18. Esasperazione

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<<Harry!>> esclamai vedendo il ragazzo avvicinarsi. Una volta davanti a me mi avvicinò al suo corpo con un braccio, ma io mi irrigidii un attimo. <<Allora, a chi staresti mentendo?>> chiese curioso. <<Andiamo nel mio ufficio, meglio parlarne lì>> risposi buttando la sigaretta ed avviandomi verso l'ingresso. Non aspettai neanche che rispondesse e mi avviai il più in fretta possibile. Ero in una situazione ambigua: ero offesa dalle sue parole, ma contemporaneamente gli avevo mentito. 1-1, pareggio. Aprii la porta dell'ufficio ed aspettai che il ragazzo entrasse per poi chiuderla. <<Cosa ci fai qui?>> chiesi sedendomi. <<Ho finito prima una riunione e volevo passare sperando di beccarti ancora in pausa pranzo>> rispose lui avvicinandosi alla scrivania. Il suo sguardo cadde sulla rivista, che prese lentamente. <<L'hai letta>> disse quasi in un sussurro. Annuii guardandolo negli occhi. <<Quindi siamo solo amici>>

<<Anne, per me non sei solo un'amica, lo sai>>

<<A me non sembra di aver letto qualcosa di diverso>>

<<E cosa dovevo rispondere?>>

<<Non lo so, ma->>

<<Okay, ci sei rimasta male, ma cosa potevo rispondere? Non stiamo assieme>>

Non stiamo assieme. Aveva perfettamente ragione, ma quelle parole mi colpirono come un pugno in pieno petto. <<Sei impazzita per due paparazzi, spiattellare la nostra vita sui giornali non mi è sembrata la scelta migliore da prendere>> sospirò lasciandosi andare sulla sedia di fronte a lui. Mi volta a guardare le machine che passavano lente sotto il palazzo in modo da dargli le spalle. Cosa mi aspettavo? Che dicesse al mondo intero cosa fossimo senza neanche sapere cosa effettivamente siamo? Non mi aspettavo chissà cosa, non volevo che dicesse il mio nome o altro, ma una parte di me avrebbe preferito solo che me ne parlasse, che mi dicesse di quest'intervista. Presi un respiro profondo.

<<A chi stai mentendo Anne?>> chiese ancora una volta. Senza dire nulla aprii il cassetto della scrivania e presi la busta. La misi davanti a lui sul tavolo e lo osservai aprirla. Guardò ogni foto, ogni scatto mentre la rabbia sul suo volto cresceva. <<Quando ti sono arrivate?>>

<<Il 26 dicembre>>

<<Come ti sono arrivate?>>
<<Qualcuno le ha lasciate sulla scrivania della portineria del nostro palazzo>>

<<E me lo dici ora?>>

Si alzò di scatto e lanciò con forza le foto sulla scrivania, facendo in modo che si sparpagliassero in giro. Il suo viso e la sua voce sprizzavano rabbia e i suoi occhi erano fissi nei miei. Sapevo che avrebbe reagito così, come sapevo perfettamente che avrei dovuto dirglielo prima, ma ora potevo solo prendermi le conseguenze. <<Come puoi essere così stupida Anne?>> buttò fuori.

<<Non sono stupida, ora per favore calmati Harry>>

<<Calmarmi? Come faccio a calmarmi? Per l'ennesima volta mi hai nascosto qualcosa>>

<<Non volevo farti preoc->>

<<Oh ancora con questa storia, BASTA! Avresti dovuto capire che voglio aiutarti e proteggerti, ma fai qualsiasi cosa per non permettermelo>>

<<Voglio cavarmela da sola>>

<<Ah si? E come? Sentiamo, cos'hai fatto?>>

Rimasi in silenzio.

<<Oh quante cose che hai fatto Anne, ti stai proprio proteggendo!>>

<<Non vuol dire che io non sappia cosa fare>>

<<Non essere stupida, non hai idea di cosa fare e lo sappiamo bene entrambi, perchè quando vuoi fare qualcosa la fai senza aspettare>>

<<Non chiamarmi stupida!>>

<<No? Non dovrei? Perchè è proprio quello che stai dimostrando di essere ora>>

<<Vaffanculo Harry>>

<<Anne... voglio aiutarti>>

<<Perchè?>>

<<Perchè ci tengo a te>>

<<Non sei il mio ragazzo, non dovresti preoccuparti così tanto>>

Vidi l'esasperazione che prendeva il posto della rabbia sul suo volto e i suoi occhi rattristarsi. Mi fissò per un attimo, mentre io cercavo di mantenere lo sguardo duro e il mento alto. Scosse la testa prima di voltarsi e uscire dalla stanza sbattendo la porta. Non appena rimasi da sola le mie spalle si piegarono in avanti, i miei occhi si riempirono di lacrime e un respiro profondo lasciò le mie labbra. Che casino.

Quella sera a cena non toccai cibo ed evitai le domande di Thomas. Mi buttai sul letto ripensando a quell'orribile giornata quando il campanello suonò. Sentii Thomas parlare con qualcuno alla porta, poi calò il silenzio. Poco dopo qualcuno bussò alla mia porta. Thomas entrò senza aspettare una risposta e mi volse uno sguardo preoccupato. <<Anne c'è qualcuno alla porta>>

<<Se è Harry digli che può andarsene da dove è venuto>>

<<Non è Harry>>>

Mi alzai contro voglia ed andai in salotto vedendo David sulla soglia della porta. Appena mi vide si tolse il cappello e mi salutò. <<Buona sera Signorina Bianchi, mi scusi per l'orario ma Harry mi ha chiesto di passarla a prendere>>

<<Non devo andare da nessuna parte>>

<<Mi ha detto che avrebbe rifiutato, ma mi ha detto di pregarla di venire con me>>

<<Mi dispiace David, ma non verrò, dica al suo capo quello che vuole, ma non verrò>>

<<É sicura?>>

<<Si, ora vada e grazie mille, David>> risposi forzando un sorriso mentre già mi pentivo della mia scelta. L'uomo mi salutò e se ne tornò sui suoi passi. Chiusi la porta cercando di calmare la rabbia, ma appena mi voltai Thomas mi bloccò. <<Cos'è successo Anne?>>

<<Ti prego, ne possiamo parlare domani?>>

<<Basta che non sia successo nulla di grave>>

<<No... ora fammi andare a dormire, domani mattina lavoriamo>> e così dicendo mi tolsi dalla sua presa e mi avviai in camera. Trovai il telefono invaso di messaggi e chiamate da parte di Harry. Aprii la chat e gli scrissi l'unico messaggio che gli avrei mandato quella sera.

Saresti potuto venire tu, non David.

Lo inviai e spensi il telefono. Già sapevo che quella notte non avrei chiuso occhio.

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