Capitolo 31 - pranzo col nemico

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Tempo presente

Hora

«Bene, ora che siamo sole possiamo discutere di affari importanti.»

Ero ancora bloccata con la mano sul pezzo di legno che aveva aperto la botola dentro la quale era caduto Keta. Dentro la quale avevo fatto cadere Keta. Chissà cosa c'era là sotto ad aspettarlo.

«Ti starai chiedendo perché ho richiesto la tua presenza qui.» La voce della donna mi arrivò lontana.
Quell'interrogativo mi aveva assillata per giorni, ma non in quel momento. La mia mente era occupata dall'ultimo sguardo che Keta mi aveva rivolto: ti prego, sembravano urlare i suoi occhi. Potevo ancora sentire il suo sussurro...

Mi fidavo di te.

Il mio ego mi consolava dicendomi che non bisogna mai fidarsi dei figli di Heket, i figli dell'Inganno. Ma la mia coscienza si domandava se fosse davvero così, se fossi davvero inaffidabile... se nessuno potesse fidarsi di me.

«Te lo spiegherò brevemente, ho già perso troppo tempo e non voglio...»
«Tutto questo non era nel nostro patto» la interruppi, scatenando un'ondata di stupore sul suo volto.
Avvicinò le sopracciglia, corrucciata. «Che intendi?»

Inspirai staccando la mano dalla leva incriminata. Mi presi qualche secondo per sbrogliare il garbuglio di pensieri nella mia testa e dare al mio discorso un filo logico. «Nella lettera che mi hai fatto recapitare non avevi accennato a nulla di tutto ciò: la pozione, la distruzione della Roccaforte Frammento, la cattura dei guerrieri che volevano aiutare il re di Lloyd... né che avresti tentato di uccidere i miei compagni o chiunque ti avrebbe potuta intralciare.»

Feci una pausa, riprendendo fiato e ammirando la sua espressione. Non sembrava preparata al fatto che io mi ribellassi. Forse dubitò che fossi dalla sua parte. E ne dubitai anche io: nonostante avessi fatto tutta quella strada solo per aiutarla e per le sue grandi promesse, ora non ero più certa che fosse la persona che avevo immaginato.

«Non era previsto che avrei rischiato di morire pur di arrivare qui, né che c'era un altro in combutta con te, né che mi avresti spiata per tutto il tempo! Non sapevo che tante persone sarebbero morte, pur di ottenere il nostro obiettivo!» urlai.

La donna sospirò, scuotendo la testa. Mi si avvicinò, alzando un braccio per sfiorarmi una guancia, ma io mi ritrassi. Mi allontanai dalla maledetta asta che mi aveva riempita di rimorsi e le puntai un dito contro. «Tu...» la accusai «sei responsabile di un sacco di... dolore! Per te ho tradito forse l'unica persona che si fidava di me...»

«Calmati, Hora» mi disse con voce dolce. «Ti spiegherò il perché di tutto ciò.»
«Sì, spiegami, adesso! Perché inizio a sospettare che tu non sia come mi avevi promesso» abbaiai, governata dalla rabbia e dal disprezzo per me stessa e la mia interlocutrice.

«Innanzitutto, tu non hai mai rischiato di morire in questi giorni» cominciò sedendosi al tavolo ormai sgombro. Solo lo stilo troneggiava su di esso, abbandonato in un angolo. Lo fissava insistentemente, come un bambino che desidera un dolciume ma sa di non poterlo avere sotto lo sguardo severo della madre.
«Come ho accennato prima, ti ho osservata attraverso Pin. A Fendiroccia, due Eleadi ti hanno seguita ed erano pronte a intervenire per salvarti. Io stessa ero alla Roccaforte quando siete arrivati e prima di andarmene ho lasciato i due cavalli che avete usato per fuggire.»

Ricordai in un lampo dove avevo sentito la sua voce. Era la stessa donna che aveva urlato alla Roccaforte Frammento, mentre stavo fuggendo dall'orda di figli di Maat. Lei era lì... perché farmi andare fino alla Palude Velenosa? Ma la mia domanda dovette attendere, perché continuò: «Pensavo che tu e Pin sareste scappati in tempo, invece i figli di Maat vi hanno raggiunti. Le Eleadi stavano giungendo in vostro soccorso, ma il tuo amico figlio di Aliteo le ha anticipate dando il meglio di sé e uccidendo quasi tutti.»

La figlia dell'IngannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora