XXIX. Il regno delle fate

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Fu il profumo di rose a svegliarmi. Non ne avevo mai sentito un tanto intenso. E poi sentii il mio corpo sodo, giovane, caldo. Per la prima volta nella mia vita, mentre scivolavo via dalle grinfie del sonno, ero consapevole di avere tutta la vita davanti. Mi stiracchiai e qualcosa mi accarezzò le caviglie e le mani.

-Sveglia, dormigliona- mi sussurrò la voce che amavo, dolcemente. Il cuore mi si tinse di rosa e sollevai le palpebre. Temevo  di aver sognato tutto. Lo sguardo plumbeo di Basilius mi accolse e io mi persi dentro, per un attimo o un secolo, non lo so. Era bellissimo. Non ricordavo che fosse mai stato così bello. Era come se una luce calda lo avvolgesse. –Hai dormito parecchio- continuò.

Mi tirai un su, la testa che mi girava. Intorno a me si stendeva dell'erba verdissima e fine. Non ne avevo mai vista di simile. Alzai lo sguardo, confusa... e vidi dei cespugli di rose dai mille colori che si stagliavano contro il cielo nerissimo. Sbattei le palpebre. Quel luogo non era reale. Doveva trattarsi di un sogno.   

-Non sei mai stata così bella- lasciò vagare le dita sul mio viso.

-Dove siamo?-

-Nel mio palazzo, più precisamente nel giardino-

-Il tuo palazzo?- domandai confusa. Qualcosa in fondo alla mia mente graffiava, urlava, si ribellava. Quel posto non era normale... eppure io volevo crederci. A noi due. A un amore senza limiti.

-Sì, l'ho conquistato-

Soppesai quelle parole. Avrei dovuto chiedergli come, di chi era stato, in che regione ci trovavamo. Non ebbi il coraggio. Avevo paura delle risposte.

Spostai lo sguardo al cielo e sussultai. Non avevo mai visto stelle così grandi e brillanti. Le fissai, il cuore che sobbalzava nel petto. Quel luogo non era reale. Doveva per forza trattarsi del regno delle fate. Avrei voluto chiederlo a Basilius, ma mi sembrava una cosa così impossibile che mi sarei sentita ridicola.

Il suo braccio scivolò intorno alle mie spalle. –Mi piace questa serata... è incantevole-

-Sì, il cielo è splendido-

Il pensiero di Wulf si presentò in quel momento. Certamente mi stava aspettando, certamente si chiedeva dove fossi finita, certamente era preoccupato. Mi morsi le labbra.

-La nostra stella brilla ancora- sussurrò Basilius.

Un senso di caldo benessere mi scaldò il petto. Se lo ricordava ancora dunque. –Pensavo che cercare una stella nel cielo fosse qualcosa da sognatore, non da conquistare- lo presi in giro.

-Sì, forse... io però resto un sognatore-

-Oh, lo so bene-

-Non l'ho perdonato-

Quelle parole, affilate come aculei, mi lasciarono sorpresa. Chi non aveva ancora perdonato? E poi lo intuii. Mio padre. No, non lo aveva perdonato per il crimine commesso molto tempo prima.

-Non credi che sia strano? Amare te e odiare lui? Eppure avete lo stesso sangue che scorre nelle vene, ogni tanto leggo in te una sua espressione, percepisco qualcosa di lui in te-

Quelle parole mi sorpresero. Assomigliavo davvero tanto a mio padre? Mi sembrava impossibile, incredibile, irreale. Era Yvonne ad assomigliargli.

-Non posso fare altro che continuare ad amarti... forse ora avremo la pace, lontani da tutti e da tutto-

Lo speravo anch'io, ma come potevamo parlare di pace con la situazione che c'era là fuori? La guerra divorava tutto e noi ce ne stavamo in quel mondo che sembrava irreale, con quel cielo limpido e stellato, l'erba morbida e i fiori profumati. Inspirai a fondo. Cosa serviva preoccuparmi? E fu allora che la notai. Una scia luminosissima che infiammava il manto scuro sopra di noi.

-Guarda- la indicai.

Basilius seguì il mio gesto. -Una stella cadente- rise, una risata che mi riportava al passato, a noi due sdraiati in giardino. -Ti ricordi la ballata che amavi recitare quando eravamo piccoli?-

-Certo- e uscì dalle mie labbra senza che riuscissi a controllarla, come se la mia bocca, la mia lingua, la mia mente, fossero trascinati da un antico istinto.

"Stai andando alla Fiera di Scarborough?
prezzemolo, salvia, rosmarino e timo
Parla di me a una persona che vive lì:
un tempo era la mia amata.

Dille di farmi una camicia di cotone
prezzemolo, salvia, rosmarino e timo
senza cuciture e senza usare l'ago,
allora sì, lei sarà il mio vero amore.

Dille di trovarmi un acro di terra
prezzemolo, salvia, rosmarino e timo
tra le onde del mare e la sabbia
allora sì, lei sarà il mio vero amore.

Dille di mietere il raccolto con una falce di cuoio
prezzemolo, salvia, rosmarino e timo
e raccogliere tutto insieme a un mazzo di erica
allora sì, lei sarà il mio vero amore."

-Incantevole-

-Prezzemolo, salvia, rosmarino, timo- recitai ancora, per scacciare i brutti pensieri.

-La tua poesia preferita- Basilius mi accarezzò i capelli –chissà, un giorno magari a questa fiera di Scarbough ti posso portare-

Sorrisi alle sue carezze. –Non mi dispiacerebbe-

-Ma cosa s'intende con queste parole... cioè... è una storia d'amore, giusto? Un amore finito-

Riduttivo. –Non è solo questo... è una sfida a una serie di prove impossibili, è il tentativo di dire che l'amore, quando è vero, può superare tutto- e sentii gli occhi riempirsi di lacrime. Perché io ci volevo credere a un amore che può tutto, che scava abissi, che capovolge fiumi, che abbatte montagne. Io volevo viverlo un amore così forte e così perturbante. Anche solo per un giorno. Un amore che non ti fa più comprendere nulla. Che ti rende felice, tanto felice da non accorgerti di nulla, da non farti pensare che a te e all'amato. Purtroppo io non sapevo amare così. E certo, il mio amore per Basilius era immenso, folle, disperato, ma non era l'amore assoluto che tutto può di quella ballata.

-Prove impossibili- ragionò Basilius –e tu a che genere di prove mi sottoporrai?-

-Vuoi essere sottoposto a delle prove impossibili?- domandai, giocosa.

-Perché no? Se così mostro il mio amore per te, lo faccio molto volentieri- sorrise. -Mettimi alla prova-

Salvia, rosmarino e incantesimiWhere stories live. Discover now