15. Un bel giorno di stage

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I giorni iniziarono a scivolare via non visti

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I giorni iniziarono a scivolare via non visti. 

Un mese mi era sembrato così lungo, eppure l'ultima settimana di stage si presentò senza che me ne accorgessi.

Il lavoro occupava la mia mente tutto il giorno, e Gioele la occupava per tutta la notte.

Cesare era soddisfatto di me; dopo la prima settimana mi affidò qualche piccola preparazione senza supervisione. Bianca ne era leggermente invidiosa; a quanto pare, quando lei era stata stagista lì dentro, il suo capo-partita non l'aveva mollata un secondo.

Di tanto in tanto, lo chef passava per la pasticceria, borbottava un po' con Cesare, poi veniva ad ispezionare il lavoro mio e di Bianca. Non diceva mai nulla a nessuno dei due, guardava e basta.

Lo chef Ettore Bernardi era un uomo posato e taciturno. 

Lo stereotipo dello chef che sbraita ai suoi cuochi come fossero i suoi schiavi, non è proprio accurato. O meglio, quei posti esistono, ma non durano a lungo. Lo chef è il capitano della nave. Se il capitano inizia ad urlare e creare il panico significa che ha perso il controllo. Invece, un bravo chef sa stare da parte, sa intervenire solo quando è necessario e sa lasciare che la sua brigata si muova come gli ingranaggi perfettamente incastrati di una macchina.

La macchina del Barone sarebbe stata pura efficienza se non fosse stato per il piccolo granello di polvere che era Gioele. 

Oh, rispetto ai primi giorni aveva trovato i suoi spazi e i suoi ritmi, ma sembrava comunque che dovesse combinare almeno un disastro al giorno per poter andare a letto sereno.

Per questo, una sera in cui aveva passato l'intero servizio senza far giungere gli strilli di Michela fino alla pasticceria, mi aspettavo di vederlo apparire dalle scale da un momento all'altro in cerca di aiuto per il suo dilemma giornaliero.

Stavo igienizzando i tavoli della pasticceria quando lo vidi passare lungo il corridoio. Non stava venendo verso di me, stava camminando tranquillo dritto in avanti.

Un'intera giornata senza problemi, pensai con uno strano senso di orgoglio, prima di notare che cosa avesse tra le mani. All'inizio lo registrai come un pomodoro, ma quando realizzai che quello che stava cullando nella mano era, in verità, la sua altra mano, saltai all'aria rovesciando l'acqua della ciotola piena di igienizzante.

"Ah, scusa!" Gridai a Bianca correndo fuori dalla pasticceria. "Lo pulisco dopo!"

Gioele aveva già superato la mia porta e stava continuando a camminare avanti.

"GIO!"

Lui si girò e fece: "Mi sono tagliato. Mi serve un cerotto."

"Lo vedo che ti sei tagliato! Stai gocciolando sangue dappertutto!"

"Oh!" Gio guardò le macchioline che aveva lasciato sulle scale. "Ops, non me n'ero accorto."

"Fammi vedere!" Lo presi per il polso e sollevai piano la sua mano. Non riuscivo nemmeno a capire dove fosse il taglio, era tutto coperto di sangue, stavo per dare seriamente di matto.

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