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Henry è terribilmente distratto quel giorno, tanto che il foglio bianco su cui dovrebbe prendere appunti è ricoperto di scarabocchi senza senso.

Il professor Bane sta spiegando gli argomenti che affronteranno durante il corso di letteratura contemporanea, ma la sua mente non può fare a meno di vagare.

È passata una settimana dalla festa ed Henry non ha più avuto modo di incontrare Alex. Non sa se esserne sollevato o deluso, poiché non è certo di come dovrebbe reagire.

Ogni volta che prova ad analizzare tutta quella stramba situazione, si ritrova a dover scacciare a forza l'immagine dell'altro abbracciato a quella ragazza.

Henry non è uno stupido, sa quando è il momento di lasciar perdere e passare oltre, eppure non riesce a smettere di pensare ad Alex, di cercarlo, di esserne attratto.

È come se ci fosse una corda invisibile che continua a spingerlo nella sua direzione. Come la terra che gira attorno al sole, destinata a gravitargli attorno.

Il vociare dei suoi compagni di corso, che a fine lezione si alzano uscendo dall'aula, è ciò che lo risveglia dai suoi pensieri. Henry si accinge ad imitarli, infilando la tracolla in fretta e furia per poi uscire dalla porta.

Quella era l'ultima lezione della giornata e un sospiro sconsolato lascia le sue labbra. Deve impegnarsi di più, non può permettersi distrazioni.

Peccato che la sua distrazione più grande si trovi proprio di fronte a lui. Alex è appoggiato ad una delle colonne di marmo che adornano l'atrio della facoltà di lettere e se ne sta a braccia conserte con una gamba sollevata contro la superficie alle sue spalle.

Henry stringe saldamente le dita attorno alla fascia della tracolla, fermandosi di colpo tra la folla di studenti, poi riprende a camminare lentamente.

Alex non è lì per lui, non sa nemmeno che lui studia letteratura. Pensa, prendendo la decisione di ignorarlo.

«Henry?»
La voce dell'altro risuona quasi con un rimbombo nell'atrio ormai semi deserto.

Henry lo vede sollevare una mano nella sua direzione a mò di saluto, poi Alex gli si avvicina.

«Alex.»
Gli risponde con tono monocolore, cercando di sopprimere il tornado di emozioni che gli attanaglia lo stomaco.

«Che ci fai qui?» Gli chiede infine, fissandolo finalmente negli occhi.

Alex si passa nervosamente una mano tra i capelli scuri, sembra abbastanza agitato e soprattutto indossa un'espressione indecifrabile.

Henry sembra leggerci una traccia di dispiacere e rammarico, ma poi si da mentalmente dello stupido perché deve smetterla di fantasticare ad occhi aperti.

«Ascolta, volevo farmi perdonare per il modo in cui ci siamo lasciati alla festa. So che non faccio altro che scusarmi da quando ci siamo incontrati, ma voglio davvero rimediare.» Spiega Alex, posandogli una mano all'altezza del gomito.

«Non mi devi niente, Alex. Siamo apposto.» Mormora a fatica, sforzandosi di mettere distanza tra loro.

È per il bene di entrambi, si ripete prima di fare un passo indietro.

Alex ora lo fissa con espressione degna di un cucciolo bastonato, gli occhi castano scuro celano una velata supplica.

«Henry, permettimi di rimediare. Per favore.» Sussurra Alex, annullando ancora una volta la distanza.

La schiena di Henry è appoggiata alla parete alle sue spalle e il suo corpo è intrappolato tra il muro e Alex.

Uno strano verso strozzato lascia le sue labbra carnose, il suo cuore inzia a battere all'impazzata e le sue gote sono leggermente accaldate. Le dita dell'altro risalgono lentamente dal gomito verso il bicipite, poi riscendono verso il basso. I polpastrelli iniziano una lenta carezza contro il palmo della sua mano.

Sincerely, yours Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora