Il giorno successivo incontrai Noah e Tara all'ingresso dell'Accademia e scambiai con loro qualche parola. Nessuno studente mi rivolse sguardi crudeli, ognuno se ne stava per i fatti suoi. A pranzo, mi sedetti con loro al tavolo sotto la quercia. Stavo cominciando ad ambientarmi. Fu proprio in quel momento, quando ero quasi a mio agio, che mi arrivò una pugnalata dritta in petto. Sylvia giganteggiava su di me, puntandomi un dito contro.
-Tu!- esclamò con voce tonante, -Chi diamine sei, si può sapere?
Rimasi pietrificata, come se quelle parole le avesse rivolte a qualcun altro. Tara e Noah osservavano la scena in silenzio.
-Sono Julia- dissi piano, -Julia Aquilia Severa.
Non appena finii di pronunciare il mio nome, i suoi occhi si rabbuiarono come se le avessi dato una terribile notizia. Poi, il suo voltò si aprì in un sorriso che a prima vista poteva sembrare sincero e, con un tono esageratamente felice, disse, -Congratulazioni, qualcuno ha chiesto al Consiglio di ospitarti qui in Accademia.
Impossibile, pensai. Non avevo ricevuto alcun invito, come poteva essere? Se ne andò con passo deciso sui suoi tacchi a spillo, lasciandomi con un senso di vuoto dentro.
-Ehi, complimenti!- disse Noah.
-Ora diverrai come loro- aggiunse Tara.
Ero esterrefatta. Una parte di me desiderava credere a quella notizia ma l'altra ne era orripilata. Com'era possibile che da un giorno all'altro qualcuno avesse deciso di farmi alloggiare lì in Accademia? La cosa più terribile fu quando entrai nell'aula di pittura; mi diressi verso lo stesso posto del giorno prima e mi accorsi che la mia tela era stata danneggiata. Qualcuno doveva aver squagliato la tempera con l'accendino. Al posto del tempio, della luna e del bambino c'erano lunghe colate di colore che aggredivano la tela come tentacoli. Sylvia non si era presentata a lezione.
Diverse emozioni mi assalirono, la prima fu la rabbia. Chi poteva aver fatto una cosa simile? Per quale ragione? Mi sentii atterrita. Tutta quella pace, quella serenità erano state spazzate via da qualcuno che si era già adoperato per il mio fallimento. Notai che la tela di Sylvia mancava, strinsi i pugni. Doveva essere stata lei, per forza. Non conoscevo le sue intenzioni, ma non mi importava, ero abituata a persone che si comportavano male. Quello che, invece, non riuscivo ancora a comprendere, era ciò che era successo il giorno prima con il professore. Fin dal risveglio era stato con me un pensiero nitido e infelice che ora stava creando scompiglio nel mio petto. Chi era il bambino che avevo visto? Perché il professore era rimasto così sconvolto? In quel momento, l'insegnante entrò in aula. Indossava una camicia nera con dei bottoni dorati e una cinta borchiata in vita. A differenza del giorno prima, sembrava più stanco, come se non avesse chiuso occhio.
Quando l'ultimo studente entrò in aula, tutti ripresero a dipingere da dove erano rimasti. Non sapevo che fare. Cercai con lo sguardo il professore che, però, pareva volutamente evitarmi. Decisi di ricominciare a lavorare sulla tela rovinata. Presi del bianco per rischiarare le luci e del nero per ridefinire i contorni. Più dipingevo e più sembrava che la tela si trasformasse, generando nuove figure. Al termine della lezione, una volta aggiunti più dettagli, mi fermai soddisfatta. Ciò che avevo visto era lì, ma come sfocato, come se qualcuno lo stesse osservando attraverso un caleidoscopio. Aveva qualcosa di magico. Attraversai in fretta l'aula prima che gli altri si alzassero e mi assicurai che nel corridoio non ci fosse Sylvia ad aspettarmi. Mentre camminavo con le cuffie nelle orecchie, qualcuno mi afferrò il braccio. Mi voltai e riconobbi il volto del professore.
-Ehi- disse lui.
-Ahi!- esclamai.
-Perdonami, volevo parlarti.
STAI LEGGENDO
L'Accademia - Vestales
Fantasy"In quel momento desiderai che fossimo solo due ragazzi normali. Sapevo che i desideri erano storie da raccontare ai bambini. La realtà era un'altra e non aveva nulla a che fare con le favole. La realtà era piena di dolore e se non la avessi affront...