2| Sala Grande

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Si volto' nella mia direzione osservandomi sorpreso per niente contrariato o incazzato, come invece mi aspettavo. Davanti alla sua espressione mi sentii subito in colpa, l'avro' offeso?
Feci un sorrisino pieno di scuse silenziose e sincere alzando leggermente le mani in segno di resa. Ettore osservo' stranito quel gesto e continuò a camminare guardando davanti a se. Merda,poverino. Sicuramente ci sara' rimasto male...ma infondo anche lui non e' il massimo di gentilezza e ricordando come mi ha trattato prima, seppure non mi sia offesa, mi sentii subito meglio.

Non mi aspettavo la sua reazione "calma" se cosi' si puo' dire, come non mi aspettavo altre cose di gran lunga piu' notevole importanza. Tipo l'edificio in cui eravamo appena entrati. Era un tutt'altro mondo rispetto al giardino dal quale eravamo usciti qualche momento fa. Me lo ero immaginato diverso, pieno di colori morbidi, persone che ti sorridevano calorosamente quando passavi, poster colorati sulle pareti riempite di colori vivi, piante verdi ecc..

Insomma, qualcosa che ti faceva sentire a tuo agio. O perlomeno che ti faceva sentire a scuola.

E invece...
Ferro ovunque. Era fatto completamente di ferro. Le mura di ferro, le porte di ferro, librerie di ferro...almeno i libri erano fatti con la carta, pensai. Nessuna pianta viva, nessun poster, nessun colore acceso e purtroppo, nessun sorriso.

- di qua- mi guidarono i due. Le persone che camminavano per i corridoi erano tutti vestiti di grigio. Tutti schifosamente uguali.
Mi chiesi il perché di tale monotonia, perché tutto questo ferro, ma soprattutto perché questa rigidità e freddezza nelle persone. Sembravano tutte programmate, proprio come Fabrizia ed Ettore. I loro visi erano tutti identici, impassibili e spenti.
Non c'era luce nei loro volti.

Dopo aver attraversato qualche corridoio entrammo in una sala gigante, presumo si trattasse della "Grande Sala", quella di cui mi aveva "parlato" Ettore dopo la strana sveglia.

All'interno c'erano un sacco di adolescenti, ragazzi tra i 14 e i 18 anni. Notai che loro non erano vestiti monotoni come la gente nei corridoi. Ognuno aveva uno stile differente. Scrutai persino due o tre punk. 

Mi sembrò finalmente di entrare in un luogo tra persone vive. Ridevano, parlavano e scherzavano.

Prendendo esempio dagli altri mi sedetti su una delle tre sedie che erano rimaste libere, in mezzo alle due. Dedussi che quelle erano le nostre e che quindi eravamo arrivati per ultimi.
Che disagio.  Soprattutto perche la colpa era mia. Io odiavo arrivare in ritardo, ma piu di tutto on sopportavo arrivare ultima.

Nessuno sembro' accorgersene. A loro non fregava, tutti erano emozionati del nuovo posto in cui si trovavano. L'adrenalina scorreva nel loro corpo, la sentivo. Ce n'era anche dentro di me.

Ai miei lati si sedettero Agnese ed Ettore.
Di fronte alla mia sedia c'era una ragazza mora. I capelli le ricadevano oltre le spalle ,finendo quasi sulla base della schiena, come i miei. Erano ondulati e splendenti. Lei non parlava con nessuno. Mi chiesi se tutti abitavano in appartamenti con altre persone, perche quasi ognuno dei presenti chiacchierava con la persona accanto e dedussi che dovessero vivere insieme.          Mi chiesi se anche loro erano intimoriti da tutta questa situazione, se anche loro erano silenziosamente pieni di paura nel petto.

Ad un certo punto entrò un uomo. Aveva i capelli grigi da quanto era vecchio, questo lo capii immediatamente. Pure lui aveva mosse precise e tese. Soprattutto rigide. Il suo volto era cupo , vuoto, privo di qualsiasi emozione.
Mi mise subito agitazione nel profondo ,con quel modo misurato di camminare, spalle dritte.
Una volta che si fermò di fronte a tutti noi, ci guardò attentamente, potrei quasi dire intensamente. Ci analizzò. 

Stupidamente pensai che se lo avesse fatto un bel ragazzo moro ,con un bel fisico e tatuato forse non ne sarei stata neanche tanto dispiaciuta ma dato che si trattava di un vecchio, forse anche perfido e antipatico, la cosa non mi entusiasmava per niente. 

Inutile dire che tutti si zittirono. Mi venne improvvisa voglia di accendermi una sigaretta,la mia salvezza.

Il direttore osservò ognuno di noi, come per conoscerci. Molti non riuscivano a guardarlo , da quanto erano intimoriti. Beh, ovvio.

Quando arrivò a me sobbalzai, era come se mi avesse ficcato dentro i suoi occhi e iniziato a studiare dall'interno. Non volevo che mi guardasse così. Mi desse fastidio. Non volevo che vedesse paura nelle mie splendide iride verdi, così feci la sua stessa faccia.
Qualcosa andò storto, corrugò le sopracciglia e si accigliò. Io mi mossi nervosa sulla sedia distogliendo lo sguardo dal suo non riuscendo piu' a sopportarlo.

Agnese mi guardava. Poggiò la sua mano sulla mia, per comunicarmi che c'era lei con me. Ettore invece osservò quel gesto stranito. Come se non capisse le intenzioni della ragazza.

Quel ragazzo e' senza speranze.

-bene ragazzi, buongiorno- iniziò quell'uomo con voce ferma decidendosi finalmente a parlare -io sono il Direttor Vittorio Freddi, questa è la mia Accademia, l'Accademia Perial- guardò dritto davanti a sé, non concentrandosi più su nessuno di noi.
-vi starete chiedendo perché siete qui.- continuò serio e freddo.
Non a caso di cognome fa Freddi.
Si, me l'ero chiesta da un po' perché ero qui.

Nessuno fiatò, ma ero sicura al cento per cento che nelle menti di tutti questi ragazzi e ragazze ci fosse il caos più totale, urla e domande che galleggiavano ovunque.

-bene. Siete qui perché c'è la guerra, la fuori. Ora vi starete dicendo "ma fuori di qui non c'era alcuna traccia di guerra". - disse, imitando le nostri voci in modo molto inquietante.  Era da brividi.
-certo che non la vedete, stupidi bambini.- tuono' sprezzante e io rimasi un attimo sbigottita.
Che cattiveria.
Un po' di delicatezza non gliel'avevano insegnata?

-perché tutti noi siamo coperti da una grossa protezione di ferro. Ai margini di questo paese c'è "La Protezione" che ci nasconde dagli eventuali attacchi, dal sangue e dalla rovina. - continuò lui, alzando sempre di più il tono, come per imprimere le sue parole nelle nostre testoline giovani.
Poi mi balenò in testa un pensiero.
Non mi ricordo come sono arrivata qui.
Vittorio Freddi, come se avesse udito il mio pensiero poso' i suoi vecchi occhi su di me. -non vi ricordate come siete arrivati fin qui?- mi vennero brividi ovunque. Sembro' che lo stesse chiedendo direttamente a me, tuttavia rimasi ferma immobile. Queste erano le coincidenze che mi spaventavano.

-non ve lo ricordate perché siete stati addormentati da vari componenti dell'Accademia- spiegò, quasi fosse una cosa normale. Ah, certo siamo stati addormentati in chissa' quale modo e per chissa quale motivo...cosa c'e' di piu' normale di questo?
Seguì un attimo in cui lui ci guardò un'altra volta , però senza posare più lo sguardo su di me. Aspettai che ci spiegasse perché ci avevano fatto addormentare, ma la spiegazione non arrivò. Non che mi aspettassi il contrario.

- l'ultima cosa che dovete sapere da me, è che c'è una sola regola fissa nella mia Accademia che per me conta più delle altre- disse più serio di prima -La "Regola-Legge"- diceva quel "mia" con molto possesso, come se fosse geloso di quest'edificio ferroso.
Susseguirono mormorii e sussurri eccitati nel momento in cui chiuse bocca, incapaci di trattenersi. Sembravano tutti entusiasti, tutti felici di vivere questa nuova esperienza, come se non fosse successo niente e quest'uomo sia un normale vecchio, proprietario di quest'edificio che ci disse di sentirci come se fossimo a casa nostra accogliendoci con un caloroso sorriso da nonno.


-Non amare. Mettere il cuore e qualsiasi tipo di sentimento ed emozione fuori da qui.- concluse l'uomo di fronte a tutti noi, calcando ogni parola, soprattutto le ultime, facendo zittire qualsiasi mormorio, forse anche i respiri di ciascuno di noi.
- se non ne siete capaci, verrete eliminati- aggiunse semplicemente, quasi con sarcasmo. Eliminati?
Poi se ne andò, lasciando la Sala Grande.
In che modo eliminati?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Oct 24, 2023 ⏰

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