Da tutto a niente

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Filippo si è disteso sul letto al limite del bordo, per evitare qualsiasi contatto fisico con me. Non capisco se vuole essere un'accortezza nei miei riguardi, o nei riguardi di se stesso. Non ne ho idea.

La sola cosa che m'importa, adesso, è che stia qui, in questa stanza. Cose semplici e pratiche, un po' alla volta.

Ho ancora il ghiaccio sulla faccia, ma percepisco il suo sguardo puntato dritto al soffitto.

«Tecnicamente, non è più il mio compleanno» precisa.

So che dovrei stare zitto, perché dirò sicuramente qualcosa che lo infastidirà, ma è più forte di me.

«Sei diventato così pignolo?» domando, attentissimo a usare un tono gentile.

«Sì» risponde, alzandosi di scatto.

Mi tolgo il ghiaccio e lo seguo con lo sguardo, temendo voglia già andarsene. Lui si accorge del mio atteggiamento deluso.

«Dove li tieni i cuscini?» chiede, evitando di guardarmi, per non mettermi in imbarazzo, credo.

Si sfila il piumino. Sotto indossa una camicia bianca attillata. Sta molto bene. Giustamente, era in tiro per la serata. Si è anche fatto un nuovo taglio di capelli. Capisco perché l'ossigenato voglia avere delle prerogative su di lui. E forse le ha già. Magari stavano già insieme e hanno solo deciso di esporsi.

«I cuscini. Dove li tieni? Qua dentro?» chiede aprendo l'anta dell'armadio.

«Lo sportello più in alto, ci arrivi?»

Filippo prende due guanciali anche lui e si mette di nuovo vicino a me, sopra le coperte, si sfila le scarpe, e incrocia le mani sullo stomaco. Inizia a giocare con le dita. Lo fa sempre quando è nervoso. Forse è la nostra vicinanza. Ma non lo so, è troppo nervoso.

«Come è andata la cena?» chiedo, perché so che è un argomento che potrebbe distrarlo. «Hai cucinato tu?»

Lo sento deglutire.

«Perché indossi la mia felpa?»

Ah, ecco. E' questo, allora.

Tiro un respiro profondo e butto fuori l'aria lentamente. Non credo sia possibile rispondere a questa domanda, senza distruggere di nuovo tutto. E non lo voglio fare.

«L'avevi dimenticata qui, la sera del chili» resto sul vago.

«Uhm. E perché la indossi.»

Si gira verso di me. Filippo è diventato, all'improvviso, la persona più imperscrutabile e suscettibile che io conosca. E' una bomba a orologeria col timer impazzito.

Vuole le sue risposte, lo capisco. Ma se stasera le chiederemo a noi stessi, credo finirà l'illusione di questa ritrovata vicinanza.

«Per motivi di scienza» dico.

«Per motivi di scienza» ripete annuendo e sollevando le sopracciglia, sperando di capirci qualcosa.

«Sì, esatto.»

«Tipo?»

Chiudo gli occhi.

«Fili... ti prego.»

«Cosa.»

«Non possiamo stare solo un po' qui e basta?»

«A fare cosa.» Non è una domanda, è una sciabolata.

Bastarsi, è questo che chiedevo alla serata. Invece no, a fare cosa, mi chiede. E lo pronuncia con un tono freddo. Ma lo aveva già dichiarato, no?, che non posso avere tutto, che il mio atteggiamento lo distrugge.

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