Capitolo XXVII: Di impassi e ghiacciai moderni

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Simone era dal giorno prima che si sentiva strano, perché si trattava pur sempre di Manuel, il ragazzo che al liceo aveva reputato inarrivabile, che guardava qualunque ragazza rientrasse nei suoi standard estetici senza però mai soffermarsi su di lui.

E Simone mentirebbe se dicesse che non si era crogiolato in quello stallo, nel paradossale conforto che ti dà osservare l'oggetto del desiderio da lontano, a debita distanza, come un'opera d'arte che sai di poter guardare all'infinito senza dover rimanere lì anche per il lavoro di restauro.

Era confortante per Simone sapere che quel sentimento poteva rimanere idealizzato per sempre nella sua testa, non macchiato da quella che avrebbe potuto essere la realtà che magari gli avrebbe fatto scoprire che lui e Manuel insieme non erano poi la così bella coppia che aveva immaginato.

Sì, amarlo senza essere ricambiato, amarlo all'infinito, gli faceva trasudare conforto.

Ma ora Manuel era lì, davanti a lui, più reale che mai.

E la paura di Simone era concreta, non come quella fantasia che si era creato al liceo di come sarebbe stato essere fidanzato col più bello, più stronzo, più etero di tuta la scuola.

Di tutte queste constatazioni, col senno di poi, solo una era risultata essere vera.

È davvero bello, Manuel.

E, a Simone costava molto ammetterlo, era bello pure se in quel momento al suo fianco c'era un'altra persona, una donna che lui non aveva il diritto di invidiare, specialmente dopo quello che era avvenuto solo poche ore prima.

Era bello seduto con le gambe al petto e lo sguardo rivolto verso di lei, a dirle parole che era troppo lontano per udire, e che il moro avrebbe pagato anche il prezzo più caro pur di sentire.

Simone si toccò istintivamente il punto sul fianco che Manuel aveva sfiorato poco prima, con gli occhi incatenati ai suoi e il suo nome sulle labbra ancora ricoperte dai loro baci.

Si toccò quel punto e percepì i brividi estendersi da lì. Non erano brividi da contatto, erano brividi da ricordo di quello sfioramento.

Simone continuò a guardare Manuel e Sabrina seduti una ventina di metri davanti a sé, ed ebbe paura. L'idealizzazione era straripata ed era in qualche modo sfociata nella realtà, e ora con Manuel lui aveva davvero l'opportunità di costruirci qualcosa, e il pensiero che tutto potesse sgretolarsi da un momento all'altro come un castello di sabbia tramortito da un bambino lo terrorizzava.

- Papà, ho vinto io! - Jacopo lo ridestò dalla sua trance, ancora sorridente e a cavalcioni sul suo corpo, alludendo alla coalizzazione con Manuel di poco prima.

- Hai vinto tu, ometto, sei davvero coraggioso - concesse Simone, col velo di un sorriso sulle labbra e portando una mano a sistemargli i ricci scuri dietro l'orecchio.

- Me lo dice sempre anche il maestro Manuel, dice che sono un bambino coraggioso! - esclamò poi.

Era a questo che erano arrivati, dunque?

Manuel era entrato nelle loro vite poco più di due mesi prima dopo tredici anni di silenzio da parte di entrambi, e già sembrava essere diventato il nuovo argomento preferito di suo figlio.

La sua vita si era trasformata in un costante ManuelManuelManuel, e non era certo che si sarebbe abituato facilmente. O, al contrario, temeva che ci si sarebbe abituato con fin troppa semplicità.

In quel preciso istante la sua paura raddoppiò, perché il suo cuore sarebbe stato in grado di gestirlo se mai Manuel se ne fosse andato dalla propria vita, ma non era certo di come l'avrebbe presa Jacopo, per il quale il maggiore era divenuto una costante.

In case time can't fix it, move the hands  (Simuel)Where stories live. Discover now