Capitolo 3 - A te mia musa

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"È una questione di qualità
La tua presenza
Rassicurante e ipnotica
Mi affascina
E gioca col mio senno
E ne lascia ben poche briciole

E io amo darlo a te
O amabile
Custode degli sguardi che ti dedico
Fra lo sragionamento e l'estasi
Degli amplessi magnifici

Perché tu sai come farmi uscire da me
Dalla gabbia dorata della mia lucidità
E non voglio sapere quando
Come e perché questa meraviglia alla sua fine arriverà

Musa, ispirami
Musa, proteggimi
Ogni ora..."

«Ed è questa la poesia che tuo nonno mi dedicò all'epoca. E ancora io ne conservo i pieni ricordi e ogni singola parola, qui, nel mio cuore e nella mia mente sono impressi nella mia mente.» «Quindi, mi state dicendo, che vostro marito all'epoca vi ha dedicato una poesia? E perché mai?» «Beh, all'epoca diciamo che questo genere di cose era davvero diffuso. E la cosa interessante è proprio che queste parole le ha scritte lui. Sono farina del suo sacco» rispose la donna anziana, la quale in quel momento teneva al proprio grembo la testa del suo nipotino e gli donava un sorriso amorevole. Ad un certo punto, il bambino alzò lo sguardo un momento, posando gli occhi in quelli piccoli e sottili della nonna e sospirando di poco dalle proprie labbra, ritornò ad accoccolarsi a lei, al suo grembo «Perfavore continuate» la pregò il giovane e la donna, senza aggiungere altro, sorrise dolcemente, donandogli delle dolci e delicate carezze sulla testa, lasciando che le dita rugose e un po' screpolate passassero fra i suoi capelli. Alla richiesta annuì, chiudendo gli occhi e schiudendo le labbra, riprendendo a recitare la poesia con la medesima passione e amore che sin dalla sua età longeva ancora conservava.

Rapito ormai e quasi stregato dalla sua bellezza, Carlo continuava ad ammirare la composizione che lo aveva talmente incantato da estraniarlo dal mondo...
La sua vista era talmente focalizzata sui soggetti, che tutto il resto attorno a lui l'aveva interamente eliminato dal proprio campo visivo, sfocandolo e rendendolo di minore importanza ai propri sensi; le sue orecchie ormai captavano in modo ovattato il brusio delle persone che in quel momento stavano parlando e i tacchi delle nobildonne che rimbombavano sul parquet erano solamente dei piccoli accenni che gli stuzzicavano l'udito, come se fossero delle piccole zanzare che ronzavano nei pressi del suo orecchio. Le labbra lasciate leggermente socchiuse, lasciavano intravedere bene la loro forma e il colore, mettendo in evidenza maggiormente la linea della mascella ben delineata. Il respiro si fece addirittura più profondo e il battito del cuore iniziava a rallentare... Era come se una cupola di vetro l'avesse avvolto in quel momento, isolandolo interamente da tutto il mondo esterno e imprigionandolo assieme a quella statua.

«"Morirei cento volte piuttosto che rinunciare a questa dolcissima unione con te. Chiunque tu sia, io ti amo, ti adoro come la mia anima"»

