Il Diavolo della Casa dell'Angelo

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Cari amanti del Brivido, siete mai stati a Venezia? Avete mai fatto visita a questa straordinaria città d'arte?

Se così non è, allora oggi vorremmo raccontarvi una delle sue tante oscure credenze.

Sedetevi comodi, potreste stupirvi!

Tra i campi, le calli desolate e i canali dalle acque torbide e salmastre, costeggiati da antichi palazzi gotici e rinascimentali, si nascondono segreti mai svelati e leggende mai raccontate avvolte in un manto di fascino e mistero.

All'angolo tra Rio di Palazzo e Rio del Mondo Novo, dove il sestiere di Canareggio si incontro con quello di Castello proprio dietro la grande Piazza di San Marco, affacciata su uno stretto canale sorge sull'acqua una casa color mattone e dai balconi smeraldini: il suo nome e Ca' Soranzo o meglio conosciuta come la Casa Dell'Angelo, per via della scultura alata in perenne vedetta, presente sulla facciata, che riporta un insolito foro sopra la testa.

Da qui viene riporta una leggenda inquietante.

Lo storico Giuseppe Tassini ebbe il modo di narrarla nei suoi scritti, "Curiosità Veneziane" nel 1866:

«Sul prospetto d'una prossima casa, scorgesi una specie d'altarino di marmo, il quale nella parte superiore ha un dipinto rappresentante la Vergine col Bambino fra due angeli, e nell'inferiore altro angelo sculto in basso rilievo, ritto, coll'ali aperte, in atto di benedire colla destra un globo, decorato dalla croce, da lui tenuto colla sinistra...»

In questa dimora, di proprietà della famiglia Soranzo, un giorno del 1552 venne ad abitare Iseppo Pasini, un noto avvocato, impiegato presso la Curia Ducale. Un illustre uomo dall'aria molto disonesta, che era diventato ricco racimolando le sue fortune ingannando la gente.

Nonostante fosse un usurpatore era molto devoto verso la Vergine Maria. Potremmo dire che ne fosse ossessionato. Un'altro aspetto bizzarro della sua vita è che aveva adottato, come animale domestico, una graziosa scimmietta ammaestrata, che si occupava delle faccende domestiche.

Un giorno, l'avvocato ebbe la fortunata di conoscere Padre Matteo da Bascio, conosciuto come il generale dei Cappuccini. Era un frate molto popolare a Venezia, si diceva operasse molti miracoli, che volasse a mezz'aria e che avesse resuscitato un uomo caduto da un'impalcatura. Nonostante ciò non era molto amato all'interno della Chiesa.

Il Signor Tassini una mattina lo invitò nella sua casa per pranzare insieme ed ebbe così il modo di vantarsi con orgoglio del suo animaletto molto scaltro e intelligente. Alla vista del frate, la scimmietta spaventata, scappò e si andò a nascondere sotto il letto del padrone e non volle più saperne di uscire.

Padre Matteo si insospettì di quel comportamento e così inseguì l'animaletto, quando lo intravide da sotto le lenzuola scoprì con orrore che dietro all'espressione tanto dolce e gentile, si nascondeva il Diavolo in persona.

«Io ti comando da parte di Dio di spiegarci chi tu sia, e per quale ragione ti trovi in questa casa.» Provò il frate a dialogare con la creatura maligna.

«Io sono il Diavolo» rispose la scimmia, mostrando un ghigno crudele sul suo volto.

Padre Matteo nell'udire la sua perfida voce, sgranò gli occhi spaventato e gli si accapponò la pelle per la paura. Un brivido di terrore gli corse lungo la schiena. La scimmietta aveva parlato. Il Diavolo stava dialogando con lui.

«Sono qui per appropriarmi dell'anima di questo avvocato, che a causa della sua condotta mi appartiene.»

«E perché?» Ribatté il frate. «Avendo tu tanta brama di quest'uomo, non l'hai ancora ucciso e portato con te all'Inferno?».

«Per un solo motivo!» Esclamò imperioso il Demonio. «Perché prima di andare a letto egli ha sempre raccomandato l'anima a Dio e alla Madonna; se avesse dimenticato anche una sola volta le sue preghiere, sarebbe già da tempo con me, tra i tormenti eterni.»

Sentito ciò, il frate cappuccino, con grande coraggio, comandò al nemico di lasciare subito la dimora, servendosi di un esorcismo in sua difesa. Il Diavolo si oppose con forza e rabbia, spiegando che aveva il permesso di non partire finché non avesse recato un qualunque danno in quella casa ormai maledetta .

Il padre seccato, ascoltò e accolse la sua richiesta. «Allora vuol dire che un danno farai», gli intimò infine. «Ma sarà solo quello che ti ordinerò io. Farai un foro su questo muro, uscendo da qui, e il buco servirà ad eterna testimonianza dell'accaduto»

Il diavolo titubò, alla fine si arrese e obbedì a Padre Matteo, abbandonando la dimora.

Come se non fosse successo niente nella stanza da letto, il frate ritornò a sedersi a tavola, davanti all'avvocato, per gustarsi il sontuoso pranzo. Padre Matteo, mentre si deliziava di cibo, non smetteva di guardare con espressione torva l'avvocato. Gli chiese poi di raccontargli i suoi affari e alcuni dei frammenti della sua vita passata.

Mentre il Signor Tassini gli esponeva le avventure della sua vita, sapeva che l'uomo gli stava solo raccontando un mucchio di frottole. Udendo troppe bugie, il frate venne pervaso dall'ira. Tentò di mantenere il controllo, affermando nel palmo della mano un lembo della tovaglia. Sempre più adirato dalle menzogne altrui, strizzò il tessuto fino quasi a strapparlo. Nel strattonarlo fece uscire, come per miracolo, molto sangue.

Il frate si alzò in piedi. «Guarda!» Ordinò il frate, mentre strizzava ancora il lembo per far sgorgare altro sangue. Il sangue innocente delle perone che aveva imbrogliato e corrotto. L'avvocato era cereo in viso, scioccato e terrorizzato dallo strano gioca che stava facendo il suo ospite.

«Questo è il sangue dei tanti poveri che tu hai angariato con i tuoi imbrogli e le tue estorsioni». Confessò per lui tutti i suo peccati e prese a rimproverarlo con tono severo per tutte le sue malefatte.

L'avvocato smascherato e indifeso, si gettò a terra in ginocchio davanti al frate e irruppe in un pianto disperato di lacrime pentite e promise con mani giunte di restituire le ricchezze rubate ai poveretti e ringraziò Padre Matteo per il perdono e l'assoluzione dei suoi peccati. Da quella brutta esperienza l'avvocato non era più tranquillo. Non riusciva a vivere più in pace, aveva paura che da quel foro sul muro ancora qualcuno di maligno potesse far presto ritorno. Il Diavolo, di sicuro, sarebbe ritornato per la sua anima ancora una volta.
Padre Matteo suggerì all'avvocato una soluzione: il buco andava difeso dall'immagine di un angelo, perché alla vista degli angeli santi fuggono gli angeli cattivi.

Il Signor Tassini accolse volentieri il suo suggerimento e fece fissare all'esterno della sua abitazione la statua di un Angelo. Quell'Angelo candido a mani giunte che ancora oggi, dopo cinquecento anni, protegge Ca' Soranzo da tutti i mali provocati Diavolo e dai suoi demoni, nella speranza che non vi facciano mai più ritorno.

Se siete curiosi e volete vedere l'Angelo di persona e raccontare questa insolita leggenda ai vostri amici e parenti la potete osservare tuttora dal Ponte del Remedio, nel Sestiere di Castello. 

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