Ospiti

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La Sala Grande era in parte illuminata dalla luce mattutina che filtrava dalle finestre. Le sedie erano tutte occupate, ma non ce n'erano abbastanza per tutti. Perciò, moltissimi ragazzi erano stipati a ridosso delle pareti, seduti con il respiro affannato o in piedi, come me.

Il capitano Murphy stava camminando sul palco, irrequieto. Si spettinò i capelli castani e puntò lo sguardo sulla platea. «Da oggi, il bosco sarà sorvegliato. Quello che è successo oggi è inammissibile. Capacità di reazione troppo lenta. Alcuni di voi sono morti.» Scosse la testa. «Inammissibile.»

Una mano si alzò dal pubblico. Murphy si zittì e, se possibile, parve ancora più infastidito.

«Non ci sarà più permesso andare nel bosco?»

«Gli ufficiali spareranno a vista a qualunque cosa si muova. Ma sta a voi decidere. Arriveranno oggi stesso.»

Sentii un singhiozzo. Mi voltai e incontrai il volto in lacrime di una ragazzina, mezza accasciata per terra. Aveva una mano premuta contro la bocca per non fare rumore, ma piangeva troppo per riuscirci.

Probabilmente, qualche suo amico era morto quella notte.

Feci scorrere gli occhi sulle persone addossate alle pareti e mi resi conto di quanto, effettivamente, quella notte li avesse scossi. Nessuno si sarebbe mai aspettato un attacco del genere.

Continuai a scrutare chi mi circondava finché non intravidi il cappuccio nero di una felpa tirato su. Colin era dall'altro lato della stanza, con le spalle appoggiate al muro e le braccia incrociate. Stava fissando il pavimento, ma evidentemente solo in apparenza, perché alzò la testa e ricambiò il mio sguardo, come se mi stesse tenendo d'occhio.

Il cappuccio gli disegnava un'ombra inquietante sul volto e non mi permetteva di capire quale espressione avesse assunto.

«Per oggi, i test sono annullati.» La voce di Murphy mi riportò alla realtà. «Gli altoparlanti annunceranno chi vi parteciperà domani, come sempre. E adesso andatevene.»

Abbandonò il palco senza troppe cerimonie, accompagnato dallo stridio delle sedie che strisciavano a terra. Uno sciame di ragazzi si affollò intorno alle porte, e Bice, al mio fianco, fece schioccare la lingua contro la caramella che teneva in bocca.

«Ottimo. Non posso neanche andare nel bosco senza la paura che mi sparino, adesso.»

Elsie stranamente non commentò nulla. Si stava fissando le scarpe, mesta come non l'avevo mai vista.

«Così inciamperai», commentai.

Non disse niente. Bice sospirò. Uscimmo dalla sala e scoprimmo che il sole, nonostante fosse sorto da poco, stava già illuminando la radura di una calda tonalità aranciata. L'erba, una volta rigogliosa e verde, era stata divorata dalle fiamme implacabili. L'aria puzzava di cenere, e il fumo sottile e grigio ancora si alzava da alcune braci fumanti.

Gli ufficiali erano stati impegnati a estinguere il fuoco e portare via i cadaveri mentre Murphy parlava, e tra quelli rimasti nel campo distinsi Morrison, con la stessa espressione truce di sempre, e Sarcozy, che parlava al suo fianco. Erano davanti alla classifica settimanale. Mi resi conto che avevano tolto la teca di vetro e stavano sostituendo la tabella all'interno.

«Guardiamo il lato positivo», disse Elsie d'un tratto. Anche lei, come me, stava fissando la bacheca. «Non sfiderò Emory, oggi.»

Appena Morrison e Sarcozy ebbero finito, una folla di curiosi vi si avvicinò rapidamente, accalcandosi per vedere i risultati e inglobando gli ufficiali, che ancora cercavano di allontanarsi.

I miei piedi si mossero in automatico, le dita fremevano dalla voglia di vedere a quale posto mi fossi posizionata.

«E non posso neanche essere ultima», continuò Elsie. «Perché non ho fatto nessun test che mi abbassasse i punti.»

BREATH. Respiro cortoWhere stories live. Discover now