Capitolo 7

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Enea

Ho cancellato tutto. Ogni cosa. Non una singola fottutissima parola è rimasta sul computer e almeno mille scarabocchi di consonanti e vocali sovrapposti in almeno mille pezzi di carta che adesso ho ridotto in briciole a forza di strapparli dal nervoso.

La mano destra con la quale scrivo e disegno trema, il mio corpo è in preda al sudore pur essendoci sedici gradi. Mi scompiglio i capelli con il palmo sinistro, notando di quanto la mia fronte e le ciocche castane siano bagnate dalla mia ansia scatenata da Dio solo sa chi.

Ma tu lo sai, Enea.

Chiudo gli occhi. Non devo pensarci. Peggiorerebbe.

Non lo senti il tuo cuore?

Pensieri sovraccarichi che non vorresti ascoltare, però è questo che succede quando una persona ha la mente torturata da tempo. Il mio problema è che in balia del vento che mi farà inevitabilmente cadere dal precipizio non è solo quella.

Lo sento. Lo sento fin troppo da soffocarmi con le mie stesse vene che sono in preda di scoppiare dall'organo che si ritiene sacro per il semplice fatto che questo sia collega ad un sesto senso sentimentale oltre che vitale.

Si vive di amore donato dal cuore.

Volevasi il caso della sorte che leggessi questa frase esattamente adesso in uno stampino rosso a forma di cuore sullo specchio del bagno che incanala il mio riflesso da far terrore al peggior medico che non saprebbe che fare di un caso oramai perso formato da un battito che si fermerà a breve. Perché sentimentalmente si è già bloccato.

Sono in affanno, e per un attimo mi dimentico che lei potrebbe sentirmi e che non posso permettermi di concentrarmi su altro se non sul mio respiro che probabilmente la sua vista con addosso solo la mia maglia e l'intimo sotto di prima mattina mi toglierebbe seduta stante. Nonostante ciò, mi affaccio dalla porta prima di chiudermela alla spalle per controllare che non si sia svegliata per colpa mia. Dorme quieta, se così si può dire; si nota a distanza che anche lei ha i suoi tormenti che vezzeggiano nei suoi sogni che tali non potrebbero più chiamarsi. 

Mi poggio al muro, sollevo il capo al soffitto e picchietto sul petto come sono solito fare. Forse non servirà a nulla come non è servito prima, ma devo tentare. D'un tratto, apro gli occhi e mi tasto le tasche dei pantaloni di jeans dove dovrei avere l'ultima pillola per placare la crisi. Non mi reggo, non percepisco più se la sensazione sulla mia pelle sia di calore o freddezza, in bocca sembra di avere del metallo e i battiti... erano così accelerati che adesso che li sento a malapena ho davvero il terrore in corpo che cede e nella mente scombussolata come mai è accaduto fino ad ora.

Sospiro sollevato quando sento la scatola bianca, e mi si mozza nuovamente ogni singolo fiato a mia disposizione quando la scuoto ed è vuota. Vuota.   

Dannazione.

Le avrò finite all'incirca il mese scorso, quando ho utilizzato gli ultimi soldi per pagare l'affitto e tutto ciò che gira attorno ad esso e agli studi universitari, e non vedo un centesimo da quando sono in blocco.

Non so cosa fare.

La vista è nitida e vedo delle ombre, l'acqua che continuo a buttarmi in faccia non basta, e il mio cuore non tollererà ancora per molto olfatto di doversela cavare da solo senza medicinali.

Sento battere alla porta. Merda. Con gli occhi lucidi e sfocati e le mani umide e tremolanti, apro lentamente e scuoto il capo per notare che la stanza è improvvisamente vuota. Mi avrà sentito e sarà scappata, tipico. Ma appena abbasso lo sguardo, noto un piccolo barattolo e un biglietto, non do tanto conto a quest'ultimo perché sono più concentrato a leggere con ancora la poca forza che mi rimane la descrizione scritta sopra: Integratori gusto fragola, aiutano per ansia, tempie che pulsano e tremori. 

Art LoversWhere stories live. Discover now