parte terza-capitolo 7

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Non appena Mattia e Giulia erano spariti dietro la pesante porta della stanza per i colloqui, Giovanni aveva avvertito quel senso di vuoto che ormai lo accompagnava da oltre un mese. Tutti i giorni erano uguali li dentro, il tempo sembrava non trascorrere mai o farlo troppo lentamente, come un lento stillicidio. Gli era stato concesso di usare il suo violino un'ora al giorno in una stanza insonorizzata e quello era il suo unico momento di pace. Poteva sfogare tutti i sentimenti più negativi pizzicando su quelle corde, ogni emozione gli tornava amplificata e nello stesso istante gli dava pace, anche se durava poco. Appena rientrato in cella tornava a tormentarsi su tutto ciò che aveva perso e su come trovare il modo per tornare a quella normalità che ora agognava più di ogni altra cosa. Il suo compagno di cella era un ragazzo di poco più di vent'anni, arrestato per un furto e in attesa di processo. Era una testa calda ma con un grande cuore, di quelli che sono portati a sbagliare perché troppo fragili o perché si lasciano trascinare da qualcuno più forte di loro, che li affascina con il proprio mondo oscuro. In quel preciso istante, rientrato controvoglia in cella, vede Gabriele sdraiato a pancia in su sul letto, mentre fissa il soffitto. Un sorriso gli sfiora il volto, mentre bacia la foto della ragazza, che porta sempre con sé.

"Finirai per consumarla."

Gabriele si volta continuando a sorridere, soddisfatto.

"La mia bimba non mi abbandona mai, è il mio unico pensiero positivo."
Giovanni allunga la mano a sfiorargli la spalla, sa bene cosa intenda, anche per lui è lo stesso, impazzirebbe se non avesse il pensiero costante di Mattia e Giulia a confortarlo.

"Come è andata con i tuoi?' Ha alzato la testa, facendosi leva con il braccio, su cui l'ha appoggiata, per guardarlo negli occhi.

"Mi mancavano tanto, Mattia aveva paura di questo confronto ma alla fine ci siamo capiti. Mi ricordo che alla sua età ero confuso e arrabbiato con il mondo e se non fosse stato per la musica mi sarei sicuramemte perso."

"Beato te, io avevo solo gli amici con cui facevamo i matti in motorino e poi sono arrivati i piccoli furti. Non ho avuto una strada alternativa da scegliere."
Giovanni si era sempre chiesto come sarebbe stata la sua vita senza la musica, che gli aveva dato una motivazione forte, anche se l'aveva allontanato da Giulia per un lungo periodo. La vita gli aveva poi restituito il suo amore, anche se tra mille peripezie, da quando si erano incontrati nuovamente e nonostante tutto avrebbe rifatto tutto esattamente allo stesso modo. Lei era la sua felicità e ora se ne rendeva conto pienamente, ora che rischiava di perderla. Come avrebbe potuto ipotizzare una vita senza di lei? Non era nemmeno contemplato nel punto più remoto del suo pensiero.

"Ora che uscirai di qui devi rigare dritto, basta colpi di testa. Me lo prometti?"

Gabriele si solleva a sedere, senza lasciare un attimo la foto, stretta tra le dita.

"Io e la mia bimba avremo un figlio. Appena esco vado a lavorare nell'officina di mio zio e metto la testa a posto, promesso. Ci credi? Sarò papà, ho i brividi al solo pensarlo."

Anche Giovanni aveva sempre pensato come sarebbe stato essere padre, per un attimo l'aveva anche desiderato con tutte le sue forze, ma da quando aveva vicino Giulia non gli importava più scoprirlo, lei gli dava tutto ciò di cui aveva bisogno e poi c'era Mattia di cui prendersi cura e loro gli bastavano.

"Sarai un bravissimo papà, un po' testa di cazzo, ma sono sicuro che te la caverai alla grande."

"Si bro', sarà un flash incredibile." Gli occhi di Gabriele brillano di speranza e anche Giovanni si lascia coinvolgere da quel sentimento. È certo che si sistemerà tutto e presto potranno vivere finalmente liberi da ogni minaccia, deve solo resistere ancora un po' e cercare di non pensare a quello che ha perso ma solo a quello che presto accadrà. Il resto della giornata trascorre tranquilla e quando si trovano nel refettorio della prigione per la cena, Giovanni non ha perso il suo ottimismo e la carica per la visita di quella mattina. Neanche la vista del cibo proposto dal menù riesce a togliergli l'entusiasmo e mentre si dirige verso il suo tavolo, con Gabriele al suo fianco, non si accorge della spallata che riceve con violenza da un detenuto che procede in senso opposto, che gli fa perdere l'equilibrio e versare il contenuto del suo vassoio sul tavolo dove stanno cenando quattro persone, che conosce di vista.

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