Rancore

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Ancor prima di realizzare cosa fosse successo, vidi la luce riflettere sui capelli dorati di Elsie. Era in piedi, di fianco alla Cecora morta, e articolava la mano come se stesse ancora impugnando il coltello che aveva ficcato nella testa dell'animale.

Lo sguardo di lei era immobile ma al tempo stesso sembrava riflettere il tumulto interiore che stava vivendo. Tossii e presi aria, vidi la sagoma prorompente di Tyson accorrere al mio fianco. 

«Halley!» 

Lo scansai con il braccio buono; l'altro, inerte contro il fianco, grondava sangue e vitalità. Vitalità che stavo perdendo, pian piano.

«Elsie», la richiamai, debole.

Lei si voltò, nello stesso istante in cui le pareti e i pavimenti dell'arena svanivano per essere sostituiti dalla luce folgorante della sala delle simulazioni. In un solo momento, sentii la maglietta gonfiarsi contro il fianco, non più bagnata dal sangue, e il braccio meno appiccicoso. 

Il dolore, però, era rimasto.

«É normale che faccia male», disse Tyson, che aveva notato la mia espressione. «Ho letto che il cervello continua a lanciare impu-

L'altoparlante lo ammutolì. «Test: completato.»

La porta si aprì. Tyson mi tese la mano per aiutarmi. Lo osservai un istante, cercando di valutare se, effettivamente, credeva che l'avrei accettata. 

Appoggiai  il palmo a terra e mi alzai, sopprimendo la smorfia per il dolore alla schiena, che mi trafiggeva come uno spillo. 

Tyson scattò in avanti con le braccia tese. «Ti aiuto...» 

«Tyson», lo richiamai con un'occhiataccia. Elsie era a qualche metro da noi, e stava fissando il vuoto. La raggiunsi, immettendo piano l'aria nei polmoni. 

Non è reale. Non mi sono fatta niente. Smettila di frignare.

Le appoggiai la mano sulla spalla. «Elsie.» 

Sobbalzò e mi guardò con gli occhi sbarrati. Il suo sguardo mi sorpassava, come fossi invisibile, come se non riuscisse a mettermi a fuoco. 

Per qualche oscura ragione, mi si strinse il cuore. Ogni volta che era costretta a combattere, sembrava perdere un pezzetto di anima. 

«Era solo un uccello», esalai.

Attorno a noi non rimaneva più nessuno, e il silenzio improvviso fece apparire le mie parole ancora più tremule. 

Qualcosa si mosse in fondo al suo sguardo. Le iridi, marroni e calde come il cioccolato, si scurirono. «L'ho guardato negli occhi. Era solo spaventato.»

Scossi la testa. «Ne dubito.»

Tyson mi si mise accanto. «Era carnivoro. Voleva mangiarci.» 

Il volto di Elsie si trasformò in un ringhio rabbioso. «Non aveva mai visto una persona, prima d'ora, è normale che abbia attaccato.»

«Elsie, siamo vivi per miraco...» le parole mi morirono in gola. Lo realizzai solo in quel momento. 

Avevo fallito. Sarei morta, se non ci fossero stati Tyson ed Elsie? O avevo rischiato tanto perché mi avevano rallentata?

In loro assenza di certo mi sarei comportata in modo diverso, ma il mio orgoglio non mi permetteva di realizzare che, per un momento, avevo dipeso da qualcun altro. 

Abbassai lo sguardo e ingoiai il pensiero, che prudeva come edera velenosa. 

«Andiamocene.» Mi voltai e marciai verso la porta, ignorando le lame, le convulsioni della gola, il braccio inanimato.

BREATH. Respiro cortoWhere stories live. Discover now