45° Nella fioca luce del giorno

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Era sveglia, abbastanza vigile da guardarmi e sorridere, forse anche da riconosce quel figlio smemorato che per un breve istante aveva deciso di dimenticare.
<Ora il re ricorda> quella frase pronunciata quasi bisbigliando, il tremore che improvvisamente aveva pervaso ogni fibra del mio corpo e poi la ricerca fra le corsie di qualcuno pronto a confermare quello che la mia fragile mente poteva solo ipotizzare.
Mezz'ora più tardi un dottore dall'aria gentile mi spiegò nel modo più semplice possibile che con ogni probabilità il problema di cui soffriva mia madre era dovuto ad un forte stress emotivo, soppresso per molto, troppo tempo, fino all'estreme conseguenze.
In quel preciso istante, mentre ascoltavo la voce calma e al contempo decisa del medico, realizzai che tutto questo non sarebbe mai potuto accadere se solo avessi avuto il coraggio di prendere di petto le mie responsabilità.
Avrei potuto tranquillamente trincerarmi dietro il muro invalicabile dell'immaturità dovuta alla giovane età, ma onestamente sarebbe stata una scusa di comodo.
La realtà era ben peggiore, nascosta nella zona più recondita dell'anima, dalle mille fattezze e dai molteplici nomi, anche se preferivo chiamarla semplicemente paura.
Appresi quindi che mia madre sarebbe rimasta sotto osservazione per alcuni giorni e poi, se tutto fosse andato per il meglio avrebbe potuto ritornare a casa.
Lasciai il dottore con un saluto e lei con un bacio sulla fronte.
Ora stava riposando.
Immaginai lo sforzo che aveva compiuto nel ricordare gli eventi passati e presenti.
Pensai al futuro.
Non vidi nulla.
Sembrava più serena del solito.
Decisi di lasciarla riposare; avrebbe avuto tempo per affrontare la dura realtà che ancora la circondava.
Scesi al pianterreno, cercando conforto nel caffè di una macchinetta.
Bevvi lentamente, seduto su una panchina appena fuori le porte dell'ospedale, il corpo completamente adagiato sullo schienale.
Chiusi gli occhi, pensando che forse, se avessi fatto gioco sulla mia immaginazione avrei potuto cambiare le sorti di quell' infido baro chiamato destino.
Poi udii una voce provenire dalla mia destra.
<Ciao>.
Non so come né il perché ma riconobbi all'istante quel volto pallido, emaciato, quasi privo di espressività emotiva.
Joseph mi stava osservando tetro, il timido sorriso che avevo visto al primo incontro era sparito nel nulla, al suo posto una sottile linea oscura che volgeva verso il suolo.
Dagli occhi scavati potevo scorgere poche flebili sensazioni; dolore, forse rabbia, oppure....
Era angosciato, potevo chiaramente percepirlo dal leggero, ma continuo tremolio delle labbra.
Voleva qualcosa, forse parlare, confessare o semplicemente avere a fianco una faccia amica.
Eppure era tutto dannatamente strano, avrebbe potuto rivolgersi ad Aisha, come sempre d'altronde, a meno che...
Fui scosso da brividi freddi, miriadi di domande invasero ogni singolo neurone del mio cervello, creando conseguentemente ipotesi e risposte più o meno fallaci.
Infine propesi per quella che sembrava essere la decisione più sensata.
Con un gesto della mano lo invitai a sedersi.
Joseph tentennò, poi ruppe gli indugi e si sedette al mio fianco, anche se ad una distanza di sicurezza.
Sembrava fosse intimorito dalla situazione o forse da qualcuno, una persona, anche se quella non ero io.
<Immagino tu debba dirmi qualcosa> esordii, cercando di rimanere il più calmo e distaccato possibile.
<Esatto>.
<Si tratta di Aisha?>
Joseph si azzittì, cercando con ogni probabilità le parole più adatte per continuare il discorso.
Infine se uscì con una frase che avrebbe fatto crollare anche le poche certezze rimastemi.
<Sono qui per lei, la sua famiglia e la tua; siete legati e tu lo sai>.
Non riuscivo a respirare, o perlomeno era quello che il mio cervello percepiva in quel preciso istante.
Chiusi gli occhi, pensai a lei, a quanto mi sarebbe stata di aiuto anche solo la sua presenza.
Forzai un sorriso.
Improvvisamente ero calmo.
Era lei, sempre e comunque a calmare le acque agitate nella mia fragile mente.
Ero pronto; avrei ascoltato ogni singola parola e poi messo la parola fine a questa storia.

GIONATAWhere stories live. Discover now