Capitolo 11

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Elena aprì il portatile nero. Come si poteva trovare una persona senza neanche saperne il nome?
Premette il tasto di accensione. Se non aveva un telefono sicuramente non c'erano sue foto in giro... A meno che non fosse un criminale.
Eppure era così calmo. Gli aveva urlato contro e lui non le aveva risposto male come facevano tutti.
L'immagine di Windows sparì e apparve la foto di lei e Vanessa sedute di spalle su un tappeto di foglie secche. Quanto erano magre... Quanti anni avevano in quella foto? Tredici? Quattordici? E perché soltanto Vanessa era rimasta così magra?
Elena strisciò il dito sul mouse virtuale e aprì la finestra di Google.
Che fare? Che cercare? Forse era davvero capitato in quella casa per puro caso, ma era anche vero che si diceva che i criminali tornavano sempre nella scena del delitto... Forse andava li per fare i graffiti o rompere le finestre.
Poggiò entrambe le mani sulla tastiera. Coppia morta vicino Cingoli 2017.
Aprì il primo articolo. Duplice omicidio nei pressi del lago di Castriccione. La mattina del 27 ottobre sono stati trovati i cadaveri dei coniugi Susanna Tonti e Alberto Ronzini. Del figlio tredicenne Nicolas nessuna traccia.
Avevano un figlio? Suo padre non gli aveva detto nulla di un figlio! E... Tredici anni? Se fosse stato ancora vivo avrebbe avuto ventitré anni. Che quel ragazzo fosse...?
La porta della camera si aprì. Elena sobbalzò e abbassò lo schermo del computer. Vanessa? "Mi hai fatto prendere un colpo! Ma come sei entrata?"
Vanessa appoggiò lo zaino ai piedi del letto e chiuse la porta. "Tua madre e tuo fratello stavano uscendo. Hai già iniziato la ricerca senza di me?"
Non parlavano della stessa ricerca. "Guarda cos'ho trovato." Prese il computer e si sedette sul letto.
Vanessa le si sedette accanto. "Ma cos'è? Non mi sembra il sistema endocrino questo..."
"Dopo pensiamo alle ghiandole! Guarda qui!" Elena appiccicò l'indice sullo schermo. "Quella coppia vicino Cingoli aveva un figlio!"
Vanessa si sporse in avanti. "Ah non lo sapevo... Ma perché sei andata a cercarli?"
"Il ragazzo del ritratto... Potrebbe essere lui!"
Vanessa le prese il portatile dalle mani e se lo appoggiò sulle ginocchia. "Non è possibile!" Scorse la pagina. "Hai guardato se c'è qualche... Eccola!"
Una foto della famiglia! Il ragazzino aveva appena dieci anni. Non c'erano foto più recenti?
"Gli assomiglia secondo te?"
Elena riprese il computer. Il bambino aveva il viso tondo e i capelli lunghi che gli coprivano un occhio. Il ragazzo del bar aveva il viso scavato e i capelli molto corti. "Non lo so... Era molto piccolo in questa foto."
Vanessa sospirò. "Non mi piace questa storia. Secondo me dovresti far finta di non averlo mai incontrato. È un tipo troppo strano... Non ti ha neanche detto come si chiama!"
Elena chiuse la pagina di Google. "Effettivamente io non gliel'ho neanche chiesto. Stamattina sembrava stare davvero male. Tipo attacco di diarrea, non so."
"Poverino... Resta comunque il fatto che non mi piace." Vanessa si alzò dal letto. "E il progetto invece? Hai dipinto qualcosa stamattina?"
Maledetto progetto! "No..." Non aveva ancora nessuna idea e non voleva neanche pensarci.
Si alzò anche lei dal letto, appoggiò il computer sulla scrivania e tirò fuori la sedia chiudibile poggiata vicino la chitarra. "Facciamo questa ricerca."
Vanessa tirò fuori dallo zaino un quaderno azzurro e il libro di scienze. "Va bene, ma non abbandonarlo così presto quel progetto. Ti ci devi impegnare."
Era ancora convinta che non lo avrebbe portato a termine? Lo avrebbe fatto. Le serviva soltanto un po' più di tempo per pensarci. "Lo faccio, tranquilla. È che ho diverse idee e devo capire quale è la migliore." Magari avesse avuto più idee tra cui scegliere.
Vanessa aprì il programma per fare i power point. "Brava, sono contenta che ci stai lavorando. Lascia stare quel ragazzo e concentrati sul tuo lavoro."
La faceva facile lei che aveva il cervello organizzato come la sua agenda immodificabile.

~~~

"Ciao Vane, a domani." Elena chiuse il portone di casa.
La voce di suo padre le arrivò da dietro le spalle. "È uscita? Non rimane a cena con noi?"
Se era uscita, era ovvio che non rimaneva a cena. "No." Elena si sedette al suo posto.
"Vanno bene i pennelli e i carboncini che ti ho comprato?" Suo padre cercava ancora di fare conversazione? Sapeva benissimo che Elena ce l'aveva con lui, non poteva fare finta di niente.
Elena infilzò una polpetta e si mise contare i cerchi gialli nel piatto che avevano apparecchiato per Vanessa. C'era stata una strana tensione mentre facevano la ricerca... Forse era per quello che non era voluta rimanere.
Sua madre tolse il piatto giallo e il bicchiere e si sedette vicino a Giacomo. "Hai già disegnato qualcosa?"
Ancora? Ma perché parlavano tutti di quel maledetto progetto? Perché tutto a un tratto erano così interessati alla sua vita, quando gli anni prima si erano sempre fatti i cazzi loro?
Elena bevve tutta l'acqua nel bicchiere. Lo batté sul tavolo e si alzò in piedi. "Ma perché mi chiedete tutti la stessa cosa?! Basta!"
Si chiuse a chiave in camera.
Quanti mesi mancavano ancora per compiere diciott'anni e potersene andare di casa? Ancora troppi...
Aprì l'armadio, tirò fuori una bustina di patatine al formaggio e si buttò sul letto.
Aveva così tanta fame... Era già una botte e continuava a mangiare. E non voleva vedere o parlare con nessuno. Forse le stava per venire il ciclo.
Ciclo o no Vanessa e i suoi le stavano troppo addosso. E quello stronzo del bar non le aveva neanche detto come si chiamava.
Che vita di merda!
Lasciò cadere un pugno di patatine sulla bocca aperta. Briciole gialle le piovvero sulla felpa nera come stelle. Beate loro che stavano lontane anni luce della Terra.
Infilò le cuffiette e aprì l'app di Netflix per cercare una serie o un film che non avesse ancora visto con Vanessa.
E quello?
Fino all'osso.
Nell'estremo tentativo di combattere la propria grave anoressia, la ventenne Ellen accetta di entrare in un centro di recupero per farsi aiutare da un medico che utilizza metodi non convenzionali.
Anoressia? Era meglio essere uno scheletro che una balena. Ma come si arrivava a essere così magri? Come si riusciva a non mangiare? Elena riusciva a digiunare per un giorno intero se stava fuori casa fino alla sera, ma il giorno dopo si mangiava pure un bue. Magari quel film poteva darle dei suggerimenti...

~~~

Quelle ragazze erano davvero così magre o era tutto finto?
Elena strinse la mano intorno al polso. Quella Ellen era riuscita a toccarsi pollice e medio intorno al braccio e lei non ci riusciva neanche sull'attaccatura della mano. Era troppo grassa.
Che cosa avrebbe dato per avere delle gambe magre come quelle... Che cosa avrebbe potuto fare?
Quella ragazza correva e faceva gli addominali in ogni momento libero e Elena, invece, faceva di tutto per saltare le ore di ginnastica. Poteva provare a fare lunghe camminate, ma quegli stronzi dei suoi non la facevano ancora uscire di casa. Doveva trovare qualcos'altro.
Lassativi? Vomito? Erano entrambe scelte disgustose, ma se proprio doveva sceglierne una forse avrebbe optato per il vomito.
Aprì la porta e il buio nel corridoio le suggerì che i suoi si erano già chiusi in camera. Si chiuse in bagno, si inginocchiò davanti al water e raccolse i capelli alla meglio con l'elastico. Era pronta.
Alzò la tavoletta, aprì la bocca e ci infilò indice e medio. La mano tremò e provò a spingerla più in fondo. Le dita toccarono qualcosa di morbido e umido e la gola ebbe una contrazione. Tutto lì? Dov'era il vomito?
Riprovò spingendo le dita più in fondo. Di nuovo soltanto una contrazione della gola. Perché non ci riusciva?
Sputò della saliva facendo vibrare la sua ombra riflessa nell'acqua e si alzò in piedi. Forse aveva bisogno di qualcos'altro... Lo spazzolino!
Aprì il mobiletto tra la doccia e il lavandino, tirò fuori il suo spazzolino arancione e tornò davanti al water. Portò la punta dello spazzolino dentro la bocca. La mano iniziò a tremare di nuovo. Perché era così debole? Quello era l'unico modo per dimagrire! Doveva riuscirci!
Afferrò il polso tremolante con l'altra mano e si conficcò lo spazzolino in gola. Lo stomaco le si strinse dolorosamente, i muscoli della gola spinsero via lo spazzolino e qualcosa le bruciò lungo tutta la gola fino a uscire violentemente dalla bocca.
Ci era riuscita. Ci era davvero riuscita?
L'acqua del water era diventata marroncina e dei pezzetti solidi galleggiavano sulla superficie. Era disgustoso, ma anche stupendo perché era stato davvero facile.
Ormai era passata più di un'ora da quando aveva mangiato le patatine, ma se ilsuo vomito aveva quell'aspetto forse non aveva ancora finito di digerire.Doveva farlo ancora per svuotarsi di tutto quello che riusciva.
Riempì il bicchiere di plastica d'acqua, lo bevve tutto e il bruciore alla golasi affievolì. Riprese lo spazzolino e ripeté il gesto. Lo stomaco le feceancora più male, ma il liquido che le uscì dalla bocca era molto meno e piùchiaro. Non aveva più molto da far uscire per quella sera.
Tirò l'acqua, chiuse la tavoletta e ci si sedette sopra. Portò una mano allagola ancora in fiamme e deglutì. Il sapore rancido e ferroso la fece quasivomitare di nuovo. Fece scorrere la mano sulle pieghe della pancia e poi sulle coscespiaccicate sulla tavoletta bianca.
Era ancora enorme, ma presto si sarebbe liberata di tutto quel grasso.
Non erano i ragazzi che la prendevano in giro il suo nemico. Li avrebbeignorati.
Non lo erano neanche i suoi genitori che non la facevano uscire di casa. Anzi,forse doveva ringraziarli perché stando a casa poteva vomitare dopo ogni pasto.
Il suo vero nemico era il cibo.

Come un soffioneDonde viven las historias. Descúbrelo ahora