2. Sconosciuto

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Quel giorno lo spettacolo era finito più tardi del previsto, per via di alcuni intoppi televisivi che ne avevano posticipato obbligatoriamente la fine.

Erano circa le due di notte quando ci trovammo tutti seduti sui sedili dello stesso Van del giorno prima, gettando qualche occhiata agli altri che sembravano essere quasi tutti in dormiveglia, mentre io avevo iniziato a sentire un peso al petto che mi impediva di respirare regolarmente, avvertendo la necessità di abbassare il finestrino.

Era tardi, avrei dovuto prendere le gocce già un'ora prima, e quel ritardo stava iniziando a farsi sentire peggio del solito.

Sentii i palmi delle mani iniziare a sudare terribilmente, asciugandoli sui jeans senza però concludere nulla.

Chiusi gli occhi, cercando di provare a calmare l'ansia grazie al controllo della respirazione, come mi aveva consigliato qualche anno addietro la psicologa, ma ciò che non fece altro che farmi concentrare maggiormente sul problema, facendomi cadere in balia di quella sensazione.

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Quando arrivammo all'hotel, nonostante le gambe, che sentii molli, fui il primo ad uscire da quel cubicolo, prendendo, con le mani tremolanti, il mio borsone dal portabagagli.

Ritirai la card della camera e salii le scale, richiudendomi poi immediatamente la porta alle spalle.

Poggiai il borsone sul letto, scavando tra tutto ciò che vi era dentro per cercare quella scatolina dalla quale, appena la trovai, presi la boccetta per poi assumere trenta gocce di quel medicinale.

Poggiai la boccetta sul comodino, qualora avessi avvertito la necessità di prenderne ancora, nonostante trenta fosse il massimo che mi fosse stato detto di raggiungere dalla psicologa, sdraiandomi poi sul mio letto, portando una mano al collo quando avvertii quasi la presenza di una stretta che mi impedii di fare qualche respiro in più.

Chiusi gli occhi ma, gli scenari peggiori della mia vita, che cercavo di mantenere rinchiusi tra le mura della mia mente, avevano iniziato a scorrermi davanti agli occhi, uno dopo l'altro.

A distrarmi da quelle scene fu qualcuno che decise di bussare alla porta e, nonostante in quel momento avessi la sensazione di essere in ipoventilazione, riuscii ad alzarmi dal letto per aprire quella porta

«Signor Stefanelli, scusi il ritardo, ha-... Sta bene?»

Assottigliai lo sguardo, per cercare di mettere a fuoco la sua figura sfocata per quel velo sottile di lacrime che si era accumulato sulla superficie dei miei occhi

«Sto bene» Mormorai, tornando sul letto, nonostante avessi lasciato il ragazzo davanti alla porta ancora aperta, chiudendo gli occhi per poi sentire il rumore la porta chiudersi, immaginando che fosse andato via

«Soffri d'ansia?»

Quasi immotivatamente spaventato, terrorizzato, aprii gli occhi di scatto per scorgere il biondo con in mano il mio ansiolitico

«Che cazzo te ne frega»

Nonostante le mie parole poco pacate, lo vidi sedersi sul mio letto, all'altezza del mio petto, prendendo a parlare

«Anche mia madre soffre d'ansia... Lei, quando attende che le faccia effetto il suo ansiolitico, cerca di distrarsi per non concentrarsi sul malessere»

Sbuffai una risata sarcastica.

«Come se non ci avessi già provato»

A quel punto si alzò dal letto, immaginando che stesse per andarsene

«Ti va di scendere un po' giù all'esterno? Ho finito il turno, se ti dovesse andare potrei rimanere...»

Avrei voluto rifiutare, e lo avrei fatto se solo non avessi avvertito la sensazione della mancanza di fiato intensificarsi, portandomi così ad alzarmi dal letto alla ricerca di un ambiente aperto

Eclissi |Zenzonelli| Where stories live. Discover now