𝟯𝟱 〣 𝗗𝗔𝗜 𝗙𝗨𝗢𝗖𝗢 𝗔 𝗧𝗨𝗧𝗧𝗢

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Raggiunta finalmente la villa di suo padre così da recuperare il necessario per ciò che Jeongguk gli avesse detto fosse un pernottamento parecchio lungo in ospedale, aveva notato con la coda dell'occhio l'auto di Jun insieme ai suoi amici e quella dei due gemelli parcheggiate appena dietro quella in cui si trovavano lui e il coreano.

Aveva fatto cenno a quest'ultimo di restare in auto, di non preoccuparsi per lui, di come non servisse tenerlo d'occhio anche all'interno della propria casa ma la preoccupazione di Jeongguk ─ nata per l'appunto dall'esplosione avvenuta alla stanza da lui precedentemente occupata ─ gli fecero capire come questa fosse tutt'altro che innata.

Jeongguk aveva la piena ragione di essere preoccupato e vigile, esattamente com'era normale che lui non volesse scaricargli addosso ulteriori problemi riguardo una questione tanto semplice quanto il recuperare qualche oggetto in grado di aiutarlo durante la sua riabilitazione fisica e mentale.

Non sapeva di preciso che cosa volesse realmente portarsi con sé, ma era sicuro che l'avrebbe capito non appena l'avrebbe visto.

Forse, da qualche parte nella sua stanza, vi era ancora il dipinto che inconsciamente aveva fatto del viso di Jeongguk o forse, sempre sparso da qualche parte, vi era ancora qualcosa che potesse legarlo a Dohyun. Sapeva non dovesse trovare supporto nel materialismo, negli oggetti regalatigli dal padre o viceversa, ma nonostante i continui avvenimenti parecchio incalzanti, non era mai riuscito a togliersi il suo pensiero dalla mente.

Ogni pensiero, ogni cosa, ogni azione..Gli ricordavano lui.

Era passato ormai diverso tempo da quell'avvenimento tanto tragico ma ancora non era riuscito a superarlo e forse nemmeno gli sarebbe mai stato possibile. Come potevano certi individui accettare e superare la morte? Come potevano le persone anche solo pensare di poter uccidere? Di privare la vita ad un altro essere vivente?

Non lo concepiva così come non riusciva nemmeno a togliersi dal petto i sensi di colpa costantemente provati; Einar parlava sempre con l'intento di ferirlo, di distruggerlo e nonostante molte cose avesse imparato ad ignorarle, quel suo "hai ucciso tu tuo padre" non faceva altro che continuare a ronzargli in testa.

Gli incubi a riguardo si erano placati un poco, ma restavano ancora parecchio presenti e persistenti. Un giorno, in cuor suo, sperava di liberarsene. Magari, proprio grazie a Jeongguk e alle sedute da lui organizzate.

«Sicuro non vuoi che venga con te?» domandò Jeongguk, afferrandogli delicatamente il braccio nel momento in cui trovò il coraggio di scendere dall'auto. «Posso restare anche fermo all'entrata, giusto per assicurarmi che vada tutto bene»

Le parole del maggiore ─ pronunciate con tale preoccupazione ─ gli fecero tenerezza. Quello che gli piaceva tanto di lui era la sua capacità di esprimersi come Einar non si era mai sognato di fare: Jeongguk non aveva paura a mostrarsi fragile, spaventato o preoccupato e soprattutto non rincorreva disperatamente la perfezione al punto da arrivare a fingere pur di ottenerla. Einar non sarebbe mai stato capace di ammettere alcuna preoccupazione nei suoi confrontiperché quello sarebbe equivalso al mostrarsi debole, allo sfocare la sua immagine da predatore e ─ anche se con enorme difficoltà ─ ora l'unica cosa che voleva fare era liberarsi da tutte quelle persone tanto egoiste da averlo ferito pur di non rovinarsi la propria immagine.

Einar era stato l'esponente più grande di tale scenario ma a seguito vi era anche Misun, Zakhar e Ariy.

«Allora è okay» decise di confermargli il permesso di seguirlo all'interno della villa. «Puoi darmi una mano a portare in auto le scatole di oggetti che voglio con me» propose, osservando il corvino annuire immediatamente. Scesero entrambi dall'auto, fecero segno a Jun, i ragazzi e i gemelli di attenderli una manciata di minuti e insieme si diressero lungo il viale di quella villa nella quale non metteva piede da parecchio tempo, per la precisione da quando aveva malamente discusso con Jeongguk.

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