Anno 1 – giorno 114 - notte
Il ragazzo era uscito dalla stanza sbattendo la porta con la furia di un tornado.
I due uomini guardarono il giovane Ianco disteso a letto e poi si scrutarono.«Hai decisamente esagerato, Logan». Il tono del Professore non ammetteva repliche.
«E lui sa che sei stato tu. Come la mettiamo?».Gli occhi ambrati di Holmberg si illuminarono e un largo sorriso si dipinse sul volto costellato di efelidi. Si chinò a raccogliere gli occhiali, una lente incrinata.
«Tecnicamente, – fece con tono allegro – non sono stato io!».
Vestergaard rilasciò un sospiro spazientito e si trattenne dal ribattere a quella sfacciataggine.«Non vuole sentire cos'ho in mente, Dottore?».
Gli occhi grigi dell'uomo lo squadrarono da capo a piedi. «Sinceramente no, ma non credo di avere altra scelta.».
Il rosso si sedette accanto al letto, osservando il giovane paziente con una meticolosità innaturale. «Ho bisogno di riacquistare la sua fiducia. E l'unico modo per farlo è lenire la sua sete.».
«Si spieghi meglio, signor Holmberg.».
Quel tono formale gli fece raddrizzare la schiena e voltare il capo immediatamente verso Vestergaard. Il suo continuo passare dal "lei" al "tu" gli stava dando sui nervi.
Era come se fosse un padre che non voleva fare il padre, ma il semplice tutore di tutte quelle piccole anime perse.«Gli darò quello che vuole: vendetta. Non deve passare troppo tempo, ma il ragazzo è ancora acerbo. Lui avrà quelle teste di cazzo e noi avremo la nostra cavia. Le sta bene come proposta?».
La mano di Holmberg carezzava debolmente quella di Ianco, leggera come un battito di ciglia. Le dita del ragazzo si mossero sotto quel tocco, percependolo e rispondendovi.
Il Professore prese il suo fidato taccuino ed annotò il progresso del paziente, prima di ricacciarlo nella tasca del camice.
«E se lui dovesse riprendersi? A questo ci ha pensato?».Holmberg rimase pensieroso per un istante: le ciglia di fuoco si muovevano impercettibilmente, accompagnando il movimento di quegli occhi chiari.
«Non succederà. Lo guardi ancora: come potrebbe mai riprendersi? Interrogherò comunque quei due, prima di avvicinarmi a Gates.».Un profondo sospiro uscì da Vestergaard, che rimaneva scettico sui metodi e sulla proposta fatta dall'Assistente. «Chi altro sa di questa cosa? Qualcuno potrebbe parlare?».
Holmberg fece spallucce, prima di alzarsi dalla sedia ed avvicinarsi alla porta: «Il vecchio inserviente non ha visto nulla, se non una porta sbattuta in faccia, nessuno ha udito nulla perché nessuno va mai in lavanderia se non è di turno. Chi lo ha trovato non ha visto i miei uomini. Fine della questione, Dottore. Si fidi di me, l'ho mai delusa?».
Il vecchio scosse la testa. «Purtroppo, no. Sei il migliore in tutto e sai di esserlo. Si può dire che abbia davvero creato un mostro.».
In quel momento avrebbe avuto bisogno di una sigaretta. Una di quelle che Ianco ogni tanto gli procurava.
Fissò il letto, immacolato, come lo aveva lasciato cinque giorni prima.
Da quando aveva fatto ritorno dall'allenamento speciale era riuscito a passare in camera solo un paio di volte. Ogni momento libero lo aveva passato al capezzale di Ianco.Si sentì mancare il respiro e la terra da sotto i piedi. Cadde in ginocchio, poggiando la testa sul materasso ed avvolgendo le braccia al corpo, stringendosi con le mani le spalle.
Strinse forte, fino a sentire le unghie che premevano oltre i vestiti, bramando la pelle, la carne.
Smise di respirare per un momento.
La mascella serrata, le labbra in mezzo ai denti, gli occhi spalancati così tanto da voler quasi uscir fuori dal cranio.
Aveva tentato di sopportare, di essere forte, di stare sveglio tutta la notte e di non pensare.
Si sentiva sopraffatto dal suo stesso dolore, immaginando ciò che avesse provato Ianco.
Cosa sentiva, adesso, su quel letto?
Provava dolore? O non sentiva nulla per i farmaci?
Percepiva la sua presenza?
Un singhiozzo gli sfuggì dalle labbra e riprese a respirare, affamato d'aria.
Gli dolevano le dita per il troppo stringere. In bocca aveva il sapore metallico del sangue.
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La fuga
General FictionDi posti e volti che a volte si perdono nella memoria, fumosi, confusi. Perché la mente umana è così bella e complessa che può essere guarita o impostata a nostro piacimento. E poco importa se si finisce a giocare con le vite altrui, incrinandole e...