6. Le piume bianche degli Angeli (ISAAC)

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Mi guardo intorno, non mi piace questa festa. È la classica festa di chi vuole solo abbordare una ragazza e bere alcool poco costoso. A proposito di alcool, queste luci mi danno fastidio, e la musica fa schifo, vediamo di offuscare tutto con un po' di sacrosanto liquore.

Spero che non mi rifilino uno di questi cocktail colorati. Li odio. Li odio più di qualsiasi altra cosa. Sono uno che doveva nascere nel passato. Assenzio e fiamme. L'oppio di Wordsworth e Coleridge. Il laudano di Shelley. Le droghe dei poeti maledetti. Fata verde vieni da me.

Quelli erano tempi, in cui ti distruggevi in favore dell'arte. Bevi Baudelaire, compra oppio cinese dalla migliore qualità uomo vittoriano che vuole perdersi. La morfina la vendevano come aspirina, oggi non ti danno neanche il valium.

Ho voglia di spegnere la parte razionale del mio cervello, voglio impazzire e morire e rinascere. Sono una fenice. Datemi da bere. Mi passano accanto, mi guardano, mi giudicano, io cammino dritto verso l'open bar e il barista mi sorride ammiccante.

Ha un orribile baffo hipster, nonostante sia pelato, e gli occhi di uno che vorrebbe avermi sotto di lui. Vergognati, avrai trent'otto anni e servi alcool a dei ragazzi che hanno più di dieci anni meno di te, abbi la decenza di non guardarmi così.

«Dammi qualcosa di forte» è una frase fatta, ma magari la sua anima convenzionale che si sente anticonvenzionale la coglie bene.

Lui sorride: «Ti faccio un Japanese Ice Tea» esclama convinto.

Io faccio una smorfia schifata: «Non rifilarmi un intruglio zuccheroso. Ce l'hai dell'assenzio?»

Lui ride: «No» si sporge oltre il bancone: «Ma possiamo parlarne»

Io lo guardo e sorrido: «Il tuo orribile baffo mi distrae»

Lui si indigna e mi dice che non so cosa mi perdo.

«Scusa non vado a letto con attori porno anni ottanta» me ne vado.

Ho davvero bisogno di qualcosa di forte. Voglio sprofondare. Mamma se solo sapessi, mi odieresti forse. Mi odieresti? Potresti odiare tuo figlio? Sì, e faresti bene, lo farei anche io se fossi mia madre.

Che fai Isaac? Potrebbero drogarti con dell'ecstasy. Ecstasy, come se fossi una teenager nei pieni anni Novanta.

Sono un ragazzo a cui piacciono gli altri ragazzi e non uno di quelli con il baffo imbarazzante - lancio di nuovo un'occhiata al barista - uno di quelli con i capelli folti e scuri, pronti ad essere accarezzati avidamente; al massimo mi offrirebbero del Poppers.

Ma del caro vecchio LSD non ci piace? Mi odio, non dovrei essere qui. Sono solo. Sono triste e non ho nulla da buttare nel mio corpo per non sentirmi me, qui, ora. La musica fa schifo.

Schifo. Schifo. Schifo. Datemi qualcosa, datemi qualcosa, datemi qualcosa, lo urlo, lo urlo.

«Datemi qualcosa!»

E qualcuno mi sente, ah dolci salvatori. Messia della perdizione venite a me, eccoti, cammini come un Gesù illegale pronto a trasformare l'insalata in cannabis.

«Ti serve roba?» chiedi losco. Ma chi sei poi? Non ti ho mai visto, sei basso e grassoccio, capelli scuri, non ti proprio conosco, ma va bene, mi serve qualcosa.

«Niente di strano, niente che si inietti, niente che si sniffi» sorrido come un bambino in un negozio di caramelle.

«Ho finito l'erba...ho delle pasticche o...sai in realtà ho dei funghetti, credo che siano stati tagliati con altra merda, perché sono veramente forti e mi fanno venire dei trip bruttissimi, sto cercando di liberarmene, se li vuoi te li cedo in cambio di un drink, davvero»

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