Capitolo XXVI - AMARA REALTÀ

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Sveglia dal riposino mi resi conto che ero in tremendo ritardo, dunque presi velocemente il necessario e volai agli spogliatoi del campo. Arrivai appena in tempo e, durante tutto l'allenamento, notai una tremenda fiacchezza in tutti i miei compagni. Era prevedibile data la mole di lavoro già svolta quella mattina da tutti noi. Dire che eravamo morti a fine sessione era un eufemismo, stavamo sdraiati sul prato e facevamo stretching, per evitare di dover correre ancora qualora il comandante ci avesse visto nullafacenti per troppo tempo. 

Con lentezza arrivò anche il momento dell'amichevole contro la Epsilon, per la quale non eravamo assolutamente pronti. Il comandante fece la sua terrificante entrata in scena come il giorno precedente e ci squadrò come per valutarci dal solo aspetto. Ci disponemmo nella formazione aggressiva che mi vedeva punta e, da quella posizione, feci l'occhiolino e un gran sorriso a Mercury, traboccante di energia al cui confronto mi sentivo un vermetto svogliato.

Dal suono del fischio d'inizio cominciò la catastrofe più totale. Tutti i ragazzi erano a terra, come c'era da aspettarsi, quindi la loro prestazione singola era davvero pessima. Cercarono di usufruire di ciò che avevano imparato con la partita di ieri in quanto a coesione, ma data la fiacchezza era tutto molto complicato. Chi però mi lasciò completamente senza parole fu il capitano. Byron era aggressivo, violento addirittura in certe azioni, commise diversi falli e la sua arroganza era tangibile dalla sola presenza. In più sembrava non affaticarsi mai, non c'era una traccia di sudore sul suo corpo, né un cenno di affanno nel respiro. Qualcosa non andava, ne ero certa. Ancor peggio fu girarmi verso Henry per cercare un confronto e trovarlo assolutamente assolto con Byron. Gli stava appiccicato con aria preoccupata e, quando Byron fece riferimento a "ciò che anche lui sapeva", fu come se il mondo mi crollasse addosso. 

Mi sentii schiacciata dal peso del tradimento, dalla consapevolezza che tutto ciò che avevo creato alla Zeus si stava disintegrando per colpa di segreti e omissioni. Prima la mia vita, la mia libertà e serenità, poi il capitano, in quel momento anche Henry, cos'altro avrei perso per colpa di Dark? Cosa c'era di tanto brutto da aver convinto anche il ramato a voltarmi le spalle? Fu come sentire il mio corpo svuotarsi, l'involucro già colmo di fatiche teneva insieme un animo sempre più frammentato e abbandonato.

Inutile precisare che il mio gioco, già fiacco per la stanchezza, si fece ancor più spento, la fiamma che di solito solo il calcio riusciva ad accendermi dentro era stata pian piano bagnata e soffocata dalle lacrime e dalle urla di frustrazione che non riuscivo a buttare fuori. Stavo raggiungendo il limite, ma dovevo stringere i denti e andare avanti. Ero sola, nessuno mi avrebbe salvato, dovevo tirarmi fuori io stessa da quella situazione. 

Guardai i miei compagni uno per uno, comprendendo che per quanto scherzassimo insieme, la nostra unione era solo di facciata, un rapporto individuale tra più persone e non una condivisione. Ognuno stava combattendo i suoi mostri, ognuno combatteva contro il mostro comune che si faceva chiamare Comandante. Come avremmo potuto formare una squadra unita se a fatica tenevamo insieme i pezzi di noi stessi?

Perdemmo quella partita e il silenzio glaciale che aleggiava nell'aria trafiggeva qualsiasi barriera. L'allenatore ci guardava deluso, amareggiato, se ne andò senza dire una parola e così facemmo anche noi verso i nostri spogliatoi. Non sentii una mosca volare dallo spogliatoio maschile, segno che nessuno riusciva a proferire parola. Byron era rimasto sul campo insieme ad Henry, ma li ignorai percependo che non riuscivo più a tenere addosso quella maschera insensibile. Piansi in silenzio sotto il getto caldo della doccia, praticamente senza accorgermene. Non singhiozzavo ma le lacrime scendevano copiosamente. Dove era finita quella ragazza piena di vita e di forza che era entrata a testa alta alla Zeus affrontando le sue paure?

Misi da parte i pensieri, spensi proprio il cervello sapendo di dover tornare alla convivialità della cena. Guardandomi allo specchio soltanto gli occhi un po' lucidi tradivano la tempesta interiore, vista da fuori ero calma, composta, forte, forse un po' spenta ma comunque bella. Diedi il merito alla dieta equilibrata e all'allenamento che mi scolpiva la figura, ma in realtà mi chiedevo come potesse esistere un contrasto tanto marcato tra ciò che appariva fuori e ciò che c'era dentro.

Once Again - Inazuma ElevenWhere stories live. Discover now