Capitolo 9

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Enea


«Il dolore annienta ciò che l'amore infetta, te lo hanno mai detto?»

Avanza passo dopo passo, come se le costasse muoversi anche di un solo millimetro. Nel suo volto non c'è traccia di niente, solo la sua aura è scura senza luce. Abbasso gli occhi sulle sue mani... sta sanguinando, così tanto che delle gocce cadono sul pavimento.

È buio, ma io la vedo lo stesso... è lei che non vede me limitandosi a soffrire silenziosamente non chiedendo riparo al danno recato da qualcun altro.

«Non dovrebbe disinfettare, l'amore che brami?» si poggia allo scaffale che prima del suo arrivo stavo perlustrando, e passo ad ispezionare lei come faccio coi libri: con attenzione, nel dettaglio, e leggendoli dentro entrando nel mondo che mi offrono.

Il suo, però, sembra essere distrutto.

Posso dire di sentirlo ad un soffio dal suo petto quasi in contrasto col mio, il suo battito più stanco del mio cuore malato.

Vorrei metterle un cerotto su ogni taglio, interno ed esterno, ma si sa che l'ultima cosa che il sanguinolento tortuoso al quale una persona si sottopone di sua spontanea volontà non ti lascerà modo di bloccare il flusso, accelerandolo ulteriormente per velocizzare il processo che porterà la persona alla pace che arduamente desidera. 

«Non cerco l'amore perché penso mi possa curare come per magia, solo che a volte mi fa bene pensare che potrebbe arrivare, ora o tra dieci anni, un apprezzamento che ti invoglia a dare tutto te stesso a chi ti regala tutto solo facendoti capire che sei... giusto. Nient'altro.» deglutisce sofferente alle mie parole, e so che nella sua mente cerca una risposta che, come sempre, è data per darmi contro.

«Se esistesse qualcosa del genere potrei applaudire con sorriso integrato per una giornata intera davanti al tuo poema. Ma, indovina, Lost? È tutta superficialità, sogni che la gente spera di fare una volta caduti in disgrazia del sonno.» 

Nel mio caso incubi, e vorrei soltanto dormire.

«La disgrazia è lasciarsi andare senza battersi una volta svegliati, attaccando la realtà che ti si presenta. Non tutto è dato per nuocere, Era.» E lo penso sul serio, nonostante tutto, nonostante tutti... nonostante la mancanza di tutto e tutti.

«Non me l'hanno mai detto.» la sua voce è lieve, delicata, e i suoi lineamenti duri come le pietre. Il dolore annienta ciò che l'amore infetta, intende questo. «Da dove l'hai presa questa congettura, assieme a tutte le altre che mi citi costantemente per farmi innamorare di te?»

«Te l'ho appena detto io, perciò potrai vantartene per il resto dei tuoi giorni.» rido tentando di instaurare nel suo volto il mio medesimo gesto, ma non ho mai avuto il dono di far sentire bene le persone come avrei voluto. Non riesco a far stare bene lei. «Questa viene dalla farina del mio sacco, uno dei miei tanti libri che mi sembrano ancora troppo pochi.» 

La vista del sangue ancora lì sulla sua pelle non mi disgusta, mi spezza perché in tutto questo tempo non mi ha chiesto un fazzoletto e un dannatissimo minimo aiuto. Che lei lo voglia o no, prendo la sedia e la faccio sedere senza tante sue obiezioni, per mia fortuna che potrò disinfettarle al più presto possibile i tagli che si è fatta non so come. E non glielo chiederò, non c'è bisogno di sapere come se li è procurata per farmi smuovere subito e cogliere dalla mia borsa dei fazzoletti. 

Art LoversWhere stories live. Discover now