22. Il Santa Marta

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«Come si chiama l'orfanotrofio?» chiese Giacomo mentre sterzava verso la via principale.

«Santa Marta. Vuoi che chieda al navigatore?» chiese Betta.

«No, ho capito qual è. Parecchio tempo fa ho accompagnato Alex in quel posto.»

La ragazza scostò le gambe per potersi posizionare al centro e adagiò le braccia tra i sedili anteriori.
«Da quanto lui fa volontariato in quest'orfanotrofio?» chiese ad Amanda.

«Credo da almeno due anni. Mi è sempre sembrato strano. In effetti all'apparenza dà la sensazione che sia freddo e distaccato, ma già da questo particolare ho nutrito dei dubbi.»

Betta si lasciò andare indietro sullo schienale. Sospirò e rimase in silenzio. Rifletteva per poi, ogni tanto, osservare al di fuori dal finestrino.

«Rallenta... Rallenta!» ordinò e sporse il viso dall'auto.

Amanda voltò di scatto la testa verso l'amica per capire cosa stesse succedendo, poi seguì la direzione del suo sguardo..

«Cazzo! È Moira...» esclamò.

La sorellastra era ferma davanti a un edificio. Era evidente che stava piangendo con le mani serrate sul viso. Elisa era con lei e cercava di calmarla. Tentava di abbracciarla, ma veniva respinta dalla rossa, particolarmente provata e nervosa.

«Fermati un attimo...» ordinò Betta storcendo il collo per non perdere la visuale.

«Ma cosa vuoi fare? Perché dobbiamo fermarci?» chiese confuso Giacomo.

«Fallo e basta!» ordinò.

Giacomo notò un piccolo spazio tra due auto proprio sul ciglio della strada. Infilò la vettura in mezzo, ma la superficie vuota non era abbastanza lunga per posteggiare. La parte di dietro della macchina rimase sporgente.

«Aspetto qui, non vorrei che i vigili mi facessero una multa per le vostre follie!»

Le due ragazze, con rapidità, uscirono e chiusero gli sportelli con forza. Amanda si accorse che Giacomo fece un cenno stizzoso con le labbra; si abbassò per rientrare in auto e gli diede un dolce bacio.

Betta si voltò per capire dove fosse finita l'amica e, appena si accorse del suo gesto, alzò gli occhi al cielo.

«Avrete tempo più tardi per queste smancerie! Forza vieni!» le impose.

Le amiche cominciarono a camminare, a passo svelto, verso le altre due, che però cominciarono a muoversi dalla parte opposta.

Amanda si fermò per tornare indietro, mentre Betta proseguì e si bloccò davanti la porta dell'edificio dal quale le due erano uscite. Notò che all'entrata vi erano diverse targhe riportanti un nome e una professione. Il cognome era uguale per tutti, quindi la ragazza immaginò che fosse un'unica casa utilizzata dalla famiglia e adibita a ufficio. Vi era un avvocato, un commercialista, un notaio e una ginecologa.

«Che diavolo stai facendo! Potrebbero ritornare!» esclamò Amanda una volta che raggiunse l'amica.

Betta rimase in silenzio e, senza togliere lo sguardo dall'ultima targa, allungò l'indice per far cenno all'altra di osservare.

Perplesse e con grande sgomento incrociarono le loro iridi. All'unisono esclamarono: «Moira è incinta!»

«Ragazze, qui mi fanno il c...» stava per urlare Giacomo, ma si paralizzò appena vide due suore passargli accanto, «c... carro! Devo chiamare il carro attrezzi se non vi sbrigate, che mettono le ganasce!»

Sorrise, in modo educato, alle suore e chinò il capo come saluto.

Le due ragazze salirono in macchina, nel tentativo di non farsi vedere dalle religiose per il forte imbarazzo. Per tutto il tragitto pensarono a Moira e alla scoperta che avevano appena fatto.

«Ecco il Santa Marta, siamo arrivati» disse Giacomo con aria offesa.

«Su, dai, polpettina» disse Amanda prendendo tra le dita le guance di lui. «Sappiamo che anche a te viene da ridere se pensi a quelle suore e a ciò che stavi per dire!»

Il ragazzo rimase a guardarla con gli occhi sgranati.

«Po... pol... polpettina?» balbettò.

Amanda e Betta risero ancora con fragore. La mora scese dall'auto e percorse pochi metri, si ritrovò finalmente di fronte al cancello dell'orfanotrofio. Chiuse nei pugni due sbarre e avvicinò il viso. Diede un'occhiata all'interno è notò che era del tutto simile all'ex orfanotrofio.

«Sono tutti uguali!» bisbigliò tra sé.

In effetti, l'edificio, dai muri bianchi e dalle grandi finestre a vetrate, spiccava circondato dal piazzale di terra battuta. Sembrava proprio il luogo che aveva visitato per primo, con l'unica differenza che era ancora in piedi e in buono stato.

Accanto all'immensa entrata vi era un citofono che Amanda suonò, appena arrivata accanto all'amica. Una voce quasi metallica, trasformata per via dell'apparecchio, chiese chi ci fosse dietro il cancello.

«Ehm... Sì, salve, siamo delle studentesse del liceo scientifico, dovremmo fare una ricerca per la scuola sugli orfanotrofi della zona, possiamo entrare?» domandò con l'aria orgogliosa di una che aveva avuto una perfetta idea per non dar nell'occhio.

«Certo che no!» rispose la voce.

Amanda cambiò di colpo espressione, trasformandola in una stupita e incredula. «Signora, noi siamo amiche di Alex!» disse quasi con rabbia.

«Io sono la Madre Superiora, non una signora. E se siete amiche di Alex saprete già che qui si entra per prenotazione e solo per le adozioni... Una buona giornata!» Chiuse la conversazione in modo deciso.

«Ma tu guarda 'sta stronza!» esclamò Amanda innervosita da quella risposta e convinta che la Madre non fosse più in linea.

«La stronza è ancora qui, signorina. Ma non si preoccupi, può insultarmi quanto vuole, sto per chiudere la cornetta del citofono. Comunque Alex oggi non è di turno.»

Betta strizzò le labbra. Era parecchio arrabbiata con l'amica, ma allo stesso tempo aveva in gola una risata pronta a partire.

«Ragazze, andiamocene!» ordinò Giacomo mentre ancora era fermo accanto all'auto.

«Madre, siamo Suor Elena e Suor Adele...»

Sentirono quella flebile voce provenire da dietro di loro e le ragazze, che si erano voltate per andarsene, si girarono di nuovo contemporaneamente verso il citofono. Il ragazzo, imbarazzato, rientrò in macchina per nascondersi, mentre anche le due amiche riconoscevano le due religiose incrociate poco prima. Chinarono il viso come saluto alle donne in tonaca, che ricambiarono. Il cancello automatico si aprì. Una delle due, Suor Elena, mentre si addentrava nel piazzale, roteò di poco mezzo busto per osservare la mora. L'altra, con fare rapido, picchiettò il braccio della religiosa.

«Voltati e cammina!»

«Ma... è lei?» chiese Elena, che continuava a girarsi.

Quando Betta sentì quella domanda d'istinto tentò di entrare, ma il cancello le si chiuse davanti.

NON PIANGO MAIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora