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"Oh, no! E' tardissimo!" esclamo mentre con gli occhi ancora pesanti dal sonno afferro maldestramente il mio cellulare dal comodino.

Non capisco perché non abbia suonato all'ora impostata, devo aver sbagliato qualcosa, ma non è questo il momento per recriminare.

Quello che so per certo è che per colpa del mio smartphone ora sono in ritardo, costretta a correre per arrivare in tempo all'università.

E la cosa non mi piace per nulla.

E' il primo giorno del nuovo semestre, avevo programmato di arrivare in facoltà per tempo, per prendere posto davanti. Lo so, fa un po' secchiona, ma che ci posso fare? Inutile negarlo, lo sono, fa parte di me. Ci tengo allo studio, soprattutto ai risultati. E ormai che ho cominciato a collezionare voti alti, non voglio abbassare la media.

Questo contrattempo, però, rimette in discussione la programmazione della mia giornata. E quel che è peggio è che non posso recuperare il danno fatto dal mio telefonino neppure coprendo il tragitto in macchina, perché non ne possiedo una di mia e quella che condivido con mia madre oggi serviva a lei.

Sbuffo pensando che non posso nemmeno sperare di chiedere un passaggio a qualcuna delle mie amiche perché ognuna di noi frequenta un'università diversa in altre città.

La più vicina sono io, che devo coprire soltanto trenta chilometri di distanza fra casa mia e l'ateneo.

Ma lo devo per forza fare con l'autobus e non posso certo pretendere che stia lì ad aspettarmi!

"Cavolo, devo anche ricordarmi di acquistare il biglietto!"

All'improvviso mi ricordo anche di questa incombenza e già mi viene l'ansia. Sono proprio in ritardo e perdermi fra i pensieri non mi aiuterà di certo. Scalcio la trapunta dal letto con un gesto veloce e stizzito e già strada facendo verso il bagno, mi libero del pigiama per guadagnar tempo. Apro il rubinetto della doccia e mi ci infilo sotto anche se l'acqua è ancora un po' fredda.

"Brrr!" la mia schiena è percorsa da un brivido che mi fa quasi battere i denti, ma non ho tempo per tergiversare. Penso che in fondo potrà essere una buona soluzione per svegliarmi dal torpore e dal sonno che ancora attanaglia i miei occhi ancora intrappolati da palpebre che fanno fatica a restare sollevate.

Cinque minuti dopo, sono già vestita, truccata pochissimo e pronta per scendere in cucina.

"Mamma, ti adoro", penso trovando sul tavolo un'invitante tazza di latte e caffè già pronta sul tavolo di cucina, con tutta la schiumina sopra, proprio come quella che preparano al bar e ancora abbastanza tiepida. Calda sarebbe stata meglio, ma proprio non c'è il tempo per rimetterla nel microonde e la bevo in fretta.

Raccolgo la mia tracolla ed esco di corsa, brandendo il mio cellulare come se fosse la mia ancora di salvezza, anche se stamattina mi ha tradita. Infilo le cuffiette e seleziono la mia ultima playlist.

Attraverso la strada ed in pochi minuti sto camminando lungo il portico della piazza del paese per raggiungere la fermata dell'autobus. Do un'occhiata intorno. Non c'è quasi anima viva intorno a me anche se sono quasi le otto del mattino, i negozi sono ancora chiusi, solo qualche bar lungo il tragitto ha già aperto le serrande. Passo davanti alla mia caffetteria preferita ed un invitante profumo di brioches calde stuzzica i miei sensi, facendomi sentire un profondo languorino.

Faccio un profondo respiro ed inalo quel delizioso profumo, una vera tentazione.

"Se solo non fossi già così in ritardo!" penso sconsolata sognando una pausa di fronte ad un caldo cornetto all'albicocca. Non c'è tempo da perdere, sono in ritardo, mi ricordo.

Mia deliziosa Elena (completa)Where stories live. Discover now