[trigger warning: violenza di genere]
Rimasi a osservare Quinto che adagiava Volumnia sul mio giaciglio. Entrambi respiravano a fatica. Entrambi tremavano. E il sangue che da giorni sgorgava per la Repubblica li imbrattava da capo a piedi. "Non soltanto" pensai, con lo stomaco stretto in una morsa "L'avete dentro. Nelle vene. Nella testa. Nell'anima". Qualsiasi cosa fosse accaduta, lei pareva un'ombra smarrita e lui un colpevole in cerca della giusta condanna. Io, invece, ero paralizzato e inutile.
«Cosa ci fa un letto in ingresso?» domandò Quinto, appena ebbe ripreso fiato «Al Nord dormite nell'atrium?»
Non risposi, troppo sconvolto persino per comprendere.
«Virgilio?»
Ancora niente.
«Le serve dell'acqua» sbuffò lui «Sbrigati!»
«Ehm... giusto... acqua...» ubbidii con movimenti meccanici, riempii una brocca fino all'orlo e tornai strisciando i piedi. Adesso, eravamo in tre a tremare.
Avanti, agisci! Ringhiarono le voci nella mia testa, Per una volta, sii d'aiuto e non un fardello.
«Sì... Devo...»
«Che c'è?!» soffiò Quinto esasperato.
«Nulla.»
«Allora fa' qualcosa, invece di vaneggiare.»
Annuii, mi sedetti accanto a Volumnia e immersi un panno nell'acqua. "Flacco si sbucciava di continuo" pensai, strizzando il cotone "Le ferite non mi spaventano". Tentai di mantenere un'espressione confortante e iniziai adagio a tamponarle lo zigomo.
«Starò bene» annaspò lei «Avevo bisogno di un amico. Di te.»
«Sono qui» sussurrai, passandole una mano tra i capelli arruffati. Poi spostai lo sguardo su Quinto e lui chinò il capo. Lo vidi stringere i pugni, mordersi il labbro e cominciare a vagare per la stanza.
«Devo andare da mio padre» mugugnò tra sé «Sarà rientrato a casa. Mi starà cercando. Non lo vedo da prima delle Idi» scosse la testa e soffocò un grido «Volevo passare un po' di tempo insieme a mia madre, per Giove! "Che sarà qualche giorno?" mi sono detto "Trascorro da lei la festa di Anna Perenna. Tanto, mio padre avrà mille impegni. Se ne occuperà lo zio. Non..."»
Volumnia provò a mettersi seduta. «Non è colpa tua» tossì con un filo di voce «Sei stato gentile. Non eri obbligato a portarmi da Virgilio.»
Li fissai confuso. «Cos'è successo?»
Quinto aumentò il passo e il suo respiro crebbe. O, forse, mutò in un pianto privo di lacrime. «Ho assistito per anni alle angherie che subiva mia madre» farfugliò, pettinandosi i capelli scuri più e più volte, quasi fosse un modo per placare l'angoscia «Era un matrimonio infelice. Tu lo sai, Virgilio. Ricordi la notte a Napoli? Ricordi Argo? La scuola per cani? Il...» [1]
Lo fermai. «Certo che ricordo. E mi dispiace.»
Quinto arricciò il mento. Per un attimo, credetti che sarebbe corso a rannicchiarsi in un angolo, ma, appena gli tesi la mano, s'irrigidì.
«Dopo il divorzio, contavo di andarmene anch'io. La mamma era libera: perché restare?» studiò il viso tumefatto di Volumnia e riprese a camminare avanti e indietro «Mio padre è un uomo crudele, violento, abietto, imprevedibile, però... La paura di perdermi lo tormentava, destando il mostro che si porta dentro. Mi ha sempre considerato il suo bene più prezioso, la sua... ragione di vita. Quando ho scelto di rimanere con lui, l'ho fatto per la sicurezza di tutti. E dovevo riflettere, prima di allontanarmi». Parlava con rabbia, rassegnazione e affetto. Uno strano connubio di sentimenti.
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Acheronta Movebo
Historical Fiction"I poeti canteranno gli eroi, consegnandoli all'Immortalità" Ecco ciò che mi hanno insegnato. E io ho consumato la vita per cercare parole con cui glorificare Roma. Però, mentre varco la soglia dell'Ade, non è all'Eneide che penso. Sono altre le dom...