1) Ancora bimba

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L'erba umida di un verde cupo, era screziato qua e là da qualche arbusto con foglie allungate e cadenti. Ai lati del sentiero le canne ondulavano al vento, al di là di queste si intravedeva il ristagno d'acqua del fiume che si infiltrava dal sottosuolo. Tronchi d'albero sottili e alti caduti nell'acquitrino prendevano un colore nerastro macerando nello strato melmoso. Su questi correvano piccoli roditori e volpi nelle scorribande per procacciarsi cibo e acqua. Nella zona più a est anatre sguazzavano nel punto più limpido del laghetto.

Cecilia proseguiva sul sentiero canticchiando a mezza bocca cercando di non far cadere l'acqua dall'otre che portava in testa su un canovaccio avvolto. Camminava lentamente ritardando al massimo il rientro alla roccaforte.

Di certo al rientro avrebbe dovuto subire le lamentele della signora Lucrezia e si sarebbe incurvata sotto il cipiglio del marito di lei, l'antico signore del feudo re Berto che sempre spalleggiava la moglie quando lei si prodigava di rammentarle la sua inettitudine.

Perlomeno da qualche anno non subiva più le percosse immotivate e le punizioni corporali.
Da quando, dopo una assenza di tre anni, tornò il signor Goffredo e avendola vista con i segni delle percosse e della sferzate di un ramo di glicine su gambe e schiena, si infuriò e minacciò di cacciarli entrambi, donna Lucrezia e sir Berto, e vi fu una violenta lite con quei genitori che lo avevano costretto alle nozze con una bambina tredicenne per di più bruttina e bassa di cui difficilmente avrebbe potuto interessarsi se continuavano a deturparle il viso e il corpo.

In realtà in tre anni Cecilia era cresciuta molto in altezza, aveva una flessuosità di portamento e una grazia e delicatezza nei modi di fare che Goffredo rimase per un attimo interdetto non riconoscendovi nulla della bimbetta piagnucolante che gli avevano gettato in camera tre anni prima.

Era tornato al feudo al pungolo del sovrano che gli rammentava sempre la necessità di un erede per mantenere il buon nome e il potere della casata oltre i privilegi dei feudi assegnategli.

Il suo ritorno fu annunciato da un messaggero dello stesso re che lo aveva obbligato a tornare.
E  quando arrivò al castello accompagnato da due dei suoi più fidati uomini erano già tutti in attesa.
Oltrepassò il massiccio arco in pietra grigia ed entrò nel salone centrale con passo sicuro facendo rimbombare fra le mura del palazzo il suono dei suoi passi sui lastroni di pietra scura.

Goffredo e il padre Berto si fissarono, solo un cenno del capo a salutarsi. Donna Lucrezia si staccò dal fianco del marito e gli andò incontro alzando le braccia a stringersi quel figlio ribelle, che tanto amava. Goffredo accolse freddamente l'abbraccio restando rigido e poggiando solo una mano sul braccio della madre.

Era un uomo pragmatico e di poche parole, era lì solo per eseguire gli ordini del re.
«Sarà cresciuta ora, un bocciolo da cogliere, sicuramente la troverai più di tuo gusto ora che si sta facendo donna. Potresti anche stupirti nel trovare qualcosa di più aggraziato delle meretrici che vi seguono negli accampamenti.»
Gli aveva detto re Enrico quasi deridendolo.
Ad un suo accenno di diniego re Enrico si era infuriato dicendogli che era stufo di vederlo riempire il mondo di bastardi e di non vedergli generare un solo figlio legittimo.

Goffredo in quei tre anni era divenuto il braccio destro del re normanno Enrico III e padrone del ducato di Normandia per diritto d'armi. Ma all'epoca, all'età di diciotto anni, il potere era nelle mani di suo padre Berto feudatario del Maine, fu stabilito che Goffredo avrebbe sposato Cecilia d'Angiò di anni tredici, e avrebbe preso possesso dei terreni limitrofi e del feudo del di lei padre. Gli accordi prevedevano che sir Riccardo, il padre di Cecilia avrebbe mantenuto le redini della contea d'Angiò come suo sottoposto avendo garantita protezione dagli attacchi dei contendenti, e che il feudo di sir Berto passasse subito nelle sue mani, prima ancora della nascita di un erede.

Rossa come le fiammeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora