CAPITOLO 28 - La strada

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«Max!» esclamò sorpresa Margaret quando Daya e il ragazzino comparvero sulla porta.

La casa era molto grande, strutturata su due piani. Al piano terra vi erano le stalle mentre una lunga scalinata conduceva al piano superiore, con un ampio salone e l'enorme camino. Al centro, il tavolo e le sedie che lo circondavano costituivano l'unico arredo di cui disponeva la stanza mentre in un angolo una piccola porta conduceva alla stanza con provviste e utensili da cucina. In fondo al salone vi era poi la porta per le camere per la notte. Si vedeva che quella casa doveva aver conosciuto tempi migliori.

Insieme a Margaret la padrona di casa stava attizzando il fuoco per preparare la cena mentre Robert ed alcuni degli altri uomini sedevano intorno al grande tavolo e si servivano da una bottiglia di whiskey.

Quando le teste di tutti presenti si voltarono verso Max e lo fissarono con stupore, istintivamente si strinse a Daya.

«Ma che diavolo...che diavolo sta succedendo?» domandò Robert sorpreso.

«L'ho trovato in mezzo ai campi» rispose Daya. «Ci ha seguiti fin qui».

Vi fu un attimo di silenzio.

«Cosa!? Non me ne sono... Nono se n'è accorto nessuno!?» domandò Robert stupito: non era certo il massimo per un gruppo di soldati.

«Vi ho raggiunti solo oggi» rispose Max con voce flebile.

«E come hai fatto a trovarci?»

«Ho sentito il comandante Fennel parlare del vostro viaggio e dire che tra sette giorni sareste stati qui. Ho preso la sua mappa e sono partito».

Robert lo fissò per qualche istante, il volto serio che lo studiava, Daya sentì il pugno di Max stringersi intorno alla sua gonna con ancor più forza: poi, sorrise. Non poteva credere che quel ragazzo avesse davvero avuto la forza fisica ma soprattutto la volontà per raggiungerli. In un attimo il suo silenzio si trasformò in una risata immaginando la faccia del comandante Fennel una volta scoperta la fuga di Max e subito venne seguito dal resto degli uomini: a quel punto, le mani che si aggrappavano alla gonna di Daya allentarono la presa.

«Vieni qui, ragazzo!» lo chiamò a sé Robert. «Devi essere esausto!».

«Sì, signore» rispose Max.

«Portate cibo e vino al ragazzo» disse alla padrona di casa, «non vogliamo certo che dopo tante miglia ci rimetta la pelle proprio ora».

Non appena un pezzo di pane venne messo in tavola, Max ci si avventò.

«Vacci piano, ragazzino» dissse Robert divertito.

Ma Max non lo ascoltò: erano giorni che non toccava cibo, le sue scorte erano terminate il terzo giorno di viaggio.

«L'hai fatta grossa, ragazzo» continuò Robert. «Cosa avresti fatto se non fossi riuscito a raggiungerci in tempo?»

«Vi avrei raggiunti nelle montagne. O a Blackhalm» rispose Max con la bocca piena.

Robert sorrise. Era davvero una fortuna che li avesse raggiunti lì: non ce l'avrebbe fatta ad attraversare le montagne da solo.

«Immagino che potrete scrivere una lettera nella quale pregate il comandante Fennel di non essere troppo duro con lui quando tronerà al campo d'addestramento» disse Daya.

«Non tornerò al campo d'addestramento!» ribatté subito Max.

«Non puoi venire con noi a Blackhalm, Max» rispose lei.

«Sì che posso!».

«Max» insistette Daya, «Blackhalm non è un posto per bambini e tu non sei ancora non sei ancora un soldato...»

La vita oltre le stelleNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