𝗕𝗹𝗮𝗰𝗸 𝗢𝘂𝘁

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𝟑 𝐝𝐢𝐜𝐞𝐦𝐛𝐫𝐞

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Mi sveglio con il braccio di James intorno alla vita e il suo respiro sul collo. Sono girata verso le finestre, perciò noto subito che nevica. Sorrido, perché il periodo natalizio mi rende felice. Sposto il braccio intorno alla mia vita e scosto le coperte, rabbrividendo subito. Cercando di non fare rumore mi avvicino all'armadio e rubo una felpa del mio ragazzo per stare al caldo, poi esco dalla camera, chiudendo la porta dietro di me. Scendo in cucina, sbadigliando e pregando di non cadere per le scale, almeno questa mattina.

Preparo l'impasto dei pancakes, e mentre inizio a cuocerli, accendo il bollitore elettrico e la macchinetta del caffè. Voglio portare la colazione a letto al mio ragazzo, ma visto che non mi fido delle mie capacità, porterò poche cose alla volta. Quando è tutto pronto, lascio un vassoio sul comodino dal lato di James, successivamente porto i piatti con i pancakes e infine le tazze con le bevande calde. Una volta appoggiato tutto al sicuro, sveglio il mio ragazzo amorevolmente, proprio come merita. Perciò mi butto su di lui di peso. Un suo gemito di dolore mi avverte che si è svegliato, e io scoppio a ridere.

«Buongiorno, amore» lo sfotto.

«Mh, sì, 'giorno» borbotta, cercando di spostarmi da lui per tornare a dormire. Ridacchio, baciandogli la guancia, e lo lascio libero dal mio peso.

«Prima che tenti di soffocarmi con un cuscino, ti ho preparato la colazione» dico, mettendomi per sicurezza le mani davanti alla faccia nel caso decida di dichiararmi guerra.

James si mette seduto e si gira verso il comodino. «Come mai questo gesto carino?»

Alzo le spalle. «Ogni tanto ti amo» dico, mentre torno sotto le coperte.

Il mio ragazzo mi avvolge la vita con le braccia e mi sposta fino a farmi sedere tra le sue gambe. Prende le tazze dal vassoio e mi passa quella con il the caldo, poi torna a posare il suo braccio sinistro intorno alla vita.

«Potevi continuare il gesto carino e svegliarmi gentilmente» borbotta, mentre inizia a bere il suo caffè.

«O la colazione a letto o un bel risveglio. Non puoi pretendere tutto.»

«Ovviamente» ridacchia, lasciandomi un bacio tra i capelli.

«Oggi decoriamo casa?» chiedo.

«Di sicuro non il giardino. Finirei per denunciare la tua scomparsa perché non ti vedrei tra la neve.»

Lo colpisco sul braccio. «Molto simpatico.»

Finita la colazione, iniziamo a scartare le decorazioni comprate ieri. L'appartamento dove vivevamo prima era molto più piccolo, quindi quelle che avevamo non bastavano. Mentre James si occupa del salotto, io inizio ad agghindare le scale.

Non esattamente per scelta, James si è rifiutato categoricamente di farlo. Ha detto che come minimo sarebbe caduto oltre il corrimano e sarebbe finito impiccato con le luci...
Un po' drammatico.
Oppure l'ho solo traumatizzato nel corso degli anni con la mia sfiga.

Decoriamo il resto delle stanze e terminiamo dopo quasi un paio d'ore. Ora arriva il nostro momento preferito: decorare l'albero. Quando avevamo comprato le decorazioni, James le aveva scelte rosse e oro.

«Sono Grifondoro» aveva detto. «Perciò sono i colori migliori da scegliere.»

E chi sono io per rifiutare dopo un'argomentazione così valida? Questa non è mica una casa di babbani.

Il resto della casa l'abbiamo addobbata con gli stessi colori, e sul camino in salotto c'è lo stemma di Grifondoro perché con tutto questo rosso e oro ci ricordava la sala comune.

Una volta che James ha tirato fuori l'albero dalla scatola, iniziamo a montarlo. La prima mezz'ora è un susseguirsi di «Ahi, mi sono graffiato», «Sono stata punta!» e «Non sarà un platano ma non mi sorprenderei se mi picchiasse».

Quando l'albero è montato, abbiamo così tanti segni sulle mani che mi viene il dubbio ci sia un gatto tra quei rami.

Mettiamo le luci e le altre decorazioni che vanno attorcigliate intorno, e poi iniziamo ad appendere le palle, comprese quelle con disegni sconci che abbiamo dipinto James e io a un corso fatto un paio d'anni fa nel periodo delle feste.

«Mi raccomando» inizia il mio ragazzo. «Tutte quelle che ci sono nella scatola, si appendono. Sai come si dice, no? Toccati le palle quando ti passa davanti Brianna

«Non era toccati le palle quando ti taglia la strada un gatto nero

«E che differenza c'è? Tu sei l'equivalente umano.»

Gli scocco un'occhiataccia che non lo intimorisce affatto. «Se avessi la forza di sollevare quest'albero, lo userei per colpir-» mi interrompo appena vedo l'oscenità che ha appena commesso. «Ehi! Non si decora così l'albero!»

Il mio ragazzo mi guarda confuso. «Così come?»

Gli indico la zona che mi fa tanto rabbrividire. «Non puoi mettere tre palline dello stesso colore tutte vicine!»

Sul serio non ci era arrivato?

«E perché no?» continua.

«Perché ci vuole equilibrio!» Sistemo quello scempio e distribuisco in maniera uniforme i colori.

Quando mi giro lo trovo a fissarmi con un sopracciglio alzato. «Tu sei una psicopatica.»

«No, ti giuro che non sono una psicopatica. Sono solo attenta ai dettagli.»

«Sì, come no. Sei da rinchiudere tu» borbotta, mentre riprende il suo lavoro. Ogni volta che termina una piccola zona mi chiama per supervisionare il suo lavoro e mi guarda come per dire ti va bene, pazza sclerotica?

«Okay, ora dobbiamo solamente attaccare tutte le luci alla corrente.» James procede con il lavoro e... niente, tutto buio. Comprese le luci di casa.

Sentiamo la voce di uno dei nostri vicini provenire dalla strada. «Ehi! Chi ha mandato in black out tutto il quartiere?»

James mi guarda, e io per istinto tocco una delle palle sull'albero. Per sicurezza tocco una di quelle fatte da noi, con disegnate due palle e... altro. Così, per scaramanzia.

«Il Natale andrà bene» gli dico, cercando di essere ancora positiva.

Siamo solo a inizio mese.
Non può andare tutto storto.

«Scrivo un messaggio alle nostre famiglie ricordando loro che se non hanno ancora fatto l'assicurazione sulla vita e gli infortuni, è meglio procedere.»

Mi allontano dall'albero e quando il mio ragazzo nota che gli sono passata davanti, si avvicina al punto dove mi trovavo fino a poco fa e tocca la stessa palla che avevo toccato prima, mentre l'altra mano se la tiene sul cavallo dei pantaloni.

Stronzo. Non sono un gatto nero.

Se lo fossi avrei già preso fuoco, visto i precedenti.

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Un Natale da sfigatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora