4. Un libro del cazzo

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Una volta nel parcheggio non fummo tanto sorpresi di trovare tutte le auto della sicurezza con le ruote bucate. Per fortuna Lucas aveva un piano B. Dietro l'edificio, lontano dagli altri veicoli, aveva posizionato la sua moto nel caso ce ne fosse stato bisogno.
Mi passò il casco, salii dietro di lui. Mi ressi a lui anbracciandolo.
Attraverso il tessuto della sua camicia potevo sentire perfettamente i suoi addominali scolpiti.
«e Leo?» mi preoccupai per lui.
«ha altro di cui occuparsi» non aggiunse altro, mise la quarta e partì senza degnarmi di una spiegazione.
Oltre ai suoi addominali riuscii a percepire il respiro affannoso e il cuore che batteva all'impazzata dentro la gabbia toracica esattamente come il mio.
Iniziai a riflettere sul mio incontro con Oizys. Stavamo facendo esattamente il loro gioco.
«non andare a casa, è quello che vuole, se no perché farsi scoprire?» urlai per farmi sentire sopra il vento.
Non mi diede una risposta si limitò a cambiare strada girando a sinistra sulla A201. Accelerò cosa che lo portò a fare una curva rischiosa per Burrell St. Come facevo a conoscere quelle strade a memoria? Non le aveva mai nemmeno prese. Continuò sempre su Burrell St. Poi a un incrocio prese la A3200 dove incontrammo due semafori. Il primo rosso e il secondo fortunatamente verde. Accostò all'Hilton London Bankside un Hotel 5 stelle poco distante da Buckingham. Era una mossa prevedibile, ci avrebbero trovati.
Lucas fece il check-in, ci diedero la camera 224, ci affrettammo a raggiungerla.
Era una camera moderna e ben arredata. Al centro della stanza c'era un grande letto matrimoniale con una testiera imbottita, affiancato da due comodini che pendevano dal soffitto con delle lampade sospese. A sinistra, vicino alla finestra coperta da tende scure, c'era un divano grigio con alcuni cuscini. Il pavimento era coperto da un tappeto con un motivo geometrico. Le pareti erano rivestite con materiali che sembravano essere di alta qualità, combinando tonalità scure con elementi di legno chiaro. L'illuminazione era soffusa, creando un'atmosfera accogliente e rilassante.
Verso le quattro del mattino qualcuno busso con impeto alla porta. Mi svegliai di soprassalto poi mi girai allarmata verso Lucas. Mi fece cenno di stare zitta poi sfilò la pistola dai pantaloni, la caricò e andò ad aprire.
«sono io ragazzi» sussurrò Leo ma nessuno ci dava la sicurezza che fosse solo.
Toc. Toc. Un altro ti prego. Toc.
3 tocchi ed è solo.

Flashback- 3 giorni prima
«ma se qualcuno ci punta una pistola alla testa come facciamo a far capire all'altro che non deve aprirci?» domandai buttandomi sul letto e incrociando le gambe.
Lucas si poggiò allo stipite della porta incrociando le braccia «poco catastrofica» alzò gli occhi al cielo.
«3 tocchi siamo soli, 2 siamo in compagnia» decise Leo, seduto accanto a me.
«mi sembra giusto» concordò la mia migliore amica in videochiamata.
Marco si limitò ad annuire.

Una volta dentro vidi in che condizioni era Leo. Aveva un taglio profondo sulla fronte, dei taglietti superficiali e delle escoriazioni sul volto. Lo trascinai subito in bagno per prendermi cura di lui. Per fortuna all'interno dell'armadio trovammo un kit di pronto soccorso. Poi iniziai a fare la predica a Lucas.
«come ti salta in mente di lasciare tuo fratello solo in questa situazione!» imprecai contro il maggiore mentre disinfettavo le ferite del fratello «tu zitto!» urlai a Leo dopo l'ennesimo lamento.
Si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia poi mi rispose con il suo solito tono freddo e duro: «il mio lavoro è proteggere te»
«ma la famiglia viene prima di tutto» iniziai a mettere i punti sul taglio alla fronte di Leo. Per un periodo avevo frequentato dei brutti giri, avevo imparato a prendermi cura degli altri dopo una rissa. Soprattutto del mio primo ragazzo.
«ho fatto un giuramento, tu vieni prima di tutto» vidi un velo di tristezza attraversare il viso del fratello mentre pronunciava quella frase. Non immaginavo neanche come ci si sentisse a sentirsi dire una cosa del genere. Sono solo una sconosciuta. Lui è suo fratello. Io per il mio avrei dato la vita a costo di tutto e tutti.

Non restammo un minuto di più in quell'hotel. Leo si era occupato della minaccia. Finalmente potevo tornare a "casa" quindi facemmo il check-out. Lucas se ne andò da solo con la sua moto, arrivando prima di noi, mentre io e Leo usammo la sua auto.
Per tutto il viaggio nessuno parlò. Solo qualche sguardo.
Che cosa era successo? Era l'unico ferito? Perché non siamo rimasti ad aiutarlo? Era colpa mia se riportava tutte quelle ferite.
Una doccia. Ho bisogno di...
Respirare devo...respirare.
Sono un peso. Se a Leo è successo ciò solo con una ragazzina, la prossima volta lui...
No, no no no ti prego no.
Smettila.
Una lacrima mi rigò il volto.
Pensa al presente. Non correre al momento dopo.
Basta. Basta.
Iniziai a sentirmi stringere il petto. I polmoni farsi sempre più stretti. La gola secca. Le guance bagnate e un senso di panico attraversarmi tutto il corpo.
Iniziai a inspirare con il naso e ad espirare con la bocca.
1 2 3 4. Contavo toccando le altre dita con il pollice.
Mi sentivo come se fossi al di fuori del mio corpo e guardassi il tutto come uno spettatore esterno.
Non so se Leo provò a parlarmi. So solo che appena poggiò la sua mano sulle mie fu come se tutto scomparisse. Il panico, le lacrime, tutto. Come se qualcuno avesse premuto un interruttore. E tutto si fosse spento all'improvviso.

La notte
Appoggiai le braccia sporgendomi un poco. Il vento fresco che mi accarezzava il viso e che si faceva strada tra i miei capelli riusciva a rilassarmi e anche la musica nelle orecchie ci riusciva. Sentii la porta della scala aprirsi e poi chiudersi con un grande tonfo. Mi ero rifugiata sul tetto.
L'unica cosa che volevo in quel momento era rimanere sola, una cosa che sto provando molto nell'ultimo periodo. Penso che riuscirei a stare una vita intera senza amici o fidanzati, senza interazioni di alcun genere ne dubito. È scientificamente provato che l'essere umano ha bisogno di stare in compagnia. Mi piace la scienza. Prima di tutto questo ero inscritta in un liceo scientifico linguistico. Volevo essere un medico. Io sarò un medico.
«principessa fa freddo, si prenderà un malanno» riconobbi la voce timida di Joe.
«Joe, tu a chi sei fedele?» sviai il discorso continuando a guardare avanti a me l'intera distesa di terre della tenuta.
«sono il suo maggiordomo personale, lei mi chiama io arrivo, lei mi dice qualcosa e rimane tra di noi» aveva perfettamente capito a cosa mi stessi riferendo.
«la mia storia è appena cominciata, intendo quella da principessa, e io già d'ho segni di cedimento, non posso riempire pagine e pagine a stare male» mi si spezzò la voce.
Immaginavo la mia vita da principessa come un grande libro, minimo 300 pagine, che doveva essere perfetto e che io stavo avvelenando.
«se fosse sempre felice allora il libro sarebbe noioso, un po' di spicy rende tutto più interessante. Io lo leggerei il libro della sua vita» certo che lo avrebbe fatto, ma lui era di parte
«comunque la mia vita sarà un libro di merda» mi rassegnai. Decisi di tornare in camera mia ma quando mi girai e posai gli occhi su di lui ebbi un flashback.

Mi trovavo a vagare per questo laboratorio. Era enorme con tutte le pareti bianche e macchinari ovunque. La mia attenzione venne attirata da una vasca gigante piena d'acqua e ghiaccio. Mi guardai in torno e trovai una bambina, piccola e con due trecce bionde, nascosta dietro un macchinario. Stava ascoltando l'accesa discussione di due uomini. Uno portava un camice, e dedussi che fosse uno scienziato o un medico, l'altro portava un semplice giubbotto di pelle.
La chiamai con un sussurro.
Si girò verso di me e vidi il terrore nei suoi occhi. Di cosa hai paura piccola?
Anche se aveva tentato di uccidermi mi faceva tenerezza. Mi dispiaceva per lei.
«Juli scappa» mi spinse via con la mano e vidi lei e l'ambiente circostante scomparire in un vortice.

Mi ritrovai rannicchiata in un angolo del tetto con Joe proteso verso di me che provava a parlarmi e farmi ragionare.
«Joe» alzai lo sguardo, che fino a quel momento avevo tenuto basso, su di lui «l'ho vista» pronunciai mentre una lacrima mi attraversava la guancia.
«vista chi?» era confuso.
«Oizys»

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