~Capitolo 3~

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Erano ancora tutti seduti a tavola, nonostante avessero appena finito il dolce. Erick e Ryan discutevano di lavoro mentre Jessica e Stephanie bisbigliavano tra di loro, lanciando di tanto in tanto sguardi furtivi all’ospite.

«Allora che te ne pare?» chiese la mora alla rossa mentre torturava il fazzoletto di stoffa tra le dita, lasciandovi sopra pieghe evidenti del maltrattamento.

«Di aspetto è dannatamente sexy, ma non dobbiamo farci ingannare!» enfatizzò la frase con un pugno sul tavolo, che fece voltare allarmati i due uomini.

«Che succede?» chiese Erick, sorpreso.

«Nulla, stavamo parlando di lavoro.»
Stephanie accompagnò quella frase con un gesto annoiato della mano, sentendosi arrossire per la vergogna. Diede un pizzicotto sulla gamba dell'amica facendola sobbalzare e gemere di dolore.

«A proposito di lavoro, Stephanie, non so di cosa ti occupi.»
Ryan la fissò intensamente subito dopo aver pronunciato quella frase e si portò il bicchiere di vino alle labbra.
Deglutì un paio di volte, sentendo di nuovo la gola improvvisamente secca, e desiderò anche lei un sorso di vino, nonostante fosse astemia.

«Nulla di particolare, lavoro come fotografa per una rivista di moda» trovò il coraggio di rispondere.
Prese il bicchiere d'acqua e ne bevve velocemente un sorso, trovando solo un po' del sollievo sperato per la sua gola.

«Quindi ti piace la fotografia?»
Ryan mise da parte il bicchiere e la fissò sinceramente interessato e questo la stupì. Non credeva che a qualcuno, soprattutto agli uomini come suo padre, interessasse il lavoro di una fotografa, o il suo lavoro in generale.

«Sì, anche se avrei preferito fotografare paesaggi, persone nei momenti di vita quotidiana... ma non posso lamentarmi.»
Per la prima volta in tutta la serata, sorrise timidamente all'uomo. Era grata per l'interesse mostrato, che fosse sincero come appariva o meno, almeno non l'aveva liquidata etichettandola come troppo noiosa e cambiato discorso con uno sulla finanza. Di cui non ne poteva più.

«Nel Wyoming ci sono molte cose belle da fotografare, la natura è parte della tua vita e nonostante tu cresca con quei paesaggi, non puoi fare a meno di rimanere senza fiato ogni volta che li vedi. Sono certo che ti piacerebbero.»
Stephanie si rabbuiò alla frase di Ryan. Averlo visto interessato al suo lavoro l’aveva lasciata così stupita che si era quasi dimenticata del matrimonio e del perché lui era lì; quella frase la fece scontrare di nuovo con la dura realtà. Anzi, sembrava quasi che lui la stesse invitando a partire immediatamente per Buffalo, e questo non le faceva di certo piacere, ma era solo un suo sospetto.

«Sono sicuro che mia figlia apprezzerà i suggestivi paesaggi che può offrire la natura del posto e magari trovare l'ispirazione per le sue foto» s'intromise suo padre nel discorso, proprio lui che l'aveva sempre criticata per il proprio lavoro, dicendole sempre che il suo posto era davanti alla macchina fotografica di qualche paparazzo e non dietro all'obiettivo a fotografare ragazzine viziate e mezze nude. Per fortuna lei non lavorava per Playboy.

«Già» si limitò ad annuire rigida, non era abituata a tutta quella falsità. Non era abituata, preparata, all’uomo che era suo padre quando stava chiudendo un buon affare. Sentiva che la cena le stava risalendo ed ingoiò un paio di volte per mandare giù l'acidità che sentiva in gola.

«Allora Ryan, ho saputo che hai anche un ranch. Di cosa ti occupi esattamente? Allevamento o agricoltura?»
Questa volta fu Jessica aprire bocca, per la prima volta nel corso di quella conversazione, e Stephanie rimase sorpresa dalla sua domanda. Lei era l'unica ignorante a credere che i ranch si occupassero solo dell'allevamento dei cavalli o dei tori?

«Sì, ho un ranch insieme ai miei fratelli e ci occupiamo dell'allevamento di vari animali, tra cui cavalli e tori, che poi vendiamo per le corse o la monta» confermò l'uomo e lei lo vide illuminarsi mentre parlava, fiero, del suo lavoro e della propria casa.

«Tori? Ma non sono pericolosi?»
Jessica alzò la voce dallo stupore e Stephanie dovette reprimere una risata. Sicuramente del discorso la ragazza aveva capito solo dei tori, ne era fissata ma anche spaventata e lei non aveva mai capito il perché. Era certa che tutto dipendesse da qualcosa successa nella sua infanzia, ma non aveva mai voluto indagare oltre.

«Sì, sono delle bombe pronte ad esplodere, ma sappiamo come tenerli a bada» disse Ryan con un scrollata di spalle, come se fosse una cosa di tutti i giorni, ed effettivamente per lui era proprio così. Lei avrebbe avuto paura solo a guardarlo un toro, lui invece li allevava e di sicuro aveva avuto i suoi problemi con quegli animali prima di imparare come interagire con loro.

Maggie portò via gli ultimi piatti rimasti e le sorrise dolcemente, in un chiaro gesto di incoraggiamento.

«Il cibo era ottimo come sempre, Maggie» si complimentò Stephanie.
«Mi fa piacere che ti sia piaciuto, pulcino.»
La cuoca le strizzò l'occhio e abbandonò in fretta la sala da pranzo, strappandole un sorriso divertito.

«Che ne dite di spostarci tutti in salotto?» chiese suo padre, alzandosi per avviarsi nel soggiorno senza aspettare nessuna risposta positiva o negativa, la sua parola era legge e quella non una domanda, anche se stata formulata come tale.

Tutti gli altri lo seguirono in silenzio e le due ragazze si sedettero sul divano, mentre i due uomini sulle poltroni accanto.

«Jessica, che ne diresti di accompagnare Stephanie a vedere degli abiti da sposa, domani?» propose suo padre alla rossa, interrompendo il silenzio che era caduto su di loro e facendola gelare sul comodo divano, mentre sentiva l'ormai familiare ondata di panico invaderla.

Perché doveva già provare degli abiti da sposa? Non era troppo presto? E poi chi gli garantiva che quel matrimonio ci sarebbe stato? Be', conoscendo suo padre, sicuramente voleva vedere quell'affare concludersi il prima possibile e non immaginava minimamente che la figlia potesse opporvisi o sollevare qualche obiezione.

«Certo, Signor Blackman. Tu sei d'accordo Steph?»
L'amica guardò preoccupata la ragazza, l'unica che si era degnata di sapere cosa ne pensasse e chiedere il suo parere. Riluttante, si ritrovò ad annuire. Non voleva fare una scenata in quel momento, sentiva di non esserne fisicamente in grado, tutta la sua forza le sembrava svanita.

«Sono sicuro che mia figlia sarà una moglie fantastica, è una ragazza dolce ed affettuosa» continuò suo padre, come se stesse esponendo una merce di cui voleva sbarazzarsi al più presto. Si sentiva come un'animale alla mostra mentre suo padre elencava i suoi pregi.

«Non ne dubito» rispose semplicemente il futuro sposo, abbozzando un sorriso enigmatico su quelle labbra seducenti. Avrebbe dovuto sentirsi offesa o ignorare quel gesto?

Incapace di restare un minuto in più in quella stanza, si schiarì la voce per richiamare l'attenzione su di sé.
«Scusate, non mi sento troppo bene, vado a prendere una boccata d'aria.»
Stephanie si alzò velocemente e scappò a grandi passi nel giardino sul retro. Aveva bisogno veramente di cambiare aria, le girava la testa dalla nausea e dalla disperazione, c'era un modo per evitare tutto quello? Certo. Allora perché non mandava al diavolo suo padre e faceva valere i suoi diritti? Anche la legge era dalla sua parte.
Si accomodò su di una panchina vicino alla fontana a cascata, che faceva bella mostra di sé al centro del giardino, e guardò i pesci rossi nuotare nella vasca più grande. Ebbe grande pena per loro perché in gabbia, anche se ci erano cresciuti in quell'ambiente. Anche lei era cresciuta in una gabbia, una dorata ma asettica, dai colori caldi ma fredda. In momenti come quelli le mancava sua madre, di sicuro non avrebbe mai permesso una cosa del genere e lei non avrebbe mai dovuto recitare la parte della figlia ubbidiente e accondiscendente. Anche se lo era. Era una codarda, incapace di dire la propria o di far valere un suo normale diritto.

«Lo sapete di essere apparentemente liberi, vero?» chiese ai pesci rossi che nuotavano calmi come al solito. Sorrise senza felicità, dandosi della stupida. Ora iniziava anche a parlare con i pesci, spostò un po' d'acqua col dito, disturbando e facendo scappare tutti i pesciolini. Sospirò e si tolse quelle dannate scarpe, massaggiandosi le caviglie doloranti. Quanto odiava i tacchi! Le piaceva solo fissarli in vetrina o ai piedi di altre donne, ma non averli ai propri.
«Stephanie! Ti senti bene.»
La ragazza prese un colpo e alzò lo sguardo vedendo Ryan avvicinarsi e sedersi accanto a lei. Cosa voleva quel tipo? Perché l'aveva seguita in giardino? Aveva per caso cattive intenzioni?
Okay, Stephanie, calmati. Stai esagerando, si rimproverò. In effetti era vero, quell'uomo non avrebbe comunque potuto farle del male visto le telecamere che sorvegliavano quel giardino e l'intera villa.

«Sì, sto bene» mormorò tesa, nonostante la videosorveglianza non riusciva lo stesso a stare tranquilla.

«Ho la strana sensazione che tu non sia d'accordo con questo matrimonio.»
La voce di Ryan era ironica, la sua non era una supposizione ma la verità, e lo sapeva.
Non sapeva cosa dire, si sentiva in imbarazzo e non ne aveva nessun motivo anzi, magari lui l'avrebbe potuta aiutare a uscire da quel pasticcio. O forse no... non doveva dimenticarsi che erano stati lui e suo padre a decidere tutto.

«Una sensazione giusta. Mio padre mi ha avvertito di questa... “decisione”», virgolettò la parola con le dita «soltanto ieri, quindi non ho avuto il modo di abituarmi all'idea o accettarla» finì stizzita, senza riuscire a evitarlo, e ricalzò con furia le scarpe per poter scappare da lì.

«Davvero?»
L'uomo la guardò sorpreso, inarcando il sopracciglio destro come se non la credesse, cosa che la fece indignare di più.

«Sì, mio padre mi ha gentilmente informato che tra qualche settimana ci saremmo sposati, in modo da poter fondere le compagnie, soltanto ventiquattro ore fa» gli rispose, fissandolo dritto negli occhi, facendo appello a tutto il suo coraggio per non scappare dentro e chiudersi in camera come una bambina impaurita. Gli occhi dell'uomo la trafiggevo indagatori e la facevano sentire quasi nuda.

«Tuo padre ti ha detto una mezza verità» sussurrò dopo qualche secondo Ryan, distogliendo il suo sguardo da lei per puntarlo su un punto indefinito del giardino, come se stesse rivivendo un ricordo.

«Cosa? Che intendi?» chiese sempre più agitata, sentendo lo stomaco contrarsi dalla preoccupazione. Cosa le aveva nascosto ancora quel fanatico di suo padre?

«In verità tuo padre voleva comprare la mia parte di azioni, visto che in famiglia sono quello che ne possiede di più, ma era in competizione con altri squali. Poi, parlando del più e del meno, gli ho confidato di non aver ancora una moglie e che ormai volevo trovarne una per mandare avanti il ranch. Allora lui mi disse di avere una figlia molto bella che non si era ancora fidanzata e che ormai, vista la tua età, avevi perso le speranze di avere una famigli e che ne desideravi una. Mi ha proposto un matrimonio con te, assicurandomi che saresti stata d’accordo, e in cambio gli avrei venduto tutte le mie azioni. Ho accettato e abbiamo firmato anche un contratto, era talmente sicuro di sé che ha aggiunto che se ti fossi rifiutata la sua azienda sarebbe stata mia. Forse avrebbe giocato questa carta come ultima scusa per convincerti.»
L'uomo terminò il suo racconto e riportò lo sguardo su di lei, aspettando la sua reazione.
Stephanie gelò sul posto, incredula, ferita e arrabbiata più di prima. Non c'era mai stata nessuna fusione tra le due aziende! Suo padre l'aveva trattata come una merce di scambio per guadagnarsi le azioni di Ryan.

«So che sei sconvolta ed è per questo che ho accettato il matrimonio, sentire tuo padre parlare di te come fossi un oggetto mi ha irritato molto. Mi sono chiesto come potesse un padre trattare così la propria figlia, quindi ho accettato per portarti via da lui, da un uomo del genere. Anche se non sapevo com'eri fatta, sentivo che quell'uomo non ti meritava» le rivelò ancora l'uomo, lasciandola più sorpresa di prima. Quindi aveva accettato per pietà nei suoi confronti o era tutto uno stratagemma per farla ammorbidire? Ad ogni modo non si era mai sentita più umiliata come in quel momento.

Le lacrime presero a percorrerle le guance senza poter far nulla per fermarle. «Mio padre non è mai stato molto presente sin da quando ero bambina, solo la mamma mi riempiva di attenzioni e mi viziava. Dopo la sua morte, non riuscivo a riprendermi, avevo solo dieci anni e la cercavo tutte le notti pregando al mio risveglio che fosse stato tutto un brutto sogno. È stato grazie a Maggie se sono riuscita a superare quel momento, mi ha cresciuta come una figlia e la considero un po' una seconda mamma» si asciugò le lacrime, stupita di aver raccontato a Ryan quella storia, senza nessun motivo. Sapeva solo che all'improvviso aveva provato questa forte voglia di sfogarsi e la sua bocca si era aperta prima che il cervello collegasse.
«Come mai hai deciso di vendere le tue azioni?» chiese subito dopo, per cambiare discorso.
«Preferisco occuparmi degli animali che dell'azienda petrolifera, restare chiuso in ufficio tutto il giorno mi deprime. I miei fratelli non erano molto d'accordo all'inizio, ma alla fine hanno capito. E visto che nessuno di loro voleva la mia parte di azioni, mi è sembrato più ragionevole venderle.»
Sul volto di Ryan c'era un sorriso dolce e caldo, sicuramente destinato alla sua famiglia, e Stephanie rimase a fissarlo per troppo tempo, chiedendosi cosa si provasse a essere la destinataria di un sorriso così.

«Ho detto qualcosa di strano?»
Le chiese preoccupato Ryan, fraintendendo la sua espressione.

Avvampò come una scolaretta e distolse lo sguardo dall'uomo, puntandolo sui cespugli di rose poco più lontano.
«N... no, scusa, stavo pensando alle tue parole. È molto bello che la tua famiglia abbia accettato la tua decisione.» Si spostò i capelli sulla spalla. «Vai d'accordo con i tuoi fratelli, giusto?»
Ovvio idiota, se ti ha appena detto che hanno accettato la sua decisione...

«Sì, a volte non ci sopportiamo e non possiamo stare tutti insieme nella stessa stanza, ma tra fratelli è sempre così. Inoltre sono anche il maggiore e loro mi considerano un orso brontolone perché mi preoccupo per loro, quindi discutiamo spesso, ma siamo molto uniti» Ryan ridacchiò, contagiando senza volerlo anche Stephanie.

«Sembra bello, avere dei fratelli» sospirò malinconica, lei li aveva sempre desiderati, soprattutto dopo la scomparsa della madre, quando si sentiva l'unico essere sulla terra e avrebbe pagato qualsiasi cifra per un po' di compagnia.

«Una volta conosciuti, vorrai soltanto ammazzarli, credimi» le disse lui con un sorrisino divertito sulle labbra che tradiva la sua espressione seria.

La ragazza rise e tremò per l'aria gelida che l'investì all'improvviso.

«Entriamo dentro Stephanie, morirai di ipotermia se rimani fuori. Pensa che a Buffalo fa anche più freddo.» Ryan le mise la sua giacca sulle spalle e le sfregò gentilmente le braccia con le mani per darle un po’ di calore.

«Questo dovrebbe confortarmi?» chiese preoccupata, tentando di non arrossire al gesto di lui. Lei adorava la neve, ma un po' meno il freddo, e sapere che il Wyoming era ancora più gelido in quella stagione non la confrontava per nulla.

«In un certo senso» ridacchiò Ryan riaccompagnandola dentro casa.

Rientrarono in salotto e Jessica si fiondò sulla sua amica, con uno sguardo preoccupato e curioso. Sicuramente si stava chiedendo cos'avessero fatto fuori e avrebbe preteso un resoconto dettagliato.

«Steph! Mio Dio, sei gelata!» esclamò l'amica, quando le afferrò il braccio per portarla in un posto più appartato. La rossa cercò di scaldarla, sfregando le mani sulle sue braccia, esattamente come aveva fatto Ryan poco prima.
«Vieni, andiamo a scaldarci davanti al fuoco.» La trascinò accanto al camino, incurante delle sue proteste.

«Sto bene, Jess.» Si inginocchiò di fronte al focolare, togliendosi a malincuore la giaccia di Ryan dalle spalle.

«Domani mi racconti tutto ciò che vi siete detti, non sperare di sfuggirmi» le sussurrò minacciosa Jessica, avvicinandosi di più a lei per non farsi sentire dai due uomini che stavano parlando disinvolti sul divano.

«Non ci avrei nemmeno provato, a sfuggirti, soprattutto perché ti conosco.» Stephanie rise e sospirò fingendosi esasperata. La sua amica non sarebbe mai cambiata e forse era anche per questo che l'adorava, sarebbe sempre rimasta la stessa, senza cambiare atteggiamento per comodità.

«Bene, domani ti voglio sveglia e pronta per le nove, intese?»
La mora si voltò di scatto, fissando in modo interrogativo l'amica.

«Perché?» chiese stupita e preoccupata.

«Perché domani dobbiamo scegliere il tuo abito da sposa, ricordi?» Jessica le lanciò un'occhiataccia truce, scuotendo il capo rassegnata.

«Oh, giusto… Me n'ero dimenticata.»
Si mordicchiò il labbro, per nulla felice. Il doloroso e fastidioso nodo allo stomaco di quei giorni ritornò prepotente, ricordandole che non aveva alternative. Non voleva andare in un negozio di abiti da sposa né sceglierne uno, in quel caso le sarebbe sembrato tutto reale e non un brutto sogno, e non era ancora pronta per quello.

«Stephanie? Vieni a salutare il signor Ashbey, sta per ritornare a Buffalo per alcuni giorni.»
Suo padre si avvicinò a lei e a Jessica, facendo loro cenno di alzarsi. Stephanie annuì e lasciò il caldo posto vicino al camino per avvicinandosi all’uomo.

«Mi dispiace dover già andare via, ma al ranch chiedono la mia presenza quindi potremmo vederci solo al matrimonio.»
Il sorriso di scuse che vide sul suo viso la fece irritare ma non si chiese il perché né gli ricordò che non era ancora detta l’ultima parola. Ryan avvicinò il viso al suo e le diede un bacio sulla guancia, il gesto la spiazzò e s'impose di non arrossire.

«Arrivederci, Ryan» gracchiò ancora sorpresa, riuscendo solo ad agitare la mano come una bambina, troppo sconvolta per fare o dire altro. L'uomo salutò Jessica stringendole la mano e si avviò verso l'ingresso, accompagnato da suo padre.

«Almeno lui mi ha calcolata, non come tuo padre. Ha per caso qualcosa contro le persone che non sono miliardarie?» chiese ironicamente la rossa, non sapendo di aver fatto centro.

Aprì la bocca per scusarsi quando suo padre rientrò in salotto.

«Ragazze, scusatemi ma sono molto stanco, credo che andrò a dormire. Notte.» annunciò il padrone di casa, salutando le due con un cenno del capo. Le ragazze lo seguirono con gli occhi e non appena l'uomo sparì nella propria camera, tirarono un sospiro di sollievo.

«Dormi qui?» Si voltò verso Jessica, aspettando la sua risposta mentre pregava che la ragazza accettasse. Dopo averci pensato su per un po', la rossa le sorrise e annuì.

Sposa per contrattoWhere stories live. Discover now