03. I'm still a believer

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- Icelyn Maria -
età: 18 (quasi)

Non so se sia l'aria, il ciclo, o semplicemente la presenza di Augustus. Fatto sta che muoio dal caldo, e non sto scherzando. Ho vampate di calore ogni due minuti. Datti un po' di contegno.

Una gocciolina di sudore mi cola lungo il solco che divide le tette. Sì, come se fosse semplice con questo qui di fianco a me. Tra l'altro gli ho appena detto una cazzata sulle equazioni a tre incognite. Normalmente non commetto errori simili, anzi ad essere sinceri non ne ho mai commessi in genere; né nei compiti in classe, né negli esercizi assegnati per casa. Il che è abbastanza imbarazzante, se penso al numero di volte in cui mi sono finta stupida solo per piacere agli altri.

È stata mamma, a crescermi a pane e matematica. Alle bambine di cinque anni regalavano la casa delle bambole, o qualsiasi altra cosa marchiata Barbie, a me invece giochi interattivi programmati per ragazzi di terza media. Mi insegnavano formule, moltiplicazioni a tante cifre e geometria analitica nello spazio. Ma essere figlia di gente come i miei genitori mi aveva messo addosso una pressione a dir poco precoce per quella che era la mia età.

Mamma diceva che è nella diversità che la gente di successo emerge. Distinguersi dalla massa mi avrebbe resa migliore, sempre secondo lei. Non dico mi dispiaccia. So che, nonostante il suo modo freddo e forse all'apparenza anafettivo, cercava di proteggermi dal mondo, rendermi consapevole di quelle che sono le mie capacità e i miei doni. Peccato però che fossi solo una bambina, che lei ostentava a trattare da adulta. Non ricordo se mi abbia mai detto "brava" per qualcosa, o mi abbia dato un abbraccio che non fosse per una qualunque ricorrenza. E Dio solo sa, quanti Natali ho pianto sola in camera mia, delusa dal regalo scartato in mattinata. Avevo pregato anche Santa Taylor per ricevere quel camper rosa fluorescente, ma nulla. Alla fine, ho smesso di sperare, sono cresciuta e giocare con le Barbie è passato in secondo piano.

Forse sono un po' drammatica, e mi sono fissata su una cosa stupida. A somme tirate non mi posso comunque lamentare. Papà ha sempre salvato la situazione, concedendomi gli svaghi tipici di una mia qualunque altra coetanea. Mi ha insegnato ad andare in bicicletta, poi con i Rollerblade e l'inverno del mio quinto compleanno a pattinare. Ancora ricordo l'eccitazione trepidante provata nell'indossare per la prima volta i pattini.

Un ricordo mi colpisce. Sento il profumo dell'inverno, il rumore delle lame sul ghiaccio, e... Anche le cadute. Cavoli, ne ho fatte davvero tante prima di imparare come si deve.

La voce del mio Principe Azzurro mi strappa via un sussulto.

«Allora è giusto?» domanda speranzoso. Scuoto la testa, come se mi fossi appena svegliata.

Prendo il foglio in mano e analizzo subito l'equazione. «Ci sei quasi» dico titubante. «Hai sbagliato però questo passaggio in mezzo. Vedi? Devi raggruppare anche l'ultima incognita, o il risultato finale poi sballa» sospiro, cercando di confortarlo in qualche modo. Non ho mai usato le mie capacità come arma di difesa, non mi sono mai sentita superiore agli altri e di certo non mi permetterei mai di demoralizzare chiunque non capisca questa materia.

Augustus si abbandona all'indietro sulla sedia. «Okay, sono fottuto. Non ce la farò mai.»

Gli do un una gomitata. «Oh, avanti. Tu sei Augustus Logan Hurt-Brekker, non puoi farti sul serio battere dalla matematica.»

Lui si raddrizza. «È quello il problema» mormora triste. «Tutti si aspettano sempre il massimo da me. Come se sapessero veramente cosa si nasconde sotto l'etichetta che loro stessi hanno scelto di darmi. A volte mi sento soffocare.»

Un brivido mi scivola lungo la schiena. È quasi strano, sentire dire a lui quelle parole, rivedersi così tanto in esse, visto che ho passato quasi diciotto anni di vita in una costante paura. Paura di non essere abbastanza per i miei, di essere "troppo" a scuola, e infine la paura di essere diversa.

𝑾 𝒊 𝒏 𝒕 𝒆 𝒓 𝒍 𝒂 𝒏 𝒅Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora