~Capitolo 8~

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Stephanie se ne stava seduta da sola in quella cucina troppo grande e maledettamente silenziosa, dondolando le gambe avanti e indietro.
Sentiva come un vuoto al centro dello stomaco, una sensazione difficile da descrivere ma molto dolorosa. Avrebbe pagato qualsiasi cifra per poter vedere Jessica anche solo cinque minuti e sfogarsi. In quel momento aveva proprio tanta voglia di urlare senza essere presa per matta e la sua amica l'avrebbe capita subito, ma ormai lei si trovava dall'altro lato dello stato e non poteva chiamare la rossa perché a quell'ora era occupata con il lavoro.
Si alzò dalla sedia lentamente e si guardò intorno, cercando qualcosa da fare, magari avrebbe potuto cucinare qualcosa per i ragazzi ma non sapeva se li avrebbe rivisti tutti a pranzo o se solo Ryan sarebbe tornato. Zac aveva una famiglia e gli altri due sicuramente avevano altro da fare, inoltre era ancora troppo presto per pensare al pranzo e poi... quella era casa loro.
Loro...
Le faceva uno strano effetto pensarlo, eppure ormai quella era anche casa sua, quella città era ormai anche la sua città, ma allora perché si sentiva un'estranea? Lei non era abituata ai battibecchi mattutini come quello che si era svolto in quella cucina solo pochi attimi prima, non era abituata a sedersi a tavola con tante persone che scherzavano e si punzecchiavano affettuosamente. Lei non era abituata alla famiglia e questa cosa faceva tremendamente male. Guardare ciò che lei non aveva mai avuto, e forse mai avrebbe avuto, era stato come ricevere una coltellata all'addome: straziante. Suo padre non aveva mai rivolto la parola a nessuno a tavola, salvo per un “buongiorno” e un “buonasera”, tutti pronunciati sempre con una fredda cortesia. Come se a tavola ci fosse un'estranea e non sua figlia. E quella mattina era stato tutto diverso, i posti a tavola occupati da persone dai sorriso gentili e calorosi, uniti dall'affetto reciproco e da quel legame familiare a lei così sconosciuto.
Si sentiva terribilmente inadeguata, fuori posto. Un'intrusa che non meritava di assistere a quelle scenette private e di comico affetto. In quella famiglia aveva lo stesso posto del cane. Si sentiva così, il piccolo cucciolo appena arrivato che tutti coccolano ma che presto verrà dimenticato. Sapeva che non era corretto nei confronti di quelle persone pensare certe cose, ma non riusciva proprio a credere o a pensare che potessero affezionarsi a lei in così poco tempo e senza nemmeno conoscerla a fondo.
Ryan l'aveva, in un certo senso, comprata perché le faceva pena e questo era anche peggio. Lei non voleva la pietà di nessuno, tanto meno gli aveva chiesto di sposarla perché suo padre era un uomo privo di qualsiasi emozione affettiva, la sua vita procedeva alla grande prima di tutto quello; aveva un lavoro che non le dispiaceva e... e cosa? Aveva solo il lavoro, a parte Jessica, e quando non lavorava si rinchiudeva per ore nella biblioteca privata del padre a leggere commoventi romanzi d'amore. Era patetica, tutta la sua vita lo era ed era sempre stato così. Le uniche persone importanti che aveva, o aveva avuto, erano Jessica e sua madre, che non avrebbe mai più rivisto.
Passeggiò avanti e indietro per la stanza, cercando di trattenere le lacrime e si concentrò sul paesaggio che si trovava fuori dalla finestra. Il cielo era grigio, segno che il mal tempo era ormai alle porte, e una leggera brezza faceva muovere le foglie ingiallite degli alberi. L'inverno si faceva sentire e la neve era sempre più vicina, chissà come sarebbe stata lì…
Si diede della stupida, la neve era sempre neve e uguale in qualunque posto cadesse.

La porta d'ingresso si aprì all'improvviso e lei sospirò dallo spavento.
«Sei ancora qui?» le chiese Tiffany entrando in cucina, nella mano sinistra sorreggeva un sacchetto di plastica e le sorrideva gentilmente.
«Sì, stavo pensando a come rendermi utile» le confessò sorridendole impacciatamente. Aveva il disperato bisogno di piangere e urlare, si sentiva scoppiare e non voleva farlo in presenza di nessuno, purtroppo avrebbe dovuto attendere che la cognata se ne andasse.
«Tranquilla, non devi preoccuparti di nulla. Metto a posto la spesa e ti porto a fare il giro del ranch, okay?»
La ragazza le fece l'occhiolino e ripose in fretta la spesa al suo posto, sembrava molto esperta di quella cucina mentre lei sicuramente non avrebbe trovato nemmeno una tazza.
Tiffany era davvero una ragazza graziosa, aveva un fisico snello e tonico, lunghi capelli neri e due vivaci occhi azzurri che le ricordavano quelli di Rachel.
«Hai già accompagnato Rachel a scuola?»
Si avvicinò al piano di lavoro in marmo e ne ammirò il bel color smeraldo, cucinare in quella cucina era sicuramente un piacere che non voleva lasciarsi scappare. Chissà se a Ryan sarebbe piaciuta la sua cucina, non se la cavava male ai fornelli ed era tutto merito di un corso che lei e Jessica avevano seguito per passare il tempo. In realtà era stata trascinata dall'amica, che ai fornelli era un disastro, e nemmeno quel corso era riuscito a rimediare.
«Sì, anche se oggi ha fatto un po' i capricci perché voleva restare tutto il giorno con te» ridacchiò la giovane donna, gettando via il sacchetto di plastica che aveva contenuto la spesa.
«È una bambina adorabile, se ti servisse una babysitter io sono sempre disponibile.»
Prendersi cura di Rachel l'avrebbe aiutata ad ambientarsi e a non sentirsi troppo sola, inoltre si era già affezionata a quella bambina ed era certa che non le avrebbe dato problemi.
«Sei davvero gentile Stephanie, credo che prenderò in considerazione la tua proposta, Rachie mi fa diventare matta a volte» sospirò la poveretta.
«E credo che tra qualche anno farà diventare matto anche il padre.»
Tiffany rise e annuì col capo. Già si immaginava Zac mentre cacciava via a calci chiunque gli chiedesse di uscire con sua figlia.
«Puoi dirlo forte, figurati che voleva fare un discorso ad un compagno di classe di Rachie. Il piccolo aveva condiviso un biscotto con lei e una volta tornata a casa si era messa a dire di volerlo sposare, non immagini la faccia di Zac!>> rise la donna, contagiando anche lei. In realtà immaginava eccome la faccia dell'adorabile cognato che assimilava con orrore la notizia di un possibile genero.
«Tu e Zac vi siete sposati giovani, come mai?» chiese all'improvviso cambiando discorso. Sperò di non essere stata troppo invadente, in fondo non erano cose che la riguardavano ma la curiosità aveva preso il sopravento.
La donna però non sembrò infastidita da quella domanda e iniziò a raccontare.
«Sono sempre stata innamorata di Zac, sin dall'asilo. Ovviamente per lui ero sempre stata invisibile, così anche al liceo. Un giorno venni qui con mio padre che voleva comprare un cavallo e sapeva che gli Ashbey avevano i migliori purosangue della nazione, mentre lui discuteva del prezzo dell'animale col padre dei ragazzi, io cominciai ad andare in giro per il ranch. Non mi resi conto del toro che mi veniva in contro fino a quando la voce di Zac non mi gridò di spostarmi, ma io ero impietrita e non riuscivo a muovermi, sarei finita in ospedale se lui non si fosse lanciato dal cavallo per farmi spostare. Alla fine il poveretto si ritrovò con un polso slogato, un toro che seminava distruzione per i campi e una diciannovenne tremante tra le braccia. Mi fece promettere di uscire con lui per farmi perdonare e ovviamente accettai. Un anno dopo ci sposammo e poi nacque Rachel, non finirò mai di ringraziare quel toro.» Tiffany sorrideva raggiante, si vedeva che era molto innamorata di suo marito e ovviamente lui la ricambiava appieno. Si sentì un po' gelosa nei suoi confronti, chissà come ci si sentiva ad essere amati così.
«È sempre stato così espansivo?» chiese ancora, cercando di non pensare alle cose che non avrebbe mai avuto. Forse sarebbe potuta risultare un po' invadente, ma era sicura che Tiffany non le avrebbe detto di farsi gli affari suoi.
«Sì, ma non con tutti, solo con le persone che gli sono simpatiche.»
Saperlo le fece stranamente piacere, Zac era espansivo con lei e questo significava che le era simpatica. Be', anche lui le era simpatico, anche se non gli aveva ancora perdonato la sua intrusione in camera e il risveglio alquanto strano.
«Su, andiamo a vedere cosa fanno gli uomini di casa» propose Tiffany, uscendo dalla cucina per indossare il suo cappotto, la sciarpa e i guanti. Faceva davvero così freddo da dover indossare i guanti? Per evitare di fare la figura della stupida ragazza di città, anche se lo era, chiese a Tiffany di aspettarla mentre saliva in camera a prendere delle cose.
Salì velocemente le scale ed entrò in camera, ricordandosi del regalo che le aveva fatto Maggie prima di partire. Quella donna era davvero il suo angelo salvatore. Prese il pacchetto rosso dalla valigia e ne tirò fuori un bellissimo cappello di lana viola con sciarpa e guanti abbinati. Sollevata, scese giù e trovò la cognata ad aspettarla proprio dove l'aveva lasciata.
«Pronta?» le chiese sorridendo.
«Prontissima» infilò il giubbotto e seguì la ragazza fuori casa.
Tiffany le fece visitare le scuderie e lei si innamorò subito di ogni singolo cavallo e si ripromise di chiedere a Ryan se poteva cavalcarne uno. Poi le fece vedere le stalle e alcuni piccoli vitellini che presto sarebbero diventati tori. C'erano davvero molti animali e sfamarli tutti di sicuro doveva costare molto, ma questo non era certo un problema per loro che navigavano in buone acque.
Soprattutto da quando il tuo caro maritino ha venduto le sue azioni per te, le ricordò maligna la vocina nella sua testa.
«Ora andiamo verso il confine a sud, se non ricordo male erano quelle staccionate che dovevano essere riparate» la informò Tiffany indicando una stradina in discesa, apparentemente infinita, circondata da alberi.
«Andremo a piedi?» chiese preoccupata. Il ranch era grande, almeno da quello che le aveva raccontato Ryan durante il viaggio in aereo, e di sicuro non erano quattro passi quelli che dovevano fare. Lei non era per nulla abituata a camminare e sarebbe morta prima di arrivare a destinazione.
«Sì, spero non ti dispiaccia fare quattro passi.»
La giovane donna sorrise timidamente, forse aveva notato il suo disagio e la sua faccia preoccupata.

«No, figurati, una passeggiata non potrà farmi che bene.>> Cercò di tranquillizzarla, e di tranquillizzarsi, non voleva passare per la classica ragazza di città che si spaventa anche solo vedendo una coccinella, anche perché lei le adorava quell'insetto.
«Posso chiederti una cosa?» chiese timidamente la ragazza al suo fianco.
«Certo, dimmi pure.»
«Ecco…» iniziò Tiffany, lasciando passare alcuni secondi prima di riprese la frase che aveva lasciato in sospeso. «Come vi siete conosciuti tu e Ryan?»
Quella domanda la colse alla sprovvista. Non sapeva del contratto? E di sicuro se non lo sapeva lei non lo sapevano nemmeno gli altri… Perché Ryan non gliel'aveva detto?
«Ryan non ve l'ha detto?» La sua voce uscì incrinata senza che potesse farci nulla, Tiffany non lo sapeva ma le aveva appena lanciato contro una bomba che non sapeva disinnescare.
«No, ci disse solo che stava per sposare una ragazza dolce e graziosa, ma senza aggiungere altro. E ci avvertì del fidanzamento solo due giorni prima del matrimonio.»
Solo due giorni prima...
Era davvero strano che Ryan avesse deciso di non raccontare tutto ai suoi familiari.
Cosa doveva dirle? Non era brava a mentire.
«Ci siamo incontrati alcuni giorno prima del matrimonio, mio padre mi ha barattato per le azioni di Ryan» decise di dire la verità, anche se avrebbe preferito raccontare che lei e il marito si erano conosciuti in un bar ed era subito scattata la scintilla, o qualcosa del genere.
«Oh… Stephanie, mi dispiace, non avrei dovuto chiedertelo.»
Tiffany aveva un'espressione mortificata e sorpresa. Molto sorpresa.
«Non è colpa tua, ma ti chiedo di non raccontare a nessuno questa storia, nemmeno a Zac.»
La ragazza annuì e ripresero a camminare in silenzio per alcuni minuti.
«Se posso permettermi», continuò la ragazza spezzando il silenzio. «Ryan è sempre stato contrario al matrimonio, o almeno non aveva intenzione di sposarsi entro i prossimi sette anni, quindi qualsiasi cosa sia successa tu devi averlo colpito o non avrebbe accettato di sposarsi per delle semplici azioni.»
Sì, la pietà, ecco cosa lo aveva colpito. Ma certi dettagli non valeva la pena raccontarli, vista la loro poca rilevanza in quella storia. Lei era stata venduta come merce di scambio al miglior offerente e questa era la vera storia.
«Chissà» scrollò le spalle pensierosa. Fantasticare su una motivazione romantica per il suo matrimonio non era di certo la cosa più sicura da fare, per lei e per i suoi nervi. E poi Ryan non l'aveva mai vista prima del matrimonio quindi non poteva averlo colpito in nessun modo.

***
«Siamo arrivate?» chiese per l'ennesima volta Stephanie, aveva le gambe in fiamme e i polmoni che bruciavano, non aveva mai camminato tanto in vita sua.
«Sì, manca poco» rispose Tiffany ridendo, doveva essere proprio comica.
«È quello che hai detto anche prima!» esclamò sfinita. Era stanca di camminare, voleva stendersi per terra e non muoversi più, al diavolo i ragazzi!
«Ma questa volta manca davvero poco.» Tiffany le si avvicinò e la prese sottobraccio. «Vuoi riposarti un po' o riesci ad andare avanti?»
Era a pezzi e le gambe la odiavano per averle costrette a quello sforzo, ma ormai doveva dimostrare a se stessa che poteva farcela.
«Posso andare avanti, tranquilla, ma spero che questa volta siamo davvero vicine.»
E poi, come faceva a capire se erano davvero arrivate o meno? Avevano camminato per mezz'ora eppure lei vedeva solo alberi e prati.
«Ti giuro, questa volta siamo davvero vicine, non potrei far soffrire oltre la mia adorata cognata, nonché unica donna con cui possa sfogarmi» iniziò a ridere, seguita dalla ragazza, nonostante i polmoni a pezzi era bello poter ancora ridere.
«Guarda! Eccoli là» esordì all'improvviso Tiffany, puntando con l'indice un punto indefinito davanti a loro.
Stephanie si morse il labbro, cercando di individuare Ryan e gli altri, dopo qualche minuto di ricerca inutile per quegli immensi prati verdi, vide delle figure in movimento in lontananza.
«Dobbiamo fare ancora tutta quella strada?» chiese ancora più esausta, notando la distanza che le separavano dai loro amorevoli, se così poteva dire lei, mariti.
«Dai, non è poi molto» sminuì l'altra, iniziando a incamminarsi fresca come una rosa, mentre lei era tutta sudata e con i capelli appiccicati alla fronte e alla nuca. Un vero reduce di guerra, a Ryan sarebbe venuto un colpo appena l'avrebbe vista. Forse avrebbe chiesto anche il divorzio e la cosa non era tanto male. Raggiunse in fretta Tiffany e ignorò il bruciore ai muscoli delle gambe, che diventava sempre più forte e doloroso.

***
«Allora Ryan, come vanno le cose con Phanie Phanie?» gli chiese Zac, passandogli dei chiodi.
Erano stati occupati tutta la mattina ad aggiustare le staccionate a sud del ranch, ormai erano vecchie e andavano cambiate invece che aggiustate, ma Ryan era ancora convinto che potessero servire.
«Vanno» rispose lapidario, inchiodando un altro pezzo di legno. Odiava parlare della sua vita privata in generale, anche con i suoi fratelli, figuriamoci della sua relazione con Stephanie, che “relazione” nemmeno si poteva definire.
«Scusa la domanda, ma come vi siete conosciuti?» s'intromise Jack, smettendo di lavorare per fissare il fratello con le braccia incrociate al petto.
«Vero! Non ci hai mai detto come vi siete conosciuti.» Zac diede un leggero colpo di gomito al fianco di Jack, ammiccandogli complice.
«Non credo sia importante sapere come ci siamo conosciuti» sviò, cercando di evitare la domanda. Non poteva certo dire la verità, almeno per Stephanie, non sarebbe stato giusto nei suoi confronti. Era per questo che non aveva raccontato nulla ai suoi fratelli, per la ragazza sarebbe stata di certo un'umiliazione che anche loro venissero a sapere le condizioni su cui si era svolto il matrimonio.
«Invece sì, vogliamo sapere come la nostra Phanie ti ha fatto innamorare e convinto a sposarla, visto che dopo quella cosa non volevi nemmeno sentir parlare di matrimonio» continuò più serio Zac, sedendosi su un masso. Un chiaro segno che aveva smesso di lavorare, almeno fino a quando il fratello non avrebbe sputato il rospo. Qualcosa puzzava, e per la prima volta non erano i suoi calzini, non si comportavano come due persone innamorate e appena sposate. Sicuramente lui era attratto da Stephanie, ma lei era troppo ingenua per accorgersene, e poi non era da Ryan nascondere qualcosa di così poca importanza. Certo, non amava raccontare della sua vita privata, non dopo ciò che era successo anni prima... Ma a loro non aveva mai nascosto nulla e questo lo rendeva ancora più curioso.
«No comment, e ora a lavorare invece di ficcare il naso nel mio matrimonio» li rimproverò Ryan, minacciandoli col martello. Era abituato all'invasione della privacy da parte dei suoi fratelli e sapeva che non si sarebbero arresi facilmente.
«Tu invece sembri uno che non ficca un'altra cosa da molto tempo, matrimonio infelice?»
Ovviamente mancava la battuta priva di spirito da parte di Jack.
«E tu invece lo fai anche troppo, inizi a pensare con gli amici in basso invece che con il cervello, troppo moto ti ha bruciato i neuroni» continuò a martellare, ignorando Zac che rideva e Jack che borbottava qualcosa sull'essere virili anziché intelligenti.
«Salve uomini!»
Tutti e tre alzarono il capo al suono di quella familiare voce femminile. Tiffany salutò il marito con un veloce bacio sulla guancia, dietro di lei c'era Stephanie con le guance rosse e il viso sudato.
«Phanie Phanie! Hai la febbre?» si preoccupò il terzo dei fratelli.
In effetti la ragazza aveva un aspetto preoccupante.
«No, sono solo sudata» rispose affannata, puntando lo sguardo verso Ryan.
Quest'ultimo la fissò di rimando, anche con le guance rosse e il viso sudato, lui la trovava pericolosamente bella e questo era un male. Doveva ricordarsi che l'aveva sposata per allontanarla dal padre, non per approfittarsi di lei.
«Siete venute fin qui a piedi?» chiese, fissando la cognata con aria scettica. Tiffany era sicuramente in grado di camminare così a lungo, ma Stephanie non ci era ancora abituata.
«Sì, siamo venute a piedi e Steph è stata bravissima» gli rispose lei, staccandosi dal marito.
«Sì, ma non è abituata a camminare così a lungo e poi è anche sudata e con questo freddo potrebbe prendersi un raffreddore, la riporterò indietro con il pick-up.»
Il suo tono non ammetteva nessuna replica, perciò si stupì quando la vocina di Stephanie si oppose.
«No, grazie. Credo di poter tornare indietro senza avere un attacco di cuore, in fondo sono ancora giovane e devo iniziare ad abituarmi alla routine di questo posto. E poi, se sono arrivata fin qui posso anche tornare indietro, ti pare?» gli fece notare lei, sorridendo. All'apparenza poteva sembrare un sorriso innocente ma lui aveva notato il lampo di sfida che aveva attraversato i suoi occhi per un secondo.
Il carattere ribelle che aveva sempre tenuto a freno si stava liberando e lui non poteva che esserne felice, non voleva una bambolina programmata per ubbidire e Stephanie a quanto pare aveva del carattere.
«Come vuoi, ma stasera non venire a lamentarti se le gambe ti faranno male» l'avvertì apparentemente annoiato.
«Non preoccuparti, saranno affari miei se le gambe mi faranno male.»
In realtà le facevano già male, ma Stephanie non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla dolorante.
«Bene» si limitò a dire lui.
«Bene» gli fece eco lei, prima di allontanarsi e continuare il giro insieme a Tiffany.
Doveva far uscire fuori la Stephanie impulsiva e ribelle, con qualunque mezzo, ormai per Ryan era di vitale importanza.
Ci sarebbe riuscito.
All'apparenza poteva anche sembrare la classica ragazza ricca che aveva paura di tagliarsi un'unghia, ma lui sapeva che non era così e il motivo per cui lei si ostinava a controllarsi gli era completamente incomprensibile.
Di sicuro c'entrava il padre, avrebbe scommesso il ranch, quindi toccava lui rompere l'involucro della fredda e controllata Stephanie e far uscire fuori quella impulsiva e passionale. E l'avrebbe fatto con piacere, per tutte e due.

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