Mettere a letto Bulut, dopo tanta euforia, è stata un'impresa non da poco. È bellissimo vederlo ridere di cuore e sonnecchiare sereno tra le braccia di persone che lo amano davvero. Nazli è stata formidabile. Con la sua semplicità ha letteralmente conquistato il suo cuore. Generosa come nessuna donna, ha donato tutta se stessa a quello che in fondo non sarebbe mai stato suo figlio. La porta della stanza da letto si chiude e finalmente riesco a ritrovare pace. La presenza di Nazli nel letto, affianco a me, mi dà forza. Penso alle guerre che sin da piccolo ho dovuto affrontare. Non ho mai avuto un buon rapporto con le camere da letto. Anche dopo il matrimonio con la mia signora, il letto mi si riempiva di spine e tenermi lontano da lei era una tortura insopportabile. Penso a quei giorni di lotta contro me stesso, quando il lupo faceva sentire la sua fame e il leone mi scorticava l'anima con gli artigli dell'orgoglio. Ricordo ancora le corse affannose attraverso le stanze e i corridoi della mia fortezza, la poderosa quanto inutile possanza dei suoi bastioni e poi...poi quella stanza che mi faceva paura aprire. Quanto tempo perso inseguendo i fantasmi del passato, nella convinzione che fossero gli alfieri del mio presente! Una partita a scacchi che sarebbe finita con il sacrificio della regina. Perché tale fu! Non dimenticherò mai il grande gesto di altruismo di Nazli. Il pensiero riempie il cuore e lo fa traboccare di riconoscenza. La sua immagine sorridente seduce i miei occhi, che invano tentano di guardare altro. Basta la sua sola presenza per svuotarmi di tutto e riempirmi d'amore. La amo con tutto me stesso. Potrei morire per lei e non avrei il benchè minimo pentimento. La sua forza mi lega più di ogni altra forma di seduzione. Sono soggiogato dalla sua bellezza. Sentirla vicino, vedere il modo in cui mi sfiora con le sue mani mi rende pazzo. La afferrerei e la farei mia ogni volta che la nostra pelle si strofina in un vortice di desiderio che solo il cielo riesce a placare. È bella la mia donna...anzi bellissima. Le sue labbra si schiudono e il richiamo istintivo di un bacio prorompe ed è stasera un grido di passione malinconico che non passa inosservato all'anima di lei. Sotto la coperta i nostri corpi si cercano e la vicinanza si fa pericolosa, quando gli occhi dell'anima riescono a schiudere le pieghe degli indumenti denudando le membra e lasciando emergere in modo così prepotente la carnosità dei pensieri. A dire la verità, tutta la giornata trascorsa insieme è stato un tormento per i sensi. La vicinanza e l'intimità costantemente sfiorata e mai bevuta fino in fondo hanno acuito il desiderio e attizzato la brama di possesso del lupo che, in realtà, è sempre in me. Lo schiudersi di questa donna tra le mie braccia diventa la tela di ragno più desiderata. Sono in trappola. Mai morte fu più invocata e attesa. Nazli si avvicina ancora di più, non accorgendosi del pericolo che corre. La sua innocenza butta benzina sul fuoco e l'incendio divampa. Le mani si cercano. I corpi si desiderano. La sua vita nella mia vita. Una leggera brezza attraversa la mia anima. Un gelo improvviso si stende sulla carne. Nazli deve averlo percepito. D'altra parte con lei non riesco a dissimulare niente. Mi si avvicina e questa volta non è per concedersi a me. È, infatti, il mio turno. Tocca a me aprire anche le stanze più terribili della mia reggia. Non posso più sottrarmi al dolore di questa parte di me e, in fondo, è giusto che mia moglie lo conosca. Con la voce persuasiva, ferma e dolce insieme, Nazli mi incalza. Sa bene che ogni piccola esitazione in lei comporterebbe una rovinosa ritirata in me. Occhi negli occhi, come davanti ad uno specchio, giro la chiave nella toppa della serratura di quella porta maledetta che custodisce la stanza degli orrori della mia infanzia. Un debole raggio di luce filtra attraverso le finestre chiuse. Le tende pesanti, di un rosso porpora, attonite davanti all'insolita apertura, si striano in lingue di sangue...quello di mio padre, quello mio. Un dolore cupo ottenebra i miei occhi, che solo la presenza incoraggiante di Nazli mantengono aperti. È il momento del coraggio, quello che all'epoca mancò al piccolo Ferit. Nessuno avrebbe mai immaginato che l'imprenditore di ghiaccio fosse stato in realtà un gran codardo. Io che non sono mai sceso a compromessi con gli altri, alla fine, per comodità o vigliaccheria, ho siglato l'accordo più vergognoso della mia vita. Ma la cosa più assurda è che il contratto prevedeva un solo firmatario...io! Chiamato alla cruda realtà, il piccolo Aslan dovette firmare il primo e unico compromesso della sua vita non contro un nemico qualunque, ma contro se stesso. L'origine della guerra interiore è questa, così come le poderose fondamenta della mia fortezza. Là iniziai il mio apprendistato, prostituendomi alla vita, la stessa che a tutti sembrava meravigliosa e impeccabile, proprio come il nome della famiglia cucitomi addosso, ma che in realtà mi faceva schifo. Un dolore cupo mi comprime il torace. Il cuore sembra rallentare il ritmo dei suoi battiti. La mano di Nazli sul petto mi restituisce alla vita. Le sue parole mi incoraggiano. Il fiume dei ricordi improvvisamente rompe gli argini e si rovescia nella piana con tutta la sua potenza distruttiva. Raccontare è difficile perché in me quel passato è ancora un presente troppo ingombrante per la mia coscienza. Il ricordo del tradimento di mia madre e il modo in cui ne sono venuto a conoscenza mi fanno sembrare un verme senza ossa. Ma ciò che mi schiaccia al suolo è l'omertà che ho avuto nei confronti di mio padre. Per me lui era il massimo, quel punto inarrivabile che mi spingeva gli occhi oltre ogni orizzonte. La sua rettitudine, il suo saperci fare e ancor più il suo sguardo regale erano tutto per me. Mi piaceva guardarlo negli occhi. Speravo di poterne penetrare i pensieri. Desideravo avere un posto nel suo cuore. Lui il mio mondo, il mio modello, il mio anelito vitale. Pensare che mia madre potesse tradirlo, mi rivoltava lo stomaco. Verso di lei provavo un misto di disgusto e rabbia. Chiuso nella stanza, pensai che il male minore era tacere. Lo facevo per non dare un dispiacere a mio padre. Più nascondevo la verità, più covavo rancore verso mia madre e vergogna verso me stesso. Ero complice di mia madre mio malgrado e questo rendeva il mio essere insopportabile a se stesso. La rabbia divenne violenza verbale nell'adolescenza e con la morte di mio padre, ogni rapporto con mia madre si ruppe. La sua immagine di gran signora mi disgusta ancora oggi. Non riesco a perdonarla e in fondo lei non fa nulla per farsi amare. Lo stile di vita ereditato è superbia se non è accompagnato da un modo di essere onesto. Onestà...il lascito più grande, insieme all'orgoglio, di mio padre. Fu allora che scoprii in me una natura indomabile e feroce, ma al contempo leale e pronta al sacrificio. Fu allora che il leone si impossessò di me, divenendo prima compagno di giochi e poi maestro di vita e guardiano. Non potevo fare altro che indurirmi in un lungo lavorio, in cui ogni sentimento veniva filtrato dalla ragione. Il modo migliore per arginare i danni e soffrire meno. Questo fino a quando nella mia vita non è arrivato Bulut. Con lui ogni infrastruttura crolla. Lui è il mio leoncino. Sangue del mio sangue. Carne della mia carne. L'innocenza e la scaltrezza, la lealtà e l'acume...rivedo mia sorella e con lei mio padre. Il pensiero riempie i miei occhi di lacrime. Il viso si tinge di un rosso pudico, un misto di vergogna per ciò che ho fatto e di desiderio di espiazione. La sofferenza rende la mia voce flebile e a tratti interrotta. Il pianto muore in gola per una sorta di colpo di coda del mio io. Ma il dolore dell'anima non passa inosservato a Nazli. La sua presenza diventa la mia essenza. Si fa strada sul mio petto. Vuole essere avvolta dalle mie braccia. So che in questo momento mi sta offrendo il rimedio al mio malessere, ovvero l'opportunità di un riscatto, nel modo più semplice possibile. Sento il suo corpo premere con prepotenza sul mio. Il suo capo sul cuore. La vedo sprofondare nel mio abbraccio. Lei c'è. Io ci sono. Nessuna ombra ormai tra noi. La notte che terrorizzava il piccolo Ferit non fa più paura. Le ombre che disegnavano nell'alcova di mia madre figure inquietanti di uomini voraci cedono il posto al candore della luna e alla sua danza melanconica sulle pareti. Un senso profondo di libertà riempie prima il petto, poi il cuore, infine l'anima. La luce è finalmente filtrata in quella stanza maledetta, rendendo nitide tutte le cose. Ciò che prima mi spaventava, ora ha un senso e soprattutto un nome, il suo nome. Non sono stato vigliacco. Un bambino a quell'età non può farsi carico di un segreto così grande senza venirne schiacciato. Ho avuto solo paura, paura di ferire la persona che più amavo. Non è una giustificazione, ma nemmeno una condanna. Le cose accadono e spesso le subiamo nostro malgrado. Nessun compromesso, nessuna omertà, nessuna complicità...solo paura. Il piccolo Ferit ha avuto paura di perdere l'amore del padre. E come condannare il suo silenzio, se le premesse sono queste?

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Sotto la pelle di Aslan 3
FanfictionFerit Aslan non ha scampo. La passione per Nazli divampa nel suo intimo, stravolgendo la sua proverbiale imperturbabilità. La consapevolezza di non poter più fronteggiare la sua domina ferisce il leone e fa inerpicare sulle rupi il lupo. Un ruggi...