13- L'essenza di una speranza

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Ogni tanto bisogna solo avere il coraggio di ammettere che la vita,
in fin dei conti,
è bella nonostante le sue difficoltà.






Gli esami prima delle varie vacanze per le festività vicine alla fine dell'anno erano alle porte, per questo era già da diverse settimane che non vedevo i miei amici al di fuori dell'orario scolastico. Approfittavano di quei momenti il più possibile, ma più di qualche chiacchiera e di qualche risata non si poteva fare. Ci stavamo avvicinando al periodo di esami e come me anche gli altri erano unicamente focalizzati su quello.

Ciononostante, il rapporto tra me e Robert continuava a migliorare, e non potevo che esserne più felice. Non avrei saputo identificarci in qualche modo, non ne avevamo ancora parlato, ma stava diventando giorno dopo giorno più importante. Pochi giorni prima lo avevo invitato a cenare a casa mia, per fargli conoscere due delle persone più importanti della mia vita, e si era rivelato un enorme successo.

«Rose fallo entrare, non vorrai mica lasciarlo sulla soglia della porta per il resto della serata!» Disse la nonna dalla cucina. Robert davanti a me rise di cuore, così imbarazzata lo feci entrare attaccando la sua giacca all'attaccapanni all'ingresso.
«Sei ancora in tempo per scappare eh» dissi ridendo avviandomi al suo fianco dentro casa.
«Non credo ce ne sarà bisogno, in fin dei conti...»
«Robert!» Disse Britney uscendo allo scoperto venendo verso di noi. «Finalmente sei arrivato, non la sopportavo più mentre mi chiedeva: "Ma secondo te questo vestito è troppo blu?"» Disse lei imitando la mia voce.
«Britney!»
«Io non ho detto nulla...» Disse Bri avviandosi verso la cucina. Arrossii dall'imbarazzo, sentendo poi il suo braccio cingermi la vita e sentendo le sue labbra sfiorare il mio orecchio.
«Sei stupenda, la rosa più bella che abbia mai visto» disse scatenando in me una scia di brividi lungo la schiena. Commisi l'errore di guardarlo negli occhi, perché quando lo feci, vidi l'anima più pura in cui mi fossi mai imbattuta.

La cosa più importante però fu che, grazie a quella cena, conobbi aspetti della sua vita che mai, e dico mai avrei mai creduto.

«Mia madre non vede l'ora di conoscerti» disse facendomi sgranare gli occhi.
«Le hai parlato di me?» Chiesi commossa, sentendo allo stesso tempo una sorta di agitazione più che valida vista la sua confessione.
«Non lo so, deducilo tu» disse sorridendomi.
«Come si chiama tua madre, ragazzo mio?» Chiese la nonna seduta accanto a nonno John.
«Linda, Linda Quebert. Mio padre invece si chiama John, proprio come lei» disse alludendo al nonno.

«Oh ragazzo, dacci del tu! Non si direbbe, ma siamo ancora due ragazzini» disse la nonna dando una leggera gomitata al nonno.

«Dovrò abituarmi, ma lo farò» disse Robert sorridendo e continuando ad accarezzarmi la mano. Eravamo tutti seduti in salone, i nonni su uno dei divani, io e Robert sull'altro e Britney sulla poltrona. Io mi ritrovai con la testa poggiata sulla sua spalla, mentre le sue dita si muovevano sul dorso della mia mano in una carezza continua. «Mia sorella invece si chiama Emily.»

«Hai una sorella?» Chiesi sorpresa guardandolo negli occhi, occhi che però celavano più di quel che aveva accennato.
«Si, ha otto anni» disse lui con un tono triste.
«È tutto ok? Siamo stati inopportuni?» Gli chiesi io vedendo il suo cambio d'umore.
«No, affatto, siete una famiglia fantastica, ed Emily non vede l'ora di conoscerti...» mi confidò accarezzandomi i capelli. «Solo che al contempo non vuole che tu la veda per com'è davvero.»
«Non credo di aver capito...»

«Emily ha la leucemia» sputò fuori senza esitazione, lasciando tutti noi in uno stato di choc completo. «È da due anni che va avanti, quando le ho raccontato di te ha detto che sarebbe felicissima di mostrarti la sua collezione di carte Pokemon, ma che avrebbe aspettato che la malattia fosse terminata prima di vederti dal vivo. Teme che tu possa vederla con occhi diversi, con gli occhi con cui si vedrebbe una bambina di otto anni che combatte contro qualcosa più grande di lei.»

Da quel momento, ogni singolo istante della mia giornata, ringraziavo di non aver mai visto qualcuno della mia famiglia incontrare un mostro simile. Pensare però che, una bimba di soli otto anni, simile a tanti altri anche più piccoli di lei, stessero combattendo contro una malattia simile mi spezzò il cuore, e mi chiesi, perché? Perché una tale sfida era stata assegnata a persone così fragili, così amanti della vita da non riuscire a trovarne un aspetto negativo nemmeno volendolo? Perché, nonostante se ne parli, nessuna parola sembra mai trattarne abbastanza? Chi siamo noi per non meritare questo al posto loro? Cosa possiamo fare per loro?

La risposta è molto semplice: dimostrargli che quell'amore che provano verso la vita va accudito, va mantenuto, perché esattamente come loro credono essere qui, poter parlare con qualcuno che ci ascolta, poter ridere, scherzare, piangere e gioire sono alcune delle cose che caratterizzano la vita, e meritano di essere vissute nonostante tutto.

Per far loro del bene basta essere in grado di riconoscere di essere fortunati rispetto a loro, ma al contempo di fargli capire quanto anch'essi siano fortunati ad aver compreso quanto la vita sia meravigliosa, perché è così.

Ogni nostro respiro, ogni istante che siamo destinati a vivere è qualcosa che non dovrebbe passare inosservato.

La vita, non dovrebbe passare inosservata.

Non conta quanto dolore siamo destinati a sopportare, non conta quante perdite subiremo o quante volte sentiremo il mondo prendersi gioco di noi, perché alla fine di tutto, sta a noi decidere cosa fare degli istanti che viviamo.

Sta a noi, semplicemente, comprendere che nessun dolore sarà tanto forte da obbligarci a credere di non essere abbastanza, perché se abbiamo vita, abbiamo le carte in regola per potercela fare.

Non tutti sono destinati alla stessa fine, non tutti colgono l'essenza della vita o alcuni non sono semplicemente nelle condizioni tali da trarne il meglio, e questo non dovrebbe fare altro che spronarci a fare di più.

Voi che state leggendo questi versi, avete la possibilità di farlo, opportunità che non sono singolari; troppe persone, in parti del mondo a me sconosciute, non sarebbero nemmeno in grado di comprendere le mie parole, semplicemente perché non è stato insegnato loro come farlo.

E se in quel momento volevo qualcosa, era senz'altro conoscere la piccola (ma spaventosamente grande) Emily Brown, che nonostante i dieci anni di differenza e i pochi anni alle spalle, ero certa mi avrebbe saputo donare quelle parole tali da catturare il mio cuore.

Nel ricordo di noi dueWhere stories live. Discover now