Capitolo 38

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You're one in a million

Yeah that's what you are

You're one in a million babe

You're a shooting star

One in a Million, Guns N' Roses

Gli amici di Zef arrivarono dopo mezz'ora.

Io e Teseo avevamo allestito un angolo del locale con festoni e palloncini di un argento traslucido e loro commentarono il nostro faticoso lavoro con esclamazioni di sorpresa («Wow!», «Oooh!», «Che bello!»).

Poi, si avviarono verso Zef e gli augurarono buon compleanno in coro.

Erano in pochi - a malapena una decina - e tra di essi riconobbi solamente Anna e Cesare, i migliori amici di mio figlio fin dalle elementari. Gli altri erano tutti volti nuovi, i compagni di classe che Zef aveva conosciuto durante il primo anno di scuola media.

Li raggiunsi e posai la mano sulla spalla di Zef, che stava parlando animatamente con Anna e Cesare.

«Tutto bene, qui?», chiesi.

«Mamma, non essere apprensiva», mi rimproverò Zef con una smorfia infastidita dipinta sul volto. «Qui va tutto bene».

«Lo so, lo so», dissi. «Ti avevo promesso di non romperti le scatole quando sarebbero arrivati i tuoi amici, ma è più forte di me».

Alzai le mani di fronte al petto con i palmi rivolti verso Zef, come se avessi dovuto fermare un uomo che mi stava puntando una pistola alla testa.

«Zef, non essere cattivo con tua mamma!», lo sgridò Anna. «Sta solo cercando di essere gentile!»

Quella bambina mi stava troppo simpatica. Non si faceva mai calpestare e faceva valere le sue opinioni in merito ad ogni cosa. Una volta diventata adulta, non ci sarebbe stato uomo in grado di farle cambiare idea. Ne ero sicura.

«Grazie, Anna», le mormorai, posando una mano anche sulla sua spalla.

Guardai come si era agghindata per l'occasione: portava una salopette-gonna di jeans sopra ad un maglietta a maniche corte verde e ai piedi calzava un paio di Converse All Star nere. I suoi capelli erano trattenuti da una foulard a fiori rosa e blu e non poteva essere più graziosa.

«Stai davvero bene, vestita così».

Anna abbassò gli occhi e arrossì fino alle punte delle orecchie prima di sussurrare un «grazie».

«E io, signora? Come sto?», intervenne Cesare, gonfiando il petto.

Lui era vestito esattamente come tutti gli altri giorni, ma l'aveva chiesto lo stesso perché... ero la sua cotta e voleva fare colpo.

Ebbene, sì. Ero la cotta di un amico di mio figlio.

Nè lui nè Zef mi avevano rivelato niente, ma l'avevo capito perché ogni qualvolta Cesare veniva a casa nostra si offriva di aiutarmi ad apparecchiare la tavola. Quale ragazzino di dodici anni preferisce quello ai videogiochi? Uno che si è preso la cotta per la madre del suo migliore amico.

«Come sempre, senza un capello fuori posto», dissi, non volendo offenderlo. «Allora, io vi lascio soli, okay?»

«Va bene, mamma».

«Dì ai tuoi amici di sedersi al tavolo perché tra poco arrivano salatini, patatine, pizzet-», venni bruscamente interrotta da Zef, che mi fermò con una mano alzata.

How to charm Micol Esposito [Trilogia How To #1]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora