Capitolo XXX: Di metodi Estivill e bicchieri in cuori di vetro

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Simone conosceva perfettamente casa sua. Sebbene nel primo periodo delirante senza Andrea avesse deciso di rimetterla in vendita dopo neanche un mese dall'acquisto e con ancora le ultime cosa da comprare, Carmine lo aveva dissuaso dal compiere quella scelta giacché avrebbe impiegato energie inutili per cercare l'agenzia a cui affidare la vendita, il rapporto con eventuali clienti, la ricerca di una nuova casa.

Sarebbe stato troppo, sia per lui che per Jacopo.

Si erano però ripromessi di rifarla da capo, a partire da quella parete color giallo canarino in camera da letto, fino ad arrivare alla batteria di pentole che aveva scelto Andrea. Non fecero nulla di tutto ciò, troppo assorbiti dalla vita e dalla titubanza di Simone nel voler davvero ritinteggiare quello stralcio della sua vita. E, nel frattempo, l'uomo si era abituato a vivere in quel limbo di ricordi che avrebbero potuto essere.

Simone aveva odiato casa sua, perché gli ricordava la vita che aveva programmato e che non avrebbe mai vissuto con l'amore della sua vita.

Simone aveva però anche imparato a conoscere casa sua, e a distinguerne i suoni; primo tra tutti, siccome era padre e aveva l'ansia che qualcuno nella notte potesse entrare e rapire suo figlio, quello della porta d'ingresso.

Adorava Manuel e adorava come gli si incastrasse bene addosso a cavalcioni su di lui, con quel sorriso timido a baciargli la bocca e quella mano incerta a sfiorargli il cavallo dei jeans.

Quel rumore di scatto della serratura, tuttavia, non poté non udirlo, e fu con un gesto rapido che si scrollò di dosso l'uomo che, preso alla sprovvista, spalancò gli occhi e cadde di lato supino sul divano.

Simone gli si ritrovò addosso con tutto il suo peso e, sebbene avrebbe voluto scusarsi per quel repentino cambio di piani e quell'improvviso e letterale peso sullo stomaco, il moro preferì rimanere in silenzio e capire cosa diamine stesse succedendo e come qualcuno fosse riuscito seriamente a intrufolarsi in casa sua come se avesse avuto le chiavi. Era davvero così scadente il sistema di sicurezza di quel condominio?

Dal canto suo, Manuel si sentiva disorientato e pure piuttosto esposto, con le gambe aperte e la mano destra ora schiacciata tra il suo stomaco e l'intimità di Simone, di cui riusciva a sentirne bene la forma da quanto gli si era pressato addosso.

Onestamente, non si sentiva più così sicuro di fare quello che voleva fare fino a qualche secondo prima.

Anzi, la mano iniziava a formicolargli dal peso dell'uomo su di sé, ma non gli parve il caso di muovere anche un solo dito in quel momento in cui ogni azione sarebbe stata facilmente fraintendibile.

Quando il maggiore aprì la bocca per chiedere qualcosa, qualunque cosa, Simone lo anticipò e gli mise l'indice sulle labbra ad intimargli di fare silenzio; e, mentre il moro si accingeva a sporgersi dallo schienale del divano, Manuel dovette fare affidamento a tutta la forza di volontà di cui era capace per non separare le labbra e inglobare quel dito perfido e sottile che ancora giaceva inerme sulla sua bocca.

La folata di vento lasciata come scia ad una porta che si apriva ammutolì definitivamente anche lui. Perché diamine una porta si stava aprendo? Non erano soli in casa?

Il maggiore cercò lo sguardo del moro che, leggermente sporto sopra il divano, non stava prestando più attenzione a lui quanto ad un punto fisso davanti a sé, come a cercare di capire anche lui cosa stesse succedendo.

Finalmente sentirono delle voci.

‒ Non siamo stati noi! A Camilla è caduta una bambola e ha detto alla maestra Marta che siamo stati noi maschi, ma non è vero! – I due udirono il discorso che certamente non proveniva da due ladri il cui obiettivo era fare meno rumore possibile.

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⏰ Last updated: Apr 12 ⏰

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In case time can't fix it, move the hands  (Simuel)Where stories live. Discover now