21) Noi tre

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Quella insolita meno fredda mattina del 12 Dicembre decisi di lasciarmi tutto l'accaduto della settimana prima alle spalle. Dopo la sera della telefonata e la notte in cui gli ospiti rimasero, finita la festa, a casa della zia Lucrezia, non si sentii più vociferare sulle vicende sinistre di Bibury. Per un giorno anche io volevo la mia spensierata giornata per i villaggi verdi e azzurri di quella cittadina e lasciare per ventiquattrore J.C. nel cassetto. Dopo aver messo un foulard giallo attaccato alla coda in modo che pendesse e un paio di occhiali neri da sole, scesi nella sala da pranzo di sotto per raggiungere gli altri e fare la puntuale nonché solita colazione con crème brulé, croissant alla marmellata, frutti di bosco e pudding come se piovesse. Salutai tutti, presi al volo il mio caffè alla cannella con una punta di vaniglia e dissi a mia zia che andavo a fare una lunga passeggiata. Sarei andata realmente a fare quella passeggiata ma precisamente avevo intenzione di andare nelle distese, immense e spumeggianti praterie di fiori freschi in prossimità del fiume Coln. Così presi le chiavi della Rolls Royce gialla in garage e nella guida della magnifica decappottabile mi immersi con l'immaginazione nella ipnotizzante neve del 12 Dicembre che scendeva a Bibury come tante stelle comete dal cielo. Ed era perfetto, tutto intorno il contrasto, tra il fiume blu in lontananza, la neve bianca e le colline verdi alla base sembrava una cartolina dipinta da un'abile pittore naturalista. Dopo un'ora di auto, passata ad ascoltare qualche vecchia canzone dei Rolling Stones, trovai parcheggio in un garage vicino al fiume e lasciai l'auto lì, dando le chiavi al custode. Mi liberai delle basse scarpe chiuse per poter camminare a piedi nudi sull'erba fresca che costeggiava i margini del fiume e dopo qualche chilometro mentre tutti gli altri intorno erano occupati, chi in una foto e chi un gioco da tavola, io mi ero stesa al bordo del fiume e mi sdraiai sull'erba umida, solo per poter vedere in prospettiva il Sole raggiante che toccava con le sue calorose mani la superfice innevata del grande fiume Coln. Chiusi gli occhi e respirai quel sentore di natura che si impregnava nell'aria grazie alla vastità degli alberi di Bibury, mischiata a quel dolce profumo di malva che sprigionavano i fiori intorno. Mentre il paesaggio naturale mi assorbiva come fossi parte dei quattro elementi, qualcuno vicino a me stava litigando per non sapevo che cosa. Alzai la testa dal prato e aprii gli occhi, vedendo che nel fiume stavano annegando le mie belle scarpe color pastello.

"Scusa Page ma nel tentativo di provarle, sono finite in acqua"- disse Jessica piagnucolando, mentre riflettevo per quale motivo si trovasse a Bibury.

"Potevi anche chiederle prima di fargli fare un tuffo a mare"- rispose David, difendendo le mie scarpe mentre tutto mi parve ancora più confuso di com'era prima, nonostante la scena mi divertisse da morire.

"Che ci fate voi due qui?"- chiesi abbracciandoli entrambi e contemporaneamente vidi le mie scarpe affondare completamente mentre però il mio cuore gioiva per il loro ritorno.

"Io e David abbiamo pensato di farti una sorpresa e restare per un po'a Bibury ed era quasi riuscita fino a quando non mi ha distratta con quelle sue smorfie ridicole, facendomi accidentalmente cadere le scarpe nel fiume nel tentativo che le provassi"- disse Jessica contestando il comportamento di David e accusandolo, lanciandogli una dei suoi sguardi assassini.

"Scusa..."- mi disse Jessica

"Lo sai...dovevo buttarle e mi hai anticipato"- dissi ridendo e facendo ridere anche loro due proprio come ai vecchi tempi.

"Ma voi adesso come fate con il lavoro, con la casa e tutto"- chiesi ancora stupefatta dalla piacevole sorpresa.

"Non pronunciare quella parola...ah quella parola, lavoro, lavoro e lavoro, si, il mio datore di lavoro probabilmente ha come obbiettivo farmi impazzire quindi direi che ci vuole proprio una pausa e qui è perfetto, immersi nelle verdi colline di Bibury"- rispose Jessica, mettendo spiritosamente il suo braccio sotto al mio come fossimo due vecchiette che facevano la loro passeggiata abitudinaria.

"Stessa cosa per me..."- aggiunse David approfittando del discorso fatto appena da Jessica per chiarire la sua motivazione.

Passammo tutto il pomeriggio a girare per il parco del fiume Coln, mentre David ci raccontava malandate barzellette che facevano ridere me e Jessica a crepapelle e di tanto in tanto mangiavamo qualche boccone di ghiacciato zucchero filato mentre David ci costringeva a farci fare un tiro dal suo sigaro ormai vecchio chissà quanto, con io che mi impegnavo ogni volta a gettarlo nella pattumiera più vicina. Si fece subito tardo pomeriggio e noi tre con ancora quel poco di energia che avevamo, ci stendemmo sul prato, ormai seppellito dalla neve che aveva incominciato fittamente a cadere dal cielo come fiocchi stellati, formando un bianco e morbido manto, incominciai a disegnare sagome di angeli stampate per terra con tutta la neve che le mie gambe e le miei braccia mi permettevano di spostare. David se la stava spassando alla grande vedendo la goffaggine di Jessica nel formare una storta figura e me dalla faccia paonazza per lo sforzo disumano che stavo compiendo. Era tutto realmente magnifico, noi tre, i prati di Bibury, la neve, il tramonto e i fiori, proprio come un tempo, proprio come una volta, proprio tutto perfetto. In quel momento chiusi gli occhi e per un istante immaginai di sollevarmi con l'anima dal terreno su cui poggiava il mio corpo e di poter volare sopra quel mondo così vasto così da osservare tutto dall'alto, spiegando le ali che volteggiavano tra la moltitudine della diversità del cielo che era celeste ed immenso

𝑰𝒍 𝒓𝒊𝒗𝒆𝒍𝒂𝒕𝒐𝒓𝒆 𝒅𝒊 𝒊𝒏𝒅𝒊𝒛𝒊 🕯️Where stories live. Discover now