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La mattina del 24 Bruno si sveglia prima del padre e non esita a correre verso il suo letto ed attirare la sua attenzione, e gli basta un «papà» urlato con tutto il fiato che ha in corpo per riuscirci.

Manuel sente il cuore scoppiargli un po' per lo spavento e un po' perché vede suo figlio così felice. Quel giorno è speciale per ogni bambino ma lui temeva che per Bruno non sarebbe più stato lo stesso, per cui constatare quella gioia così pura lo fa sentire completo, sereno.

Gli scompiglia i capelli con un sorriso.

«Sei felice topo?» domanda, e Bruno annuisce sorridente.

«Quando viene Simo?» chiede poi, e lui scoppia a ridere.

«Fra un po', ora vediamo i cartoni?»
«Topolino»

Manuel ride, Topolino è un'ossessione per Bruno, quindi non si stupisce se passeranno l'intera mattinata di fronte a delle puntate a tema natalizio.

Simone arriva solo nel pomeriggio, dopo che entrambi hanno anche pranzato, e viene accolto calorosamente. Non appena suo padre apre la porta infatti, Bruno si precipita sulle gambe del suo maestro.

«In braccio Simo» strilla, e Simone lo accontenta, facendolo anche volare.

Era un gioco che avevano iniziato a fare una mattina in cui erano rimasti soli a casa. Manuel aveva delle commissioni da sbrigare e Simone si era gentilmente offerto di badare a Bruno. Ad un tratto l'aveva sollevato ed aveva iniziato a girare su sé stesso, e al piccolo bambino, essendo sospeso a circa due metri di altezza, era sembrato di volare, ed era stato così felice che Simone, ogniqualvolta può, non esita a riprodurre quella scena.

A non essere felice di quel saluto è solo Manuel che infatti ci tiene a ricordarglielo, anche quel giorno.

«Simò 'sta cosa davanti a me no eh, me viene 'n colpo»
«Non guardà allora Manu»

Rassegnato, il maggiore si dirige verso la cucina, mettendo su il caffè. Sente poi i passi del figlio che sta chiaramente correndo verso lui e Simone dopo aver recuperato qualche gioco, e poi anche un piccolo «papà giochiamo», quasi sussurrato.

Si gira piano, sta per spiegargli che deve attendere che il caffè sia pronto, ma la scena che si ritrova davanti è quanto di più dolce abbia mai visto in vita sua.

Simone è seduto a terra e Bruno è seduto sulle sue gambe, con due macchinine tra le mani. È ovvio che quel "papà giochiamo" fosse diretto all'altro ragazzo, e lui mentirebbe se dicesse di non sentire un terremoto all'altezza dello stomaco e del cuore ogni volta che suo figlio si rivolge così a Simone.

Una volta preparato il caffè, si siede a terra accanto a loro, porgendo una tazzina al più alto, che gli sorride affettuoso.

«Pà» esclama poi Bruno, facendolo sorridere.
«Dimmi»
«Giochi con noi?»

Quella è decisamente la vigilia di Natale più bella di tutte, Manuel ne è certo.

Un'istantanea di quel pomeriggio ritrarrebbe due ragazzi seduti ai piedi di un albero di Natale, con un bambino tra loro che esulta per la vittoria di immaginarie gare di macchinine giocattolo e che sembra emettere come unico suono una risata fragorosa, pregna di amore.

La frequenza di quelle risate cristalline di Bruno è all'incirca simile al battito del cuore di Manuel quando – qualche ora più tardi – vede Simone uscire dal bagno con addosso il pigiama che aveva comprato per quella notte ed in braccio suo figlio, con lo stesso identico indumento.

Gli viene istintivo poggiarsi al ripiano della cucina, interrompendo la preparazione della cena. È uno strano miracolo quello che tiene ferme le sue gambe, ridotte a gelatina, è uno strano miracolo che suo figlio sia tra le braccia di quel ragazzo, nella sua cucina, o probabilmente è proprio Simone Balestra ad essere la definizione di miracolo di Natale, e lui si sente immensamente fortunato ad averlo nella sua vita.

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