrebbe mai fatta, nessuno avrebbe avuto la possibilità di cambiarmi.

Quando arrivai nel limbo delle cose sospette e nella tensione di andare oltre e continuare a ignorare, mi dissi di continuare a trovare quello che cercavo.

Ognuno desidera e cerca qualcosa; una via d'uscita, una speranza, una mano a cui aggrapparsi...

Conosco l'insoddisfazione e la delusione — quella che brucia come una lama rovente che affonda nella carne — Ho provato il timore delle gambe che tremano, delle ginocchia che cedono, del fiato sospeso, degli sguardi pieni di odio — che vagano nei tuoi pensieri e ti mangiano vivo — e i rumori forti e insopportabili che non riuscivo a smettere di ascoltare perché non ne avevo la possibilità.

Avevo solo un'alternativa per smettere di ascoltare, ma quella conseguenza sarebbe stato troppo doloroso e me ne sarei pentito amaramente di averlo fatto.

Camminavo nella neve scalzo, senza calzini o scarpe perché Jo non aveva la mia taglia. Ma a me non cambiava molto, non provavo freddo né fastidio.

Ascoltavo i rumori di quando i miei passi calpestavano la neve bianca e pulita. Guardavo il cielo oscuro che era coperto di chiazze più oscure che non potevano mai essere più oscure del mio cuore. Qualche fiocco di neve cadeva da quel buio vasto e andavano ad appoggiarsi nel mio volto per poi sciogliersi e diventare delle piccole goccioline d'acqua che scivolavano e cadevano lungo il mio torace.

La notte era scesa e il giorno si era nascosta tra quelle tenebre. La luna gibbosa crescente a brillare nel cielo accompagnato dalle piccole stelle e la sua oscurità a farmi invidiare.

Avrei voluto anche io una luce come quelle tante stelle a brillare nel mio cuore, ma alla fine non ero mai riuscito a trovarla. Considerando tutto, guardare la notte mi faceva comunque tranquillizzare.

Invece guardare il giorno e la sua luce del sole provavo quella sensazione maledetta — quella che ti afferra di colpo e ti stringe la gola fino a strapparti il respiro.

Quando pioveva e quella luce veniva ricoperta dalle nuvole malinconiche, ritornavo a respirare. Ogni volta che la pioggia cadeva dal cielo pensavo di averla chiamata io in qualche modo e che come avrebbe spento ogni fuoco acceso fuori, avrebbe spento anche me.

Uscii dal villaggio e mi avvicinai alla foresta. Nel bordo di quel l'ampiezza di alberi senza foglie che suscitavano la sensazione di un cimitero, trovai una roccia piatta e bassa.

La guardai riconoscendola e ci passai accanto per superarla. Camminai dritto, spostando lo sguardo in avanti e smettendo di osservare quella roccia solitaria. Gli alberi funebri mi circondavano e avevo la netta sensazione che loro avevano qualcosa da eccepire in merito alla mia presenza.

Dopo qualche metro di passeggiata mi fermai a osservare il suolo ricoperto di neve. «Maledizione».

Tolsi la mano dalla tasca dei jeans e massaggiai la nuca per l'antipatia che la neve bianca mi dava. Mi accovacciai togliendo anche l'altra mano dalla tasca e cominciai con molta cura e delicatezza a spostare la neve.

Appoggiai le ginocchia per essere più comodo e ogni tanto cambiai il posto per controllare nelle vicinanze.

Era passato un bel po' di tempo, ma io non me ne sarei mai andato senza. Era importante, aveva un significato per me.

Mentre cercavo maledissi quell'umano che mi catturò perché se non mi fossi trasformato non mi sarebbe mai caduto di dosso.

Spostai ancora della neve e un pezzo sottile di catena si fece vedere. Un sollievo di non averlo perso definitivamente e che finalmente l'avevo ritrovato, si era acceso in me. Presi con l'indice la catena e la sollevai, tirando fuori completamente da sotto la neve, l'anello argentato che fu appeso.

Afferrai l'anello, lasciando la catena di ferro pendolare e controllai l'anello attentamente — per essere sicuro che fosse mia.

All'interno dell'anello fu inciso una frase; Trova quello che cerchi.

Sbuffai per quella frase e rimisi seccato.

Misi la catena di ferro — che era lunga fino il mio torace — insieme all'anello, appeso attorno al mio collo nel suo posto in cui doveva stare e rimanere per sempre.

Mi allontanai, ma ritornare da quella ragazza dai capelli ramati mi avrebbe fatto diventare pazzo; quindi, decisi di rimanere seduto contro la roccia che stava nel bordo della foresta.

I miei jeans erano pesanti e bagnati fradici per essermi disperatamente andato a quattro zampe nella neve per cercare meglio la mia maledettissima collana.

Fissai ancora quel ciondolo e la sua frase all'interno, ruotandola lentamente con le dita.

Tanti ricordi tristi, ma anche felici, momenti divertenti o depressi, diverse emozioni provate e persone a cui tenevo o mi creavano fastidio, stavano vagando nei miei pensieri afflitti.

Quei capelli biondi e lunghi, la sua testardaggine e gentilezza con cui mi parlava, ma la paura di quando si arrabbiava e lui dai suoi modi di essere elegante e raffinato.

Loro due. Due persone che mi stavano insignificanti e che lo rimarranno per sempre.

Infilai lentamente l'anello tra le mie labbra per assaporare il suo sapore metallico e alzai lo sguardo nel cielo scuro.

«Un dono...» pensai ad alta voce togliendo un secondo l'anello tra i miei denti.

«Se avresti vissuto così» guardai ancora la frase incisa e pensai a una cosa che mi era stata detta tempo fa. Domandai una domanda che avrei voluto chiedere a lui. «Penseresti ancora che quello che ho, è un dono?»

Ero solo un misero marmocchio che stava ancora comprendendo la propria vita, l'esistenza e la scoperta di questi esseri umani, ma mi era stata tolta la possibilità di potermi divertire come un bambino normale.

Le altalene, gli scivoli o qualsiasi altra cosa. Altri bambini con cui giocare o fare le cose più imbarazzanti e stupide per riderci in futuro.

Vedevo bambini divertirsi, ma io non ero uno tra loro.

La prima cosa che provai quando conobbi il mondo era l'impotenza di chi annaspa per non annegare, di chi cerca una soluzione che sembra non esistere. Le sofferenze più letali e la paura di morire. Era un miracolo se ero sopravvissuto per così tante volte. Ho visto sangue gocciolare creando delle pozzanghere rosse e il fuoco che aveva circondato la mia vita.

«Trovare» alzai ancora una volta lo sguardo verso quel cielo deprimente, togliendo lo sguardo da quella frase incisa nel l'anello, perché la prima parola mi creava confusione e quasi avrei potuto riderci sopra.

«Esattamente» sospirai «Cosa sto cercando?»

Sapevo cosa cercavo, ma avevo dubbi. Molti dubbi che sembrava che la mia ricerca fosse stupida e imbarazzante.

Quello che sto cercando è qualcosa che avevo desiderato da tempo, ma che ho sempre trovato, ma perduto.

L'anello mi ha fatto strada, mi ha aiutato in molti momenti quando mi sentivo perso, mi ha tenuto compagnia, mi fa riflettere con calma e riesce a tranquillizzarmi sempre quando mi sento in ansia o sono veramente irritato, arrabbiato per qualcosa.

Conoscevo la sensazione degli addii che in qualche modo non sono mai fine. Anche se era partito con un treno, volevo correre per raggiungerlo anche se ero troppo stanco. Mi convincevo che posso ancora raggiungerlo e dargli qualche schiaffo, ma purtroppo era già andato. L'addio doveva essere in quella fermata, ma per me continuava ancora a vagare nei miei pensieri.

Gli addii erano e sono ancora difficili da dare. 

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