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Jackie

Nei giorni seguenti mi ritrovo spesso in compagnia di Nolan. Al termine dei nostri turni serali andiamo a bere qualcosa oppure a mangiare in qualche fast food. Ho scoperto tante cose sul suo conto: ama gli scacchi, è un ex giocatore di baseball e al liceo era uno dei migliori tiratori. Anche Simonette si è accorta della nostra vicinanza, infatti mi chiede spesso se per caso ci sia del tenero. Scuoto il capo, prendendo una ciambella dal bancone della segretaria mentre quest'ultima mi guarda con sospetto. «Non abbiamo una storia, usciamo ma come amici» dico.

«Tesoro, ma hai visto come ti guarda?» domanda.

«Simonette, così mi metti in difficoltà» sussurro.

Sorride divertita, controllando il computer. La saluto dopo aver dato un morso alla ciambella, dirigendomi verso le scale per andare nel mio ufficio. La mattina la passo al computer, poiché oggi è sabato e i detenuti sono tutti in cortile per svagarsi – tutti tranne uno. Non vedo Beltran da mercoledì, mi domando come se la passi. Chiudo il portatile con un sospiro, prendendo il telefono dalla tasca della tracolla posizionata a terra. Controllo le notifiche, vedendo dei messaggi da parte di mio padre che mi chiede di passare a casa per prendermi delle verdure fresche. Gli mando un emoji, per poi riporre il cellulare in tasca. Stringo la coda alta, alzandomi dopo dalla scrivania proprio quando sento una sirena risuonare nel corridoio.

Ma che succede?

Apro la porta che dà al corridoio, sentendomi spaesata.

Rachel, Nolan e Nito scendono le scale in fretta e furia mentre io marcio spedita verso di loro.

«Che cosa succede?» domando preoccupata.

Nolan mi lancia una breve occhiata, nei suoi occhi azzurri leggo diligenza e un pizzico di preoccupazione. «C'è un codice rosso, non avvicinarti alle celle Jackie.» Corre insieme agli altri nel corridoio semi-buio, mentre io mi avvicino a Simonette che intanto stringe la sua collana di perle tra le dita. «Credo sia quell'uomo, il detenuto della cella d'isolamento» scuote il capo tramortita, attirando il mio interesse. Gli chiedo come possa saperlo e lei sospira: «So che a quest'ora gli portano il pranzo, probabilmente avrà attaccato una delle guardie». Una forza incontrollata mi spinge a dirigermi verso le celle, sotto i richiami di Simonette. Sto per aprire il portone che dà alle scale, quando a un tratto mi sento tirata indietro dal gomito in malo modo. A pochi centimetri dal mio viso incontro lo sguardo borioso di Boone. «Cosa credi di fare?» sbotta. Mi ribello alla sua presa, dicendogli di lasciarmi in pace. «Smettila di immischiarti in affari che non ti riguardano analista dei miei stivali. Credi che questo sia un gioco? Pensi che puoi salvare un uomo così marcio e pazzo come Buscema?» scuote il capo, ricordandomi il suo cognome.

«Non ho chiesto la tua opinione» sputo fuori.

«Stai andando diretta verso la sua cella, cosa speri di ottenere esattamente? Credi che quell'uomo si redima perché sei tu a chiederglielo?» schiocca le labbra mentre io gli pesto il piede con il tacco a spillo. Ringhia, lasciando la presa mentre io compio un passo indietro. «Puttana» sputa con fervore, guardandomi in modo schifato.

«Detto da te poi» sbuffo, aprendo il portone con stizza.

Me ne vado via, sotto la sua occhiataccia di fuoco. Supero le celle vuote, sentendo ancora il rimbombo della sirena. Svolto l'angolo, sentendo dei grugniti animaleschi. Rachel è fuori dalla porta mentre Nito e Nolan trattengono Beltran dalle braccia che intanto li scaraventa entrambi contro le mura ai suoi lati.

Cristo, quell'uomo è un armadio!

Beltran respira pesantemente guardando il terzo agente dentro la cella. Quel tipo ha in mano una siringa, probabilmente è un calmante o qualcosa del genere. «Calmati Beltran, non fare cazzate» mette le mani avanti l'uomo dagli occhiali spessi e la barba scura come i capelli. Cammino spedita verso la cella mentre Rachel mi guarda con sgomento, venendo in mia direzione.

«Fila di sopra» intima seria.

«No, non ho intenzione di restare a guardare mentre lo sedate» sputo fuori, stringendo i pugni dal nervosismo.

Rachel mi fissa con esasperazione e rabbia. «Devi aprire gli occhi Jackie: quell'uomo è un assassino. Sai perché è suonata la sirena? Perché ha tratto in inganno una delle nostre guardie e l'ha attaccato, facendogli perdere i sensi sbattendolo ripetutamente contro il muro» esclama. Un senso di vergogna mi mangia viva, costringendomi ad abbassare lo sguardo. Un gemito di dolore mi fa alzare il capo, purtroppo assisto al casino che combina Beltran. Quest'ultimo stritola Nito dal collo e lo sbatte contro il muro, mentre Nolan e l'altro agente si scambiano una breve occhiata d'intesa. I due si passano la siringa e presto Nolan la ficca sul retro del collo di Beltran.

Il suo urlo feroce riecheggia lungo il corridoio.

Perché questa scena mi fa più male del previsto?

Gli agenti si stanno solo difendendo eppure sento come una fitta allo stomaco. L'arresa di un bestione, di un uomo potente come Beltran mi fa venire voglia di urlare al vento diverse preghiere. Nito riprende fiato mentre Nolan finalmente riesce a schiacciarlo a terra. Beltran tossisce, sgrana gli occhi e si aggrappa con le dita al pavimento. Alza il capo per brevi secondi, i nostri sguardi si incrociano e in lui non vedo l'uomo crudele di sempre, l'uomo convinto e sicuro di sé: vedo solo un uomo sconfitto. Beltran abbassa il capo, schiacciando il petto a terra per poi svenire. Compio un passo indietro, poi un altro finché non mi accorgo di star salendo i gradini sotto i richiami di Rachel. Non volevo assistere a questa scena, non volevo vederlo in quelle condizioni e adesso ho paura di me stessa. Beltran non è solo l'ennesimo caso disperato, non è solo uno dei miei pazienti ma credo che sia qualcosa in più e questo mi spaventa a dismisura. Ritorno in ufficio, ignorando anche le occhiate preoccupate di Simonette. Mi siedo sulla poltrona, tengo la testa fra le mani e scuoto il capo afflitta sentendo la schiena sudare. Resto in silenzio per svariati minuti, realizzando a malincuore che quell'uomo mi sta cambiando.

Beltran non è solo un paziente: è molto di più per me.

E questo è un male.


Il Male In TeWhere stories live. Discover now