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Salvatore è lo specchio della mia anima
Ho deciso di dividere il disco in due parti con questa traccia
La prima parte contiene i pezzi più leggeri e banger
La seconda invece quelli più sentiti e conscious
Uno dove c'è luce, l'altro dove c'è solo buio
Uno in cui sono io, l'altro in cui non lo sono
[Salvatore]

Autunno 2019

Vincenzo

Non riesco a credere a quello che sto per fare, non è da me.
Ma forse è arrivato il momento di smetterla di nascondermi, di negare l'evidenza.
Devo smettere di fare il codardo.

-L'uomo della foto.
È mio zio, era mio zio.- enuncio senza pensarci un secondo di più.

Vedo la faccia della giovane ragazza tramutarsi al "era".
Mi invoglia con il suo sguardo a continuare, senza accennare parola, ormai ha capito che non mi piace essere forzato.

-Oggi piove, ma il giorno in cui morì faceva caldo. Era un sabato di un anno fa.-

Mi fermo un attimo cercando di recuperare fiato, questo è il mio punto debole.

Sento un leggero peso sulla spalla, mi giro ed è la piccola mano di Teresa.

Forse devo fermarmi, non continuare più.
Non voglio fare pena a nessuno, soprattutto alla ragazza al mio fianco.
Da quel che ho capito ha già troppi problemi, che ancora non so.

-Continua, per favore.-

Mi giro per guardarla, ha gli occhi lucidi e credo di averli anche io.

In qualche modo mi ci rispecchio lì dentro.

-È tutta colpa mia. Sono stato io. Quella cazzo di chiamata!- mi alzo dalla sedia lanciandola con violenza, distruggendola in tanti pezzi.

Non vedo più nulla.
Vedo nero.
Vedo appannato.

-Vincè calmati, per favore.-

Teresa si avvicina e mi gira verso la sua direzione con violenza scuotendomi, come per darmi una svegliata.

Non sa che sono già morto.

-Non sei obbligato a continuare.- continua facendo dei lunghi respiri, sembra più agitata di me.

Senza darle ascolto continuo il mio monologo.
O adesso o mai più.

-Lo chiamai per chiedergli se mi avesse prenotato un tatuaggio da quel suo amico tatuatore.
Lui mi disse di si.
Ma in realtà già sapevo che non l'aveva fatto.
Perché non voleva mi tatuassi o forse si era solo dimenticato.
Dopo circa due settimane andai da quel suo amico a tatuarmi.
Sapevo che era tanto legato a mio zio e che per lui era come il padre che non aveva più.
Mi faceva piacere passare là per sentire parlare di lui.
Ma tutto mi aspettavo, tranne che mi dicesse quello che poi mi ha detto
Mi disse che fui io l'ultimo a sentirlo al telefono.- mi fermo un secondo e asciugo con l'orlo della maglietta la mia fronte sudata, inizia a fare caldo qui dentro.

-E che le persone che erano in macchina con lui il giorno dell'incidente gli spiegarono che fu proprio la mia chiamata a distrarlo.-

La ragazza si alza di scatto e va a prendere una bottiglia di acqua, la apre e me la passa chiedendomi di bere implicitamente.

Assecondo la sua richiesta, pentendomi da una parte di essermi aperto con un'anima pura come la sua.

Ma sentendomi così fottutamente libero dall'altra.

-Cosa c'è scritto nel tatuaggio?-

La domanda di Teresa mi confonde, e le chiedo a cosa si stia riferendo.
Quale tatuaggio?

-Prima ti si è sollevata la maglietta.
Il tatuaggio sull'addome.
Posso vederlo?-

Osservo la ragazza.
Tutti hanno sempre avuto timore del mio sguardo, della mia persona.
Ma lei è diversa.
Ho un impatto diverso su di lei.

Continuo a guardarla negli occhi e mi sollevo lentamente la maglietta.

-Morto dentro. C'è scritto morto dentro.-

Abbasso subito dopo la maglietta, sentendomi a disagio davanti ai suoi occhi.

Ma la ragazza fa una cosa insapettata.

Si avvicina di più al mio corpo, prende le estremità della maglietta e la solleva senza chiedere nulla.
Inizio ad innervosirmi, non perché sia lei ma per il semplice fatto che non sono abituato al tocco delle persone.

-Scusa.-

Molla la maglietta scusandosi e diventa rossa in viso, girandosi dall'altra parte.

-Devi capire che non è stata colpa tua.- enuncia fermandosi in un punto della stanza incrociando le braccia.

Magari non fosse stata colpa mia.

Decido di ignorare la sua affermazione per non risultare pesante.

-È passato un anno dalla sua morte, sto cercando di concentrarmi sulla musica.-

-Musica, che tipo di musica?- mi domanda per cambiare argomento, la ringrazio mentalmente.

-Rap, a breve dovrebbe uscire una canzone. Forse la più importante.-

Quella canzone.
Una parte di me, della mia famiglia.

-Paky. Perché ti fai chiamare così?-

L'unica che per la prima volta si è interessata al vero significato di quel piccolo nome.

Pakartas.

-Significa impiccato.
Perché non respiro più.
Come un impiccato.-

Gli occhi della ragazza si velano di lacrime.
Non era questo il mio obbiettivo.
Non dovevo.

-Non piangere.
Per favore. -

Le ordino quasi fulminandola con lo sguardo.

Si asciuga le lacrime cercando di ricomporsi.
Indossa la sua maschera e inizia a raccogliere i pezzi della sedia rotta.

-Ti ringrazio per esserti aperto con me.
Non pentirti di questa cosa.-

Sento la tua voce, ma la mia testa in questo momento è da un'altra parte.

Chissà se mi stanno ancora cercando.
Le ultime ferite non sono ancora guarite del tutto, non me ne servono altre.
Vado a vedere fuori dalla finestra e per fortuna non vedo nessun movimento.

-Chi è che ci segue, Vi?-

-Devi starne fuori qualsiasi cosa accada. Me lo devi giurare. Capito?-

-Come posso starne fuori se non so nemmeno di che cosa si tratta?- quasi urla. È sull'orlo del crollo anche lei ma non vuole ammetterlo.

-Devo dei soldi ai ragazzi di San Siro.
E li deve anche il locale in cui lavori, e in cui lavoro ancora anche io in teoria. -

Teressa sbuffa passandosi una mano tra i capelli come al solito.

-Ho bisogno di dormire.- dice la ragazza dirigendosi sul divano mezzo rotto.
Quanti ricordi in quel divano.

-Vai in camera da letto, ci sto io sul divano.- le ordino prendedole una mano facendola sollevare.

Ha le mani così fredde.

-Vi, di chi era questa cosa?-

Questa casa.
Strano chiamarla casa.

-Di mio zio.
Salvatore.-

Non c'è più casa.

Storie tristi ; 𝗣𝗮𝗸𝘆 𝗚𝗹𝗼𝗿𝘆Where stories live. Discover now