Capitolo 26 Bella

581 14 9
                                    

«Mamma tutto bene?»

Quella domenica, era pomeriggio inoltrato quando trovai mia madre seduta al centro del letto matrimoniale che condivideva con Tony.
Le sue gambe erano tese e la schiena appoggiata allo schienale in ferro battuto bianco, tra le mani aveva qualcosa che da quella distanza non riuscii a capire cosa fosse.

I suoi occhi azzurri, così simili ai miei, si alzarono sulla mia figura minuta e goffa sull'uscio della porta.
Sembrava essere turbata da qualcosa che la logorava dentro, il suo sguardo mi guardò in maniera fredda e dolorosa allo stesso tempo.

Avevo intuito cosa le passasse per la testa così mi avvicinai cautamente a lei e mi sedetti al suo fianco facendo attenzione a non sfiorarla neanche con il tessuto del mio pigiama.

Quando era in quei momenti di trance voleva essere lasciata sola anche se sofferente diceva che non aveva bisogno di me quando le mancava mio fratello. Non voleva vedere nessuno, neppure sua figlia.

Abbassai gli occhi e una morsa al petto arrivò subito quando posai lo sguardo fra le sue mani che stringevano una cornice con dentro una foto di Carter e di lei che li ritraevano al parco giochi, ero stata io a scattare quella foto.
A dodici anni avevo sviluppato una certa ossessione per le fotografie e ogni volta che mi era possibile, scattavo foto e i miei soggetti preferiti erano proprio loro due.

Quel dolore non sarebbe mai andato via dentro di noi, Carter era stata una persona troppo importante nella nostra vita tralasciando che fosse mio fratello e a lei suo figlio. In quella casa portava allegria anche quando non c'era neanche un grumolo di felicità, a Natale era sempre disposto a fare l'albero da solo pur di avere lo spirito natalizio dentro quelle quattro pareti. Quando mio padre voleva picchiarci, lui era sempre pronto a difendermi sapendo che le avrebbe prese il doppio per non farle prendere a me.

Carter non era solo mio fratello, il nostro legame andava oltre le stelle, oltre l'universo. Era il mio migliore amico, il mio confidente. Era la stella luminosa che seguivo per orientarmi come facevano i marinai, ma quella stella si era spenta e così io avevo perso la meta, non sapevo più orientarmi senza di lui.

«Che hai mamma?» le chiesi mentre lei non smetteva di guardare davanti a se il vuoto. Il dolore la stava logorando un'altra volta e lei lo viveva così il male.

Arrivava all'improvviso bussando alla sua porta come un ospite indesiderato che avrebbe dovuto accogliere fino a quando non avrebbe deciso di andar via con la raccomandazione però che un giorno sarebbe tornato.

«Sai perché tuo fratello aveva paura dell'acqua?» scossi il capo con occhi dolci e bagnati. Lei non mi voleva li ma dovevo restare fino a quando non si sarebbe sentita un po' meglio.

«Tuo padre una volta l'affogò nella vasca da bagno» ebbi un sussulto per quelle parole così ride e uscite dalla sua bocca con fatale apatia.

«P-perché mi stai dicendo queste cose?»

Non volevo ancora sentire parlare di quel mostro. Ormai era uscito dalla mia vita è di lui non avrei voluto avere più nessun ricordo. Se ci fosse stato un interruttore, non avrei esitato ad usarlo.
Quell'uomo ci aveva rovinato la vita.

«Perché è stato lui a far ammalare tuo fratello, ne sono sicura. È stato quel bastardo» le lacrime uscivano a per di fiato dai suoi occhi cristallini e dovetti stringerla a me per farle capire che io ero con lei.

Mia madre non si dava tregua. Mio fratello era un malato terminale ma dava la colpa a mio padre. Diceva che era stato lui che li aveva fatto venire il cancro.

Non avrei mai difeso quell'uomo, neanche sotto tortura, ma come poteva essere stato lui a far ammalare mio fratello quando il destino aveva già scritto le carte della sua vita?

Life in your handsWhere stories live. Discover now