XVII.

45 4 17
                                    

una piccola oneshot che ho scritto <3 e non ho voglia di creare un'altra storia

————

Giulia da piccola odiava la notte: era una bambina vivace, voleva sempre giocare, fare qualcosa, e la notte glielo impediva, perché era obbligata dal padre e dalle balìe a dormire. Era buia, misteriosa, e a lei faceva paura. Chissà che orribili mostri si nascondevano negli antri bui della sua stanza, nei bauli pieni di vestiti e di giocattoli, sotto il letto, pronti a mangiare lei e tutta la sua famiglia. Ma ora, ora era una giovane donna, era cambiata molto, aveva capito determinate cose che da bambina non era riuscita a intendere. Anche i suoi gusti erano cambiati, e adesso preferiva la notte discreta al giorno luminoso, anche per quello stesso alone di mistero che aveva odiato da bambina. Durante la notte poteva fare quel che desiderava, e mentre nessuno la osservava, poteva togliere la maschera che indossava perennemente, la maschera della figlia dell'imperatore, sempre perfetta, sempre proba, sempre onesta, sempre modesta. La donna ideale che odiava essere. Quel ruolo si addiceva di più a Livia, la moglie dell'imperatore. Giulia era vanitosa, le piacevano gioielli brillanti, dorati, perle preziosissime e gemme costose, e abiti di seta che poco si addicevano a una matrona romana. Mai esagerava col trucco e con le acconciature, non ne aveva bisogno: era la donna più bella di Roma, che cosa se ne faceva? A cosa servivano a lei acconciature elaborate, a cosa serviva ricoprirsi il volto di piombo? Era più bella senza, e non stavano bene col suo bel viso, dai lineamenti perfetti. Era già pallida, non voleva essere bianca come un fantasma. E i suoi morbidi boccoli biondi stavano meglio sul collo e sulle spalle che raccolti sul capo. Ogni cosa, ogni colore, ogni forma stava bene con le altre, era tutto in perfetta armonia, e questa armonia si traslava anche nel portamento e nei movimenti, sempre aggraziati. In pratica era una donna perfetta, almeno nell'aspetto. I problemi venivano col carattere: Giulia era una donna mossa dalle passioni e dagli impulsi, e questo aveva sempre spaventato suo padre. Ma lei era sempre stata esemplare, almeno in pubblico. Non era certo una stupida, e sapeva come comportarsi, sapeva che venivano i doveri prima dei piaceri, e i doveri li aveva sempre assolti esemplarmente, quindi nemmeno suo padre poteva dirle niente, se non muoverle qualche leggera critica per il modo in cui si vestiva o rispondeva, ma per quello non poteva fare molto. Era semplicemente fatta così, e il suo carattere non poteva essere cambiato. Inoltre, non gli dava per nulla fastidio, anzi: molte volte aveva dimostrato di essere intelligente e furba, anche al di sopra della media, e di questo ne andava fiero. La sua piccola Roma avrebbe fatto grandi cose, ne era certo.
Tutti dormivano, tutti tranne Giulia e la sua fidata ancella Febe. Erano cresciute insieme, era stata la sua prima amica, e di lei si fidava ciecamente. La stava preparando per uscire, sebbene fosse molto preoccupata non solo per la sua incolumità, ma anche per cosa sarebbe potuto accadere se suo marito l'avesse scoperta. Era sposata da poco più di un anno con Agrippa, il grande — in ogni senso — Marco Agrippa, il generale e l'amico più fidato di Augusto, senza il quale non sarebbe riuscito a fare nulla, e ora come ricompensa aveva sposato la figlia. Avevano pure avuto un bambino da pochi mesi, un maschio, chiamato Gaio come il nonno, ed era la gioia di quasi tutta la famiglia. E ora Giulia si stava concedendo la libertà di incontrare altri uomini, scelti da lei come potevano essere solo gli amanti, e non i mariti. Sapeva di essere una pedina nei giochi di suo padre, questo lo aveva accettato, ma una volta fatto il suo dovere, cioè quello di garantire un erede maschio a suo marito e a suo padre, poteva avere il suo piacere. Febe le stava acconciando i capelli in uno dei modi che preferiva, non troppo elaborato, veloce da fare e da disfare quando sarebbe tornata a casa.
"Giulia, ti supplico, sii prudente..." la pregava l'ancella. "Dovrebbe fare più attenzione nel nascondere la vostra storia, e tu dovresti fare attenzione a stargli dietro." Stava per continuare, ma Giulia la fulminò con lo sguardo. "Non sono stupida, Febe, e nemmeno lui lo è. Stiamo solo giocando, cosa che non mi è concesso di fare con mio marito." disse sicura. "Però..." esitò, ma la sua padrona la interruppe ancora una volta. "Però cosa? Agrippa non farà niente, e nemmeno mio padre. Non sono così sprovveduta da farmi mettere incinta né da farmi scoprire, e lui non è un idiota, altrimenti non sarebbe mio amante. Ora, se devi continuare a fare questioni inutili dillo, così ti mando a dormire e sveglio un'altra delle mie ancelle." La povera Febe non poté più ribattere, e chinò il capo sconfitta. "In ogni caso, va bene così, posso andare." disse, e si alzò. "Fatti almeno accompagnare da qualcuno..." mormorò l'altra. "E da chi? Da te? Da un liberto? O forse da mio marito?" domandò ironica. "Meno gente lo sa e meglio è. Tu resta a sorvegliare che Agrippa non si svegli, e in caso digli che non voglio essere disturbata, o che sto male, o qualsiasi cosa, basta che stia lontano dalla mia stanza. Sono stata chiara?" Febe annuì, ma Giulia riuscì a capire che era ancora preoccupata dalla sua espressione, e le sorrise per rassicurarla. "Febe, mi aspetta a pochi passi da qui, e poi mi riporterà a casa. Non devi temere, non accadrà nulla." "Concedimi di essere comunque almeno un po' preoccupata per te..." "Torna a dormire, sarò tornata ancora prima dell'alba, e verrò personalmente a svegliarti, se lo preferisci." La giovane annuì nuovamente, e allora Giulia poté uscire, diretta al luogo in cui avevano fissato il loro incontro. Ancora non vedeva nessuno, dunque lo aspettò. Dopo pochi minuti, però, si sentì stringere da dietro, e spaventata si voltò per guardare in faccia il suo aggressore, ma sospirò sollevata quando vide che era proprio il suo amante.
"Sei un idiota, Iullo! Avrei potuto urlare, e ci avrebbero scoperti!" disse lei a bassa voce, guardandolo male. Lui ridacchiò impertinente, e la strinse ancora di più. "Mia cara Giulia, pare che ancora tu non mi conosca." le sussurrò all'orecchio, facendola rabbrividire. "Dove vorresti andare questa sera, mia adorata? In qualche giardino degno della tua bellezza? Ai Fori, dove potremo parlare del nostro amore davanti alla piazza vuota, o preferiresti altrove?" Era inutile negarlo, Iullo Antonio l'aveva stregata. E non erano solo le sue spalle larghe e le braccia possenti, i ricci scuri o gli occhi azzurri, che avevano comunque fatto egregiamente la loro parte, ma anche le sue parole. Nel tempo libero si dilettava con la poesia, ma i suoi temi non erano la grandezza di Roma o le gesta degli antenati di Augusto, preferiva piuttosto scrivere di altro, di altri dei.
"Devo fare velocemente, quindi sarebbe il caso di andare subito al letto, senza troppe premesse." rispose lei ridacchiando. Sentendo quelle parole, Iullo rise e la strinse più forte. "Non penso che riusciremmo a concludere nei tempi che preferisci in ogni caso, mia cara." ghignò sprezzantemente. "Dopotutto, non sono mica Agrippa."
"Suvvia, capiscilo, è un po' vecchio..." ridacchiò lei, con una punta di cattiveria."Troppo vecchio per essere tuo marito, ed è per questo che cerchi me, un uomo giovane e forte che ti possa rendere contenta."
"Sai bene anche tu che non ti cerco solo per essere soddisfatta carnalmente, mio caro Iullo, e mi dovresti conoscere abbastanza da sapere che da un uomo non cerco solo questo." Accarezzò il viso leggermente barbuto dell'amante e girò il volto verso il suo, rivolgendogli uno dei suoi sorrisetti furbi, che tutti amavano tanto.
"Bando alle ciance, mia amata; hai detto che preferiresti andare direttamente al letto, e così sarà. Io sono soltanto un tuo umile servitore..." Anche lui le rivolse uno dei suoi sorrisetti maliziosi, soprattutto perché sapeva che in quella relazione lei era sì padrona, ma anche schiava del suo amore; i ruoli sembravano essere in perfetto equilibrio.
I due dunque si diressero verso il campo dell'amorosa battaglia, battaglia che non vedeva mai un solo vincitore, ma in cui vincevano entrambi in egual misura. Alla fine di essa i loro corpi erano ancora avvinghiati, lei era quasi sopra di lui, intenta ad accarezzargli delicatamente la sua mano callosa, guardandola quasi come fosse stata un oggetto di inestimabile valore, e lui la osservava mentre le accarezzava i suoi boccoli biondi e la schiena coperta da essi. Entrambi rimasero in silenzio, dire qualsiasi cosa avrebbe rovinato quel momento surreale, e nessuno dei due voleva farlo. Sembrava che fossero fermi nel tempo, e sarebbero rimasti volentieri lì, stretti l'uno all'altra senza dire niente. Ma purtroppo il tempo non si era fermato solo per loro, e quando Giulia volse lo sguardo fuori dalla finestra socchiusa della stanza vide che il cielo iniziava a schiarirsi, e gli uccelli a cinguettare, e sospirò.
"Vai, mia adorata, non voglio che ti accada nulla di male. Manderò uno schiavo con te, affinché tu possa arrivare a casa tua sana e salva." le disse, senza però smettere di accarezzarle i capelli. Lei lo baciò delicatamente sulle labbra, e poi si alzò. "Più tardi ci rivedremo, non è vero?" domandò mentre si vestiva.
"Se tua cugina resta a casa di Ottavia sì." la osservò quasi meravigliato. "Altrimenti dovremo rimandare, ma non mancheranno mie notizie, stai certa..." Lei si avvicinò al letto per baciarlo un'ultima volta. "Allora a più tardi, mio amato."
E così se ne andava un'altra magnifica notte per Giulia.

giuls' diaryDove le storie prendono vita. Scoprilo ora