Il viso di Carlo, si rianimò da quello stato come di trance e sgranando di poco gli occhi, si girò di scatto al suo lato sinistro, notando una figura che camminava in modo lento ed elegante verso di lui.
«Perdonatemi?» disse leggermente confuso, in quanto era ancora abbastanza spossato dal suo primo momento e muovendosi leggermente, potè percepire il modo in cui il suo corpo si era intorpidito prima e che in quel momento si stavano rianimando i vari muscoli e articolazioni.
I suoi occhi color nocciola, ormai con la vista nettamente più nitida, andarono ad impigliarsi con un altro paio di occhi: questi erano di un meraviglioso marrone scuro, dalle sfumature di una colorazione simile al miele illuminato dai raggi del sole. I suoi capelli marroni, mettevano in risalto il suo incarnato e anche il complesso della sua persona, rendendolo un giovane di bell'aspetto a detta di Carlo.
«Oh perdonatemi essermi intromesso in tal modo brusco e aver interrotto i vostri pensieri, ma sembravate così rapito e assorto nella contemplazione di questa statua...» disse il giovane Roman, il quale in quel momento si era messo a fianco del giovane biondo, emulando la sua medesima posizione ma con lo sguardo rivolto nei confronti del suo interlocutore.
«Psiche ed Eros, nonché il noto Dio dell'Amore e figlio della bella Afrodite. Una storia tragica e drammatica, ma con un meraviglioso lieto fine.» disse con voce profonda e calma il moro, mentre guardò un momento in basso, per poi lentamente salire a fissare quella riproduzione di uno dei complessi artistici più famosi e conosciuti, nonché anche uno dei più belli a suo parere. Teneva le sue mani dietro la schiena, con una di queste impegnata a tenere la propria giacca e rimanendo con una posizione ben composta e diritta, inalò dell'aria nei polmoni, gonfiando di poco il petto per poi espirare quest'ultima dalle narici.
«Vi intendete di arte e di letteratura, soprattutto quella epica o sono in errore?» domandò Carlo, alzando un sopracciglio e tenendo un braccio piegato, in modo che la mano rimanesse all'altezza della gabbia toracica e l'altra l'aveva lasciata parallela al proprio fianco. Passando il proprio sguardo nei confronti del moro, Carlo rimase un momento a fissarlo, notando come questo lo stesse già guardando negli occhi e con un piccolo sorrisetto compiaciuto in viso, si passò una mano sopra il proprio petto, affinché potesse un secondo stirare il tessuto della propria camicia «Non sono venuto in questo museo per potermi vantare o mettere in mostra. Questo è il compiti della nobiltà più adagiata di me. Ma posso confermare la vostra osservazione: sono in effetti uno scultore in prima persona e leggo spesso opere letterarie di genere epico. Quindi, si, posso confermare di essere una sottospecie di intenditore.» rispose, facendo un piccolo e leggero inchino col busto, come se quella fosse la sua presentazione e con il suo solito sorrisetto, assottigliò lo sguardo nei confronti dell'altro e si sistemò successivamente nella posizione iniziale.
Il modo con cui reggeva un argomento, come lo portava avanti e quel pizzico di ironia che aveva usato per descrivere la fascia delle persone adagiate, stuzzicò alquanto l'interesse del biondo e questa era una cosa alquanto rara. Assottigliando lo sguardo, Carlo schiuse le labbra «Il modo con cui state portando avanti tale vostra argomentazione non è per niente noioso e nemmeno pacchiano. Il vostro comportamento modesto è semplice e a giudicare dal modo con cui siete vestito, non si potrebbe dire che siete nemmeno uno uomo con sole quattro monete in tasca. Devo ammetterlo, mi avete intrigato» ammise e il moro fece un cenno col capo, chiudendo nel mentre gli occhi ma poi li riaprì per guardarlo a sua volta «Sono onorato» replicò sorridendo come prima «E ditemi, cosa sapreste dirmi in più di quest'opera?» chiese il biondo, portandosi il braccio, che fino a quel momento era rimasto a penzoloni, su, posando il gomito sull'avambraccio dell'altro già piegato e le dita sotto il mento, gravando il peso della propria testa alle mani in modo da poter anche ascoltare meglio le parole che aveva da dire il moro, iniziando ad apprezzare la sua presenza «Cosa potrei dirvi... Vediamo... Intanto, questa è solamente una riproduzione, ma penso che questo lo sapevate già, in quanto vedo siete un ottimo osservatore. E per caso avrete anche notato il modo perfetto con cui i corpi dei due protagonisti è stato rappresentato immagino. Una nota che in pochi saprebbero notare e anche chi rimane tempo ad osservare» disse, volgendo lo sguardo verso il profilo dell'altro, il quale in quel momento, guidato dalle parole del moro, stava analizzando con più attenzione il gruppo scultoreo in modo attento e analitico «I corpi di Amore e di Psiche sono stati posti in modo da creare come una X morbida e sinuosa, donando maggiore spazio possibile all'opera.» «Eccellente, un'ottima osservazione» esclamò sorridendo il giovane Roman, che in quel momento stava osservando ancora la figura dell'altro.
Dentro di sé, un calore tiepido, si stava iniziando a propagare sempre di più nel petto, in particolar modo a livello del cuore e il suo animo si stava come placando dopo una tempesta che lo aveva stremato e prosciugato fino alle sue ultime energie.
Fu così che i due giovani passarono il resto delle ore: ammirando e confrontandosi a vicenda mentre i loro occhi e i loro interessi ricadevano su diverse sculture, le quali, esprimevano ognuna un'emozione o raccontavano un evento uno diverso dall'altro.

Le ore passarono ma per loro la concezione di tempo non esisteva, siccome erano ormai troppo presi e infatti, il giovane biondo tardò di ben trenta minuti rispetto all'orario prestabilito con il cocchiere. Se ne accorse solamente dopo, non appena osservò l'ora sul proprio orologio da polso, con i lacci in cuoio chiaro e le lancette nere e sottili.
Sgranò gli occhi, fermandosi un momento e smettendo di seguire per un pezzo il giovane moro, che era a qualche passo lontano da lui «Qualcosa non va?» domandò con tono calmo Roman «Ahh... Mi ero scordato del cocchiere. Mi dispiace davvero molto dovervi lasciare... Ma purtroppo il mio cocchiere è qui da un po' di tempo e la mia permanenza qui è giunta al termine» disse con tono quasi dispiaciuto mentre guardò un poco in basso e sospirò a pieni polmoni.
Roman sorrise di poco, scuotendo il capo mentre percosse la mano da una parte all'altra in segno di completa apprensione «Non dovete affatto scusarvi. Ma permettetemi di accompagnarvi fuori. È tardi anche per me perciò non mi togliereste nemmeno un minuto in più della permanenza in questo luogo» disse iniziando a retrocedere coi passi e ritornò di fianco alla figura dell'altro, il quale, con un viso rilassato, annuì alle sue parole e decise di seguirlo verso l'uscita.
Il loro tragitto fu tutto silenzioso, ma non era uno di quei silenzi imbarazzanti, anzi, nonostante fra loro non vi erano baratti e scambi di parole, i loro respiri e i loro sensi del corpo stavano comunicando, utilizzando anche un linguaggio che solamente loro potevano comprendere.
Scendendo le scale, Roman potè percepire l'aria fresca della sera alzarsi e scompigliargli i capelli e muovergli i vestiti e così fu anche nel caso di Carlo, che in quel momento vide il cocchiere che lo stava aspettando pazientemente.
Appena giunti davanti alla portiera, Roman si sporse, aprendo quest'ultima per il giovane, che con sguardo di stupore, sorrise di poco, ringraziandolo con un cenno del capo e salendo così all'interno della diligenza.

«È stato un piacere potervi conoscere» disse il biondo, sporgendosi un poco dal finestrino della portiera e guardando negli occhi la figura del moro, illuminata dalle luci della strada che stavano iniziando ad animare il buio che aveva portato la sera «Lo stesso onore e piacere è stato il mio. Non vi dimenticherò» «È per caso un addio?» domandò ironicamente il biondo con un piccolo sorrisetto che venne ricambiato da parte del moro che scosse il capo «Non sono bravo coi saluti, ma so distinguerli e so alla perfezione che il nostro caso non è uno di questi. Ci sarà un giorno, lo so per certo, che ci rincontreremo e sarà anche prima di quanto possiamo immaginare» «Vi vedo molto sicuro» «Io non mento mai» soggiunse Roman con un sorrisetto ammiccante e facendogli un occhiolino. A quel gesto, Carlo, non potè che ridacchiare di poco «Allora, a presto» disse e con un gesto della mano, diede il permesso al cocchiere di partire e così fu.

Il rumore degli zoccoli e delle ruote rimbombavano nelle orecchie dei due, lasciando che all'udito del moro, essi erano come dei lontani brusii.
Assottigliando lo sguardo e sorridendo di poco alla figura lontana della diligenza, il moro si girò di tre quarti, schiudendo le labbra.

«Buonanotte, mia musa»

Furono quelle le parole che sussurrò fa sé e sé e dando completamente le spalle alla carrozza, ormai lontana, si diresse verso la propria dimora, camminando in modo tranquillo e con passo deciso, ma con il calore nel petto che gli riscaldava ancora il corpo.

Era una sera di fine estate e la luna era alta in cielo, accompagnata dal manto stellato e dalle nuvole grigie che fluttuavano nell'aria.

La figura di Roman camminava e camminava per le strade, ma il suo animo e la sua mente in quel momento stavano volando e i suoi pensieri erano rivolti ad una e una sola cosa... O per essere ben più precisi, rivolti ad una persona.

Prigionieri Della Nostra Arte Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon