Dal VHS a Racoon City

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Dal VHS a Raccoon City

di SimoneFar

Ora ragazzi dobbiamo incontrare delle persone, però lasciate parlare me. Non è che è gente più strana del solito o più pericolosa. È solo che sono giapponesi.

Perché un intero capitolo su Resident Evil? Intanto perché non è solo su Resident Evil, oggi offriremo una panoramica sul rapporto tra i videogiochi e gli zombie. E poi perché il lato cinematografico del marchio, a suo modo, è stato una svolta quanto lo è stato il franchise originale per il videoludo, fatte le dovute proporzioni.

I videogiochi hanno spesso usato gli zombie nell'accezione propria degli slasher cinematografici, ovvero per offrire agli utenti dei bersagli molto simili alle persone normali, rendendo però moralmente accettabile il loro massacro. Come tutti i media giovani anche i videogiochi hanno affrontato numerose battaglie con la censura, a volte anche a causa di alcune idee ferocemente trasgressive. Carmageddon (1997) era un gioco in cui, esplicitamente, si facevano punti sterminando i passanti. In molti stati questi vennero sostituiti da zombie dalla pelle grigia e dal sangue verde. Stesso gioco, diverso giudizio morale. Questo è un aneddoto che ci dice molto.

Oltre a questo caso particolare gli zombie sono sempre stati un ottimo riempitivo di vari shooter a impostazione satanica o soprannaturale. Magari non usati come cuore della vicenda, magari non nell'accezione che abbiamo imparato a definire in questi articoli, ma sicuramente non è mai stata una cosa inusuale far saltare la testa di un macilento cadavere vagante.

Un caso a parte, invece, riguarda uno dei più importanti personaggi della storia dei videogiochi, uno zombie con tutti i crismi, intriso della cultura voodoo nell'accezione originale del termine. Stiamo parlando naturalmente del pirata LeChuck che nel secondo capitolo di Monkey Island (1991) risorge proprio in forma zombie e proprio con la magia voodoo andrà rimandato all'inferno. Quelli di voi che non sanno di cosa sto parlando facciano il piacere di andare a recuperare tutta la saga della LucasArts, che è ancora giocabilissima pure con i suoi trent'anni sulle spalle. In questo caso però sono le atmosfere piratesche e caraibiche a guidare la vicenda, quindi non esattamente la direzione in cui vogliamo andare noi.

Arriviamo quindi al 1996. La Capcom scopre la cultura tutta occidentale degli zombie, la fraintende deliziosamente come solo i giapponesi sono capaci di fare, e il mondo cambia per sempre.

Gli zombie fanno paura? È una domanda la cui risposta non è scontata. Sono certamente disgustosi, la loro presenza è angosciante, il fatto di esserne inseguiti e divenirne preda genera orrore. Ecco, gli zombie fanno «orrore», ma la paura, intesa come la intendevano i maestri del gotico e dell'indefinito in agguato nelle tenebre è una cosa diversa.

Ovviamente questo i giapponesi non lo sanno e non gli interessa. Probabilmente non riescono neanche a vedere, in queste creature di carne marcia che vagano per le strade, quell'ansia soprannaturale che pervade noi occidentali. Il culto dei morti dei giapponesi è molto diverso dal nostro e molto diverse sono le loro superstizioni e tutto quello che è legato al mondo degli spiriti. Forse anche per questo, si mettono a scrivere una storia di zombie, ma una storia di zombie da un punto di vista diverso. Lo zombie è il frutto di un virus, innanzitutto. Il che aderisce a quello che ci ha detto anche il cinema precedente, ma questo virus è anche l'emanazione di un mostro oscuro, freddo, capitalistico come un'azienda che produce armi batteriologiche. E gli zombie fanno paura. Gli zombie sono dietro l'angolo cieco dove non stai guardando, possono ucciderti con un tocco, possono metterti in un angolo. Non puoi affrontarli a viso aperto. Non sono lì per farsi massacrare a centinaia. Sono pochi, ma sempre uno più dei proiettili a tua disposizione.

Con Resident Evil non solo si dà agli zombie una posizione centrale nel mondo dei videogiochi che resiste tutt'ora, ma soprattutto si definisce un nuovo genere: il Survival Horror (si, lo so, Alone in the Dark è del '92, ma chiamiamolo anticipatore).

