1 || L'inizio di tutto

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7 Gennaio 2019, IPM di Napoli, 20:30

Paola era nel taxi che la stava portando all'IPM di Napoli, il posto che sarebbe stato il suo luogo di lavoro per un bel po'. Da capo avvocato d'ufficio del tribunale di Ancona a direttrice di un carcere Minorile dall'altra parte del paese.

Non era affatto convinta della proposta di lavoro, non aveva nessuna esperienza nel campo, odiava abbastanza Napoli e i napoletani, non le piaceva il loro modo di fare, e tutto ciò che conosceva del posto erano stereotipi negativi. L'unico motivo per cui aveva accettato era per scappare dalla sua vecchia vita e provare a costruirsi una nuova lì.

Mentre il taxi si dirigeva verso la destinazione, Paola guardava fuori dal finestrino con espressione cupa e malinconica. "Che cavolo ci faccio qui?", si chiese a se stessa. Sentiva un nodo allo stomaco e il ribrezzo nel pensare a ciò che l'avrebbe aspettata all'IPM.

Arrivata nel suo ufficio finalmente poté rilassarsi, posare la borsa e guardarsi intorno. L'ambiente che la circondava sembrava quasi rispecchiare il suo stato d'animo: cupo e disordinato. Si avvicinò alla scrivania incasinata, dove qualcuno aveva messo un faldone con una copia di tutti i fascicoli dei detenuti. Erano tutti messi a caso, non in ordine di data, età dei ragazzi o alfabetico, non avevano neanche diviso i maschi dalle femmine. "Ma sti qua l'ordine non ce l'hanno proprio in testa, vero?" Pensò tra sé e sé, sentendo aumentare la sua frustrazione.

Paola era consapevole che i ragazzi di questo carcere minorile avrebbero commesso gravi reati e che la sua nuova posizione avrebbe richiesto di confrontarsi con situazioni difficili e complesse. Tuttavia, la sua rabbia e il suo pregiudizio nei confronti dei detenuti e della città rendevano tutto ancora più difficile da accettare.

Decise di prendere una boccata d'aria per cercare di placarsi. Mentre camminava per il cortile del carcere, vide alcuni ragazzi che giocavano a calcio. Li osservò per un attimo e vide nei loro volti tratti di frustrazione e disperazione, ma anche una spruzzata di innocenza perduta. Fu un momento di scontro interiore: da un lato, la sua amarezza le impediva di vedere altro che delinquenti, dall'altro, intravedeva giovani in difficoltà e bisognosi di aiuto.

Schiarite le idee tornò in ufficio, non era ancora molto convinta di quello che stava facendo ma dopo tutto, se voleva portare a termine il suo compito al meglio doveva ambientarsi, seguire le regole e le procedure e mantenere l'ambiente più professionale possibile, anche se con i napoletani sarebbe stata dura.

Ad un certo punto sentì qualcuno bussare alla porta. "Avanti" fece lei senza alzare la faccia di fogli. Entrò un uomo, alto, capelli e barbetta neri, occhi castani e grandi, sorriso smagliante e vestiti quasi eleganti. 

"Buona sera direttore, l'aspettavamo domani."Disse lui, cercando un contatto visivo con lei, che invece continuava a guardare i foglio. "Infatti sono arrivata oggi, volevo assicurarmi che tutto fosse in ordine per il mio insediamento e avevo ragione ad aspettarmi questo disastro." Disse riordinando dei fogli, sempre senza guardarlo. "L'organizzazione è da rivedere, esigo ordine e precisione d'ora in poi."

 Massimo la guardò storto,  non si erano neanche presentati e già faceva critiche. "Sono mortificato direttore.ma.."  Iniziò lui sempre con un tono amichevole. "Si risparmi le scuse... so che qua non siete patiti dell'ordine e del lavoro sodo, ma d'ora in poi le cose cambieranno." Massimo si sentì un po' offeso da quell'affermazione, capì subito che era del nord.

Finalmente si degnò di guardalo, e mentre si aspettava un uomo ciccione, mal vestito e brutto, si meravigliò della bella visione. "Comunque, piacere, Paola Vinci." Disse finalmente porgendo la mano. Massimo la strinse a sua volta. "Piacere mio, comandate Massimo Esposito." "Ah ma lei è il comandante, bene allora ci divertiremo, spero che abbia recepito il messaggio." Disse lei con fare malizioso.

"Si, si , recepito." Disse lui provando a scherzare. "È stato un piacere direttore. A domani, buona notte." Massimo aveva parecchia fretta di andarsene. "Non così in fretta, prima di tutto, direttrice, e poi avrei bisogno che fissasse un incontro con i de-" Disse lei con voce seria, senza fare mezzo sorriso. "Già fatto, domani dopo la colazione." "Bene, allora qua dentro qualcosa lo fate." Massimo la odiava già. "Ora può andare." Disse lei. Massimo si avviò verso la porta. "Ah e l'abbinamento camicia- scarpe da ginnastica, anche no va. Buona serata." Massimo si girò a guardarla e poi uscì. 

___

Per i corridoi vide Beppe.

"Ao Massimo, hai sentito? Dicono che è arrivata la nuova direttrice." 

Massimo si fermò di colpo e guardò Beppe con un'espressione di disgusto. "Sì, l'ho incontrata. Non la sopporto, Beppe. È presuntuosa, arrogante e sembra avere un atteggiamento di superiorità. E' una chiattilla e' merd."

Beppe cercò di tranquillizzare Massimo. "Forse hai frainteso, Massimo. Dobbiamo darle una possibilità, conoscere meglio la sua visione e i suoi obiettivi. Potrebbe esserci una ragione per il suo comportamento."

Massimo sbuffò, agitando le mani in segno di frustrazione. "Non credo che ci sia alcuna giustificazione per la sua mancanza di rispetto e per come ci tratta. Non mi importa quale sia il suo passato cosa abbia fatto in passato. Non la accetterò come nostra direttrice."

Beppe cercò di ragionare con Massimo. "Massimo, dobbiamo lavorare insieme per il bene dei ragazzi qui dentro. Non possiamo permetterci di creare tensioni e divisioni. Dobbiamo cercare di stabilire un dialogo e trovare un modo per collaborare con la nuova direttrice."

Massimo si passò una mano tra i capelli con frustrazione. "Lo so, Beppe, hai ragione. Ma è difficile per me accettare qualcuno che sembra disprezzare la nostra realtà e che tratta i detenuti come dei numeri invece che come persone."

Beppe appoggiò una mano sulla spalla di Massimo. "Capisco il tuo disappunto, ma dobbiamo cercare di essere professionali e cercare di costruire un ambiente positivo per i ragazzi. Forse, col tempo, potremo farle cambiare idea."

Massimo guardò Beppe con sguardo scettico, ma alla fine annuì. "Va bene, Beppe, proverò a darmi un'altra possibilità. Ma se continua con questo atteggiamento, non so quanto potrò sopportarla."

Beppe fece una sua delle solite facce tranquille e calme. "Almeno è bona?" Disse lui, per curiosità. "Abbastanza, ma tiene o bastone." . "Vabbuò, almeno e bona. Stronza ma bona." "E zoppa." Aggiunse Massimo. I due si fecero un risata e andarono a far cena.

HO DOVUTO FATE PAOLA PIÙ CATTIVA DEL SOLITO PER FARLA STARE MEGLIO NELLA STORIA, SORRY.

Mare fuori || Comandante e direttrice|| E se fosse stato diverso?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora