La luce si insinua prima debolmente, poi sempre più prepotentemente tra le barre delle persiane. Odio la su sfacciata invadenza. Irriverente e tenace divora le ombre e ingoia, avida, quel margine di buio timidamente rifilato negli spigoli della stanza. Man mano che avanza, il fascio di luce percorre il letto, vi si adagia, lo avvolge per poi annullarlo in sé. Ma questa volta l'indugio è maggiore perché sotto le coperte, al mio fianco c'è Nazli. Dopo una primordiale esitazione, la luce inizia ad accarezzare le sue forme. Prima i suoi piedi, poi le caviglie. Ardimentosa, la vedo invadere spazi di lei sempre più intimi. Odio la luce perché tocca i fianchi di Nazli, accarezza il suo ventre per poi trovare riposo sul suo seno. La mia gelosia trabocca. Rimprovero il mio animo troppo educato e gli mostro l'esempio strafottente della luce che, senza chiedere nulla, si è impossessata del corpo della mia donna. Se potessi, farei a pezzi quei fasci luminosi. Sono in preda ad un vero e proprio delirio di impotenza. Ma è davvero necessaria tutta questa follia? Cerco di strappare dalla mia testa e ancor più dai miei sensi la passione smodata che mi anima negli ultimi mesi. Ma essa è così potentemente cucita addosso alla mia pelle, che lo strappo non è mai senza conseguenze. Il dolore inevitabile è preludio necessario al recupero delle facoltà mentali. Con un po' di coraggio l'uomo Ferit riapproda sulla terra, mettendo momentaneamente fine ad ogni surreale viaggio. Per fortuna! La verità è che per quanto l'amore per questa donna mi renda irragionevole, in me c'è ancora il ruggito del leone che pretende prima l'anima e poi il corpo di lei. Per quanto io possa cedere alle lusinghe della carne, così ben condite dall'avidità del lupo che è in me, io resto innamorato della mente, dell'indole di questa donna. Non c'è vittoria nel possedere un corpo, se esso è svuotato della sua anima. Mio malgrado devo ammettere di essere ben lontano dalla fine della mia guerra. Il battere di ciglia di Nazli interrompe la mia febbricitante meditazione. I suoi occhi spalancati sul mondo prima ancora che su me mi riportano alla realtà. Non c'è molto da indugiare. La freddezza del suo risveglio gela ogni istinto. Il lavoro del resto, chiama. La vita chiama. Tuttavia la vita matrimoniale inizia a calzarmi perfettamente e allontanarmi dal letto oggi è proprio dura. Fortunatamente il distacco viene attutito dal caso. Nazli deve andare al ristorante ma prima vuole passare al mercato. Come marito, non posso non accompagnarla. La verità è che voglio sentirla vicino, voglio potermi riempire i sensi del suo profumo. Voglio anche solo per un attimo sfiorare accidentalmente la sua pelle, per poter dire che è mia. Il tormento di lei non mi abbandona. La sua acqua scorre goccia dopo goccia nelle mie viscere senza mai saziare la mia sete, anzi torturandomi ancora di più. Sento le sue incursioni sempre più feroci. È una guerriera astuta che sa cosa e quando depredare. Non c'è un angolo del mio palazzo che non abbia visto il suo pavimento calpestato dai piedi di lei e le sue pareti tastate dalle dita della più abile scassinatrice. Seduta al mio fianco in macchina, Nazli sembra una bambina. Amo quel suo modo di rannicchiarsi, quel suo voler quasi scomparire. Sembra strano, ma per me è come se in modo indiretto lei si affidasse a me davanti al mondo. Come se sentisse la necessità di farsi proteggere da me. Questa cosa mi gonfia il petto di orgoglio maschio. Una sensazione indicibile questa che vale quanto il senso di onnipotenza che un uomo ha quando possiede fino in fondo una donna. Immerso in mille divagazioni che nulla hanno a che vedere con l'uomo Ferit di un tempo, siamo arrivati al mercato del pesce. Nazli vuole scendere da sola, ma io non mi fido a lasciarla andare. Chissà cosa potrebbe combinare senza la mia presenza. Credo di aver ceduto troppo alla mia vanagloria. So bene che la mia non è una donna qualunque. Lei è Nazli Pinar! Ovvero colei che mi ha disarcionato e steso a terra. Ma so anche che la prudenza non è mai troppa in posti come questi. Il signor Selami ci accoglie con un bel sorriso. Ricordo ancora il motivo spiacevole per cui ci siamo conosciuti. Parlando del più e del meno, tra una spigola e un'orata, ci dice che il ragazzo colpevole dell'incidente di Nazli si è licenziato. Questa cosa mi lascia perplesso. Uno scambio di sguardi con Nazli e siamo già sulle tracce del Shaban, questo il nome del tipo. Qualcosa mi dice che abbia a che fare con Hakan e Demet. Vedo Nazli irrequieta almeno quanto me. Come darle torto?! La sua vita è stata messa in pericolo e se allora si pensava ad un incidente, ora, tutte queste strane coincidenze fanno pensare a tutt'altro. In pochi minuti raggiungiamo la casa di Shaban. Una donna dai tratti severi ci apre la porta di casa. È sicuramente la madre del ragazzo. Alla mia domanda dai toni inquisitori non risponde, ma il sorriso di Nazli sbaraglia ogni difesa e alla fine anche questa arcigna signora capitola. Shaban non è in casa. La donna lo chiama più volte ma non riceve nessuna risposta. Alla fine riceviamo il permesso di andare in cortile. Mentre percorro i pochi metri che separano la porta di ingresso dal cortile, una fitta lancinante al cuore mi lascia senza fiato. Riconosco la zampa dell'artefice. Le unghia del leone affondano nella mia carne. Il suo ruggito questa volta è potente e si espande a protezione di colei che riconosce ormai come sua padrona. Nazli mi precede a passo spedito. Tenerle testa è praticamente impossibile. Ma è da questo che capisco quanta tensione emotiva abbia in realtà accumulato in sé. Immagino la sua paura. Ammiro il modo in cui è riuscita a nascondere il suo stato d'animo, facendomi vivere la quotidianità in modo sereno. La seguo, ma in realtà vorrei bloccarla in un abbraccio serrato per poterle dire ancora una volta che può contare su di me e che non deve temere nulla. Al nostro apparire, il ragazzo scappa. Riesco a stento a bloccare Nazli, che con un guizzo vorrebbe lanciarsi al suo inseguimento. Mi spiace, ma a questo devo pensarci io. Lei è troppo preziosa per me. Corro come un folle tra i vicoli del quartiere. Salto siepi e scanso aiuole di ogni sorta. Un tripudio di colori trafigge i miei occhi. Un uragano di profumi speziati schiaffeggiano i miei sensi, resi più percettivi dal pericolo. Perdersi e più ancora nascondersi in queste stradine non è difficile. I miei occhi si spingono in avanti. Sento dentro di me una forza feroce che aumenta la mia falcata. Le fauci spalancate del lupo si impossessano della mia bocca, mentre le zampe poderose del leone rimpolpano i miei arti. Carnivoro come non mai, felino all'ennesima potenza, mi avvento sul ragazzo. Saperlo complice di Hakan e soprattutto probabile assassino di Nazli mi fa montare in furore. Lo afferro e lo sbatto contro una macchina. La rabbia gonfia le mie vene. Il sangue sempre più caldo ribolle imporporando le mie gote. C'è in me una forza spaventosa e un desiderio di vendetta che mi soggioga a tal punto che ogni cenno di razionalità viene meno. Davanti alla negazione del misfatto da parte di Shaban, la mia ira divampa. Lo azzannerei se non ci fosse Nazli. La mia salvezza. Sì! Se non fosse arrivata, avrei commesso la sciocchezza più grande della mia vita. Solo lei ha il potere di farmi ragionare e rientrare in me. Con una forza straordinaria la sento spalancare le mie porte e dare ordine di smantellare ogni offensiva. Con cenno autoritario addomestica il lupo e zittisce il leone. Con la stessa energica potenza molcisce sulla mia carne i segni della battaglia appena conclusa. I suoi occhi nei miei. Le sue labbra a pochi centimetri dalle mie. Le sue gote infuocate quanto le mie. Le sue mani addosso, ancora tremanti eppure così decise mi ammansiscono, mi vincono, mi piegano a lei. Ma questa volta non è come le altre volte. Non c'è in lei nessun segno di orgogliosa potenza. Anzi...la dolcezza con cui si curva su di me, quel suo strofinare le sue membra alle mie, quell'appoggiarsi completamente a me mi parlano di una donna che brucia del mio stesso fuoco, che trema per la stessa paura, che muore della mia stessa morte. È solo questione di tempo...solo questione di tempo. Dopo questa ennesima vicissitudine, tornare alla normalità è impossibile. Non me la sento di lasciare sola Nazli e, sinceramente, neanche io voglio essere lasciato solo da lei. Così decido di lavorare stando al ristorante per oggi. Decisione impensabile che sorprende tutti, Nazli compresa. Al ristorante la mia signora cerca di farmi rilassare il più possibile. Crede nel potere delle erbe, si cimenta con le tisane e cerca di rifilarmi qualche strano intruglio con poteri miracolosi. In altri tempi sarebbe stata una di quelle streghe alchimiste. O forse lo è davvero? Certo è che sono stato stregato da lei dal primo momento. Lavorare e tenere d'occhio la donna che si ama è davvero un'ebrezza da provare. Questa situazione inizia a piacermi. Potrei addirittura pensare di aprire una filiare del mio ufficio in questo ristorante. La follia mi ha completamente pervaso la mente. È ormai cosa evidente anche agli stolti. Sorrido dentro di me al solo pensiero di lavorare ai miei affari tra un tegame e l'altro. Con lo scorrere del tempo, l'ansia della mattina stempera in tranquilla routine. Nazli è seduta davanti a me e non posso non osservarla mentre è immersa nel suo lavoro. Il suo volto è serio, ma i suoi lineamenti restano dolci come sempre. Si agita come al solito. È un vulcano in continua eruzione. Ma è questa la cosa che amo di più di lei. La sua vitalità, la sua energia. Torna il sorriso sul volto di entrambi ma...dura poco. Il sopraggiungere di Deniz riattizza l'angoscia. Una nuova battaglia alle porte del palazzo. Il volto di Deniz sembra essere un mare di emozioni in tempesta. Sento i bastioni della mia fortezza ergersi a difesa. Il suo sguardo perso nel vuoto non promette nulla di buono. La normale diffidenza che accompagna ogni buon guerriero, per cui non ci si fida mai di nessuno, mi riempie la mente. Mille strani pensieri accorrono e si mescolano, mentre la gelosia serpeggia e striscia tra le mie gambe, mordendomi le caviglie. Questa incursione nella nostra intimità mi disturba. Sento di essere irritato e noto anche in Nazli un certo disagio. Il sorriso sul volto di Deniz, quel tenere le mani in tasca non mi ispirano fiducia. Un ululato selvaggio si eleva dalle lande più desolate della mia anima. È un grido di allerta, quello che precede la battaglia. Scalpita il leone che è in me. So bene che, se al posto di Deniz ci fosse stato un altro, di lui non sarebbe rimasto nemmeno un brandello di carne attaccato alle ossa. Fatico non poco a trattenere la bestia. Ma i suoi artigli sibilano e lo stridore mi scuote dalle viscere. Riconosco quel segnale. È quello di una straordinaria forza che vuole esplodere ad ogni costo e sa che prima o poi troverà il canale giusto per farlo. Nazli mi guarda con i suoi occhi grandi. È evidente che anche lei ha paura. Solo che l'imminenza del processo costringe entrambi ad una strana calma. Per cui, mio malgrado devo ingoiare anche questo rospo. L'esordio del discorso di Deniz, a dire la verità, non è male. Ma chissà perché ho come l'impressione di avere difronte il bimbo che per nascondere la marachella, ha imparato a memoria una parte. Deniz sta recitando, non ho dubbi. I suoi occhi non mentono, così come la sua pelle striata e tesa dai nervi, a stento tenuti a bada. Quelle mani freneticamente mosse e quello scuotere il corpo di continuo sono i segnali che annunciano l'offensiva. L'esserci spostati fuori per bere un caffè rimanda di qualche minuto l'attacco. Nazli si stringe a me e questa volta ha davvero paura. Le nostre mani si intrecciano in modo febbrile. In entrambi il desiderio di ritrovarsi insieme davanti al nemico comune accende strani sentimenti e induce ad un connubio dei sensi mai fino ad ora provato. Avvolgo la mia guerriera con le mie braccia. La circondo quasi a volerla rassicurare. Il suo capo si appoggia al mio petto. Sento il suo profumo invadere i miei sensi. Questo suo abbandonarsi a me mi rende orgoglioso. Sento davvero che per lei potrei dare anche la mia stessa vita. Quello che però vede Deniz in noi è ben diverso. Dopo aver scartato il fantastico regalo e averlo addirittura provato, ecco l'attacco vile e bieco. Con fare meschino Deniz ci spiattella in viso la verità. Ormai sa tutto. La sua rabbia si racchiude tutta nell'espressione "falso matrimonio". Sento Nazli venir meno e tremare davanti allo sguardo strafottente ma anche deluso di Deniz. Il vile la guarda come per farla sentire in colpa del fatto che ha tradito la loro amicizia. Il colpo inflitto a Nazli è di una potenza devastante. Ancora una volta la mia donna viene chiamata in causa dalla sorte per decidere quella di Bulut. Cerco di sostenerla, ma ammetto che immaginare e avere la certezza che Deniz sa tutta la verità sono due cose molto diverse. L'idea che l'affidamento di Bulut possa svanire per sempre mi rende furioso. La sorte del mio nipotino è ora nelle mani di questo folle e infelice innamorato. La rabbia ingenera un tumulto di pulsazioni che finiscono per intorpidire il sangue nelle mie vene. A fiotti sempre più grossolani, sento scorrere dentro di me un'ira funesta e folle. La ragione svanisce e al suo posto subentra un febbricitante delirio di impotenza. Sento scuotere le fondamenta della mia reggia. Avverto il silenzio tombale nel quale sono sprofondate le mie belve. Cerco la mia anima e per quanto io mi sforzi di trovarla, non riesco nemmeno a riconoscerla. Tutto il mio mondo crolla come un castello di carta. E in fondo cosa mi sarei dovuto aspettare? Ho costruito il tutto su un compromesso con una donna che mi ha taciuto la verità, mi ha ingannato e mentito. Ho fortificato le torri con la calce dell'apparenza. Bugia su bugia, mi sono spinto fino all'inverosimile, per poi diventare io stesso vittima di questo meccanismo. Al soffio del vento della verità, il mondo di carta è crollato e sotto le macerie ci sono io, ma soprattutto rischia di esserci Bulut. Il pensiero di perdere per sempre la custodia del mio nipotino mi rende pazzo. Sento che potrei commettere qualsiasi cosa. Non può rimetterci un bimbo innocente. Non può! Tentare di fermare Deniz impossibile. Cercare di farlo ragionare surreale proprio. Sento le forze venire meno e con esse anche la mia proverbiale determinazione. Deniz ci volta le spalle, torvo e spietato come il serial killer che ha appena freddato la sua vittima. Nemmeno una goccia di sangue a terra. Il gelo ovunque. Il terreno viene meno sotto i piedi. Come un equilibrista, mi sento in bilico, sospeso nel vuoto, appeso ad un filo invisibile tenuto in mano da una parte da una donna, la mia donna, che già una volta mi ha ingannato e dall'altra da uno squilibrato deluso e vendicativo. Come stare sereno in questa situazione? Come ho potuto crogiolarmi così a lungo nel lago dell'incertezza più totale? Solo un folle può farlo e io sono tale. Lo sgomento davanti alla trovata macabramente bizzarra di Deniz cede il posto alla consapevolezza che non c'è tempo da perdere e che è necessario correre immediatamente al riparo. La vita di Bulut, il suo futuro, la sua educazione sono ora nelle mani di troppi interlocutori, che, ciascuno a suo modo, stanno dicendo la loro. Ma io sono Ferit Aslan e sono abituato a dire sempre l'ultima parola e a siglare ogni atto con il graffio della vittoria. Non mi farò certo intimorire ora. Non posso. Richiamo all'appello i miei soldati migliori. Tante battaglie fatte devono pur fruttare qualcosa. Incedo a passo sostenuto in quella che un tempo era la coorte di attesa del mio esercito. Con soddisfazione ritrovo il mio fedele felino. Sa che la battaglia decisiva si svolgerà domani in tribunale e che il suo intervento dovrà essere preciso e mirato. Con una certa sorpresa mi ritrovo schierato anche quella parte istintiva di me che mai si sarebbe piegata alla regale razionalità del leone. Un compromesso necessario tra le mie due nature. La presa di coscienza, però, procede di pari passo con la feroce disamina dell'accaduto. Deniz non può aver letto la verità nelle stelle. Ne è stato informato e la sola persona che può averlo fatto è Asuman. Questa conclusione rimbalza tra me e Nazli non senza conseguenze. Da una parte la vergogna, quella di una sorella. Dall'altra la rabbia, la mia. Impossibile non giungere ad uno scontro. Improvvisamente crolla la parte di ponte che con tanta fatica io e Nazli stavamo costruendo. Quella porta si chiude nuovamente alle mie spalle dopo che il vento impetuoso della malafede mi ricaccia oltre l'uscio. Sono nuovamente sommerso dal dubbio. L'acqua scorre sotto i miei piedi, ma non riesco a tendere la mano per poterla toccare. Le ossa atrofizzate. I muscoli rattrappiti. Il sangue gelato. La morte deve essere pressappoco così. Vedo Nazli che mi punta gli occhi addosso quasi ad interrogarmi. So bene cosa sta pensando e provando. Vorrebbe da me una parola di conforto e quasi di rassicurazione ma io non riesco a cedere. Arroccato in difesa, ho bisogno di lucido distacco per poter elaborare una controffensiva. Il sopraggiungere di Asuman fa esplodere tutta la mia rabbia. Mi rivedo nei suoi occhi sgranati e la sua assurda aria di chi non sa cosa sta accadendo mi rende disumano. Con gli occhi torvi le rovescio addosso la sua ennesima colpa, figlia della prima e senza nemmeno attendere una sua risposta la lascio. Davanti ai miei occhi esiste ora solo Bulut. Mostruoso perfino a me stesso mi lascio alle spalle la stessa Nazli. Questa volta le due sorelle non potranno più irretirmi. A passo sostenuto mi allontano dal ristorante ma il rientro a casa non è migliore. Nazli è seduta in giardino al freddo. Provo compassione per lei. Non deve essere facile ingoiare l'ennesima vergognosa azione della sorella. Ma in fondo è anche colpa sua. Le avevo detto che non doveva fidarsi, che Deniz e Asuman insieme erano miccia e dinamite. Ma lei non mi ha ascoltato e ora? Ora paghiamo le conseguenze di tutto questo. Sono indignato con lei. Non riesco ad essere comprensivo. Solo ora mi rendo conto di quanto distanti siano le nostre anime. La telefonata di Deniz che solleva Asuman da ogni responsabilità infligge ad entrambi il colpo mortale. Il solo interesse di Nazli è dimostrare l'innocenza della sorella. Il mio solo interesse capire fin dove si spingerà Deniz e che fine farà Bulut. Nessun ponte tra noi due, ma solo l'infinita distanza delle nostre priorità. A dire la verità, mi sento anche deluso. Credevo che a lei importasse di Bulut, ma è evidente che non è così o per lo meno lui non viene al primo posto. Lo stesso matrimonio è stato accettato più per mettere a tacere la propria coscienza davanti alla vergogna che per Bulut. Mi ritrovo nuovamente spiazzato e disarcionato. Davvero ho creduto che quello che portiamo avanti possa sfociare in amore? Davvero ho pensato che questa donna fosse capace di amarmi e crescere il mio nipotino? Quante stupide illusioni! È più che mai evidente il compromesso tra noi due e il motivo che ha spinto Nazli a siglare l'accordo. Egoismo puro o senso di colpa? Che importa? La verità è che la parola "amore" non è mai comparsa nel suo vocabolario. Seduto da solo sul divano, lascio che le ombre mi avvolgano. La notte è fredda ma il mio corpo lo è anche di più. Rivedo ancora davanti agli occhi Deniz e la sua sublime recitazione. La trovata geniale della macchina fotografica come regalo, quasi ad immortalare la presa in giro, la farsa che ciascuno per motivi e con modi diversi stava e sta portando avanti. Sento ancora nelle orecchie lo scalpiccio del terreno sotto i suoi piedi improvvisamente fermi e poi volti nuovamente verso di noi. Un andare per poi tornare che sa di vendetta. I suoi occhi sono ancora ben presenti nei miei. È come se la sua anima avesse deciso di porre le sue tende davanti al palazzo. Una sorta di assedio muto ma pressante che stressa i miei nervi. La sensazione di soffocamento rende insopportabile ogni respiro. Fatico a sopravvivere all'ennesimo sbaglio di me stesso. Chiuso nel mio palazzo, percorro i lunghi corridoi. Sono pieni di arazzi splendidi che in parte nascondono le fessure e le crepe di muri che hanno subito altri assedi e altri bombardamenti. Il pavimento scricchiola, quasi a voler sottolineare la pesantezza di un'esistenza piena di lotte e sfide, alcune cercate, molte altre imposte. Cerco invano una stanza in cui rifugiarmi, ma una strana repulsione mi tiene lontano da ogni porta. Non mi resta che salire le scale della torre maestra e attendere l'alba del nuovo giorno. Affannato, mi trascino per le scale. Ad attendermi all'altezza del cammino di ronda il mio fedele felino. I suoi occhi sono ancora guizzanti di audacia, ma le sue zampe sono appesantite dalle ferite delle tante battaglie. Mi siedo al suo fianco, appoggiando il capo sulla sua schiena. Ansima ma regge volentieri il peso. Le mie labbra vorrebbero sussurrargli tante cose, ma la potenza del suo sguardo mette a tacere tutti. È pronto. Non si tirerà indietro. In ballo c'è il sangue del suo sangue. Questa volta non ci saranno strategie, non ci sarà arringa...tutto è nelle mani di altri. Il senso di impotenza rende inaccettabile la sfida. Ma l'orgoglio no...l'orgoglio non viene meno. Ferit Aslan non si tirerà indietro nemmeno questa volta. Accarezzo la testa del leone. Le mie dita si immergono nella folta criniera. Sento una strana sensazione di benessere. Il sangue torna a fluire nelle vene, gonfiando i muscoli e dando spessore alla carne. Il sole irrompe sull'uomo leone ed è già giorno. Prima di andare in tribunale, devo passare in ufficio per prendere tutti i documenti. Anche la mia azienda oggi sembra sospesa in un clima di generale incertezza. La presenza di Engin mi rinfranca. Con lui sono tranquillo. È un socio leale e affidabile. Dopo aver sistemato le pratiche e dato le direttive, è tempo di andare via. Mai decisione fu più funesta! Deniz nuovamente davanti ai miei occhi. È evidente che non ha intenzione di mollare la presa. La sua lingua continua a battere sul solito dente dolente, ovvero il finto matrimonio. La sua condotta è sfiancante e la sua presenza ormai insopportabile per me. Le sue parole sono una provocazione continua. Le sue intenzioni rasentano la minaccia. Non riesco a non pensare al suo egoismo. Mi accusa di aver usato Bulut per incatenare Nazli, ma lui stesso non si svincola dalla sua ossessione per lei a costo anche di vedere Bulut infelice. Ma la cosa che più mi urta è la superbia con cui pretende di gestire ormai i nostri rapporti. La presunzione di sapere cosa c'è tra me e mia moglie. La continua ingerenza in una sfera che, per quanto costruita, resta pur sempre intima. La gelosia gli rode il fegato, tanto quanto la follia. Farebbe di tutto per avere Nazli e ora ha l'opportunità di giocare una carta di tutto rispetto. Lo lascerei fare. Sarei anche più accomodante. Ma c'è Bulut di mezzo e la sua felicità. Tentare di farlo ragionare è praticamente impossibile. Mi riempie di parole ma una frase su tutte colpisce la mia anima.

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Sotto la pelle di Aslan 3
FanfictionFerit Aslan non ha scampo. La passione per Nazli divampa nel suo intimo, stravolgendo la sua proverbiale imperturbabilità. La consapevolezza di non poter più fronteggiare la sua domina ferisce il leone e fa inerpicare sulle rupi il lupo. Un ruggi...