Resident Evil, a suo modo, sblocca un ingranaggio che si era inceppato e tira fuori gli zombie dal cul-de-sac creativo in cui si erano infilati, continuando a riproporsi sempre uguali e sempre più stanchi. Ci riesce perché ai giapponesi non interessa molto di essere aderenti a qualcosa. I giapponesi attraversano l'immaginario occidentale, fanno spesa delle cose che li colpiscono di più e le mischiano. Sono un po' come gli americani con la cucina, che pucciano le patatine nel milkshake perché gli piacciono le patatine e gli piacciono i milkshake.

Resident Evil è un gioco di zombie MA ANCHE un gioco basato su una casa infestata MA ANCHE un gioco strettamente di fantascienza MA ANCHE un gioco in cui si affrontano mostri orribili che con gli zombie non hanno niente a che fare. È il «liberi tutti», Capcom dice al mondo che gli zombie sono fighi e che si possono mescolare a qualsiasi cosa si vuole. Potete anche smetterla di chiamarli zombie, potete anche smetterla di farli come gli zombie, la fantasia è l'unico limite.

Da qui una serie di titoli che si sono succeduti negli anni e che non voglio stare a elencare per non annoiarvi. Parliamo solo di alcuni casi, i più emblematici. Come Call of Duty che in vari suoi capitoli, introduce una modalità alternativa in cui i nemici sono zombie, seppure nel contesto di una guerra ancora combattuta da militari reali. Oppure Dead Space, in cui gli zombie sono su un'astronave, nati a casa di un virus alieno. Fino ad arrivare a un capolavoro del presente come Last of Us che tra le altre cose ha ridisegnato il concetto di zombie e l'ha posto alla base del suo universo apocalittico.

E poi è arrivato il cinema.

Quando nel 2002 Paul W.S. Anderson mette le mani sul marchio di Resident Evil non lo fa per girare un film di zombie. Il genere, con lo spegnersi degli anni 90, è praticamente morto. Lui vuole fare un film su Resident Evil, che invece è ancora un franchise di grande successo, abbastanza da solleticare gli appetiti di Hollywood.

Ora, non sono qui a convincervi che PWA sia il nuovo Ingmar Bergman, eh, però quello che è sicuramente un suo punto di forza è la capacità di saper comprendere il materiale su cui lavora e tradurlo correttamente in pellicola. PWA capisce benissimo che deve fare un film su Resident Evil MA ANCHE (andando in senso contrario) un film sugli zombie, ovvero un film che ricordi certi stilemi. Da qui la decisione di mettere al centro, forzando il contesto, una classica «hot chick» in vestito da sera come Milla Jovovich e lasciare che il suo Alpha Team abbia a vedersela, per gran parte del tempo, con dei non morti molto vicini a quelli delle origini: persone deformate dalla forzata risurrezione e dalla fame di carne umana. Allo stesso tempo, però, lascia piena libertà ai concetti del gioco di infiltrarsi cosicché, alla fine, l'immaginario che ne esce è piuttosto unico, imperfetto, certamente, ma anche in questo caso utile ad aprire una nuova era.

La saga di Resident Evil (5 film) attraversa (con risibile rispetto per la coerenza narrativa, ma pace) un po' tutto quello che il cinema può chiedere agli zombie negli anni 2000, quando ormai l'intuizione di Romero e l'anarchia degli anni d'oro sono ormai archiviate. Ecco allora il cinismo delle megacorporazioni e dei governi, le sparute schiere di umani che devono affrontare i non-morti divenuti ormai moltitudini, lo spettro dell'apocalisse e della distopia, il completo capovolgersi del rapporto tra l'uomo e la natura, l'arroganza della scienza. Ovviamente non mancano anche le suggestioni videoludiche e l'intrecciarsi del genere zombie con il cinema d'azione più spinto e muscolare. Quello che conta è che Resident Evil usa gli zombie per tradurre paure moderne. Ci parla dell'uomo che ha preso in pugno la sua scienza con lucida consapevolezza, ma l'ha usata per autodistruggersi.

È un punto di partenza. Uno dei mattoni su cui si basa la mitologia zombie così come la intendiamo oggi. E sarà proprio verso l'oggi che veleggeremo nel nostro prossimo capitolo (l'ultimo). Per oggi invece possiamo fermarci qua: nastro d'inchiostro nella macchina da scrivere e salviamo la posizione.

Creature da brividoWhere stories live. Discover